Non più il Brasile: ora è il suo popolo sull’orlo di una crisi di nervi - Calcio News 24
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2014

Non più il Brasile: ora è il suo popolo sull’orlo di una crisi di nervi

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Ecco come si sono invertite le parti tra Selecao e popolo brasiliano

NEYMAR BRASILE MONDIALI 2014 – Lo abbiamo visto: per il Brasile questo Mondiale è altra roba. Era lecito ipotizzarlo nella aspettative iniziali ma il livello di pressione presunto ha superato ogni altra logica. Dal capitano e leader Thiago Silva alla giovanissima stella Neymar: almeno una volta hanno pianto tutti. Non di dolore ma di passione. Di puro trasporto emotivo.

SULL’ORLO DI UNA CRISI DI NERVI – Il Brasile di Scolari è sembrato più volte, ma possiamo pacificamente eliminare il dubbio, ad un passo dal tracollo psicologico: troppo pesante il carico di attesa che un popolo intero ha riversato sulla sua amata nazionale calcistica nel Mondiale casalingo. Impensabile perderne un altro dopo l’indimenticato Maracanazo del 1950: a maggior ragione poi che il grande smacco, dopo quello subito dall’Uruguay, possa arrivare ancora da una rivale sudamericana. All’orizzonte, impensabile oramai far finta di nulla, c’è l’Argentina di Leo Messi e nella testa della stragrande maggioranza di brasiliani – perché, sembrerà assurdo affermarlo, ma esiste una buona fetta di popolo a cui del Mondiale non importa un fico secco e che anzi è indiavolato dall’indotto economico generato dalla kermesse internazionale – circola un incubo da evitare ad ogni costo.

LA GRANDE RISPOSTA – Testimoniata anche dai social network ufficiali della Nike: la pressione esiste solo per chi non riesce a gestirla. Nell’immediato post Brasile-Colombia è arrivata una conferma la cui verificabilità era tutt’altro che scontata. Alla vigilia della grande sfida valida per i quarti di finale del Mondiale sudamericano in casa Brasile si è parlato di psicologi, di assenza di leader carismatici, di lacrime versate tanto copiosamente da ipotizzare fossero di cattivo esempio, di una compattezza sì esistente ma non al punto di respingere il carico di tensioni esterne. L’occasione giusta per salutare il Mondiale – contro una Colombia tanto ambiziosa da non aspettare altro – si è tramutata nella risposta più efficace: ok, si è vissuti finora al confine con il tracollo, ma nel momento della verità non c’è alibi che tenga. Ma il buon Felipao non ha mai perso la testa (del gruppo) e la risposta del Brasile è arrivata, peraltro non a caso dai suoi uomini maggiormente rappresentativi.

PERCORSO AD OSTACOLI – Ma che questo mese per il Brasile, a prescindere dall’esito finale, mai sarà uno come gli altri e che sia destinato a perdurare nel tempo e nelle memorie è oramai dato assodato. La notte della grande risposta è stata accompagnata da due intoppi di incalcolabile peso: la sciagurata ammonizione di Thiago Silva – inammissibile leggerezza se commessa da uno come lui – e la frattura della vertebra di Neymar. Ecco come si rivoluziona lo scenario: il Brasile (squadra) ha superato la paura ma è ora di fronte ai suoi limiti tecnici, il Brasile (popolo) ha appena messo piede nella paura. Privo della sua montagna Neymar. Tradotto: dal lato squadra sembra tutto meno poetico o emozionale ed invece più tangibile – le domande precedenti: siamo in grado di reggere la pressione? Tremeremo in campo? Le domande di oggi: chi sostituisce Thiago Silva? Come cambia il Brasile senza Neymar? – mentre dall’angolo di osservazione del popolo è l’incubo che prende forma. E se finora è stato il popolo a chiedere tutto al suo Brasile, ora è il Brasile a chiedere tutto al suo popolo. Chiamato ad essere il dodicesimo uomo in campo, altrimenti contro questa Germania non se ne esce.