2014
Cuore caldo e mente fredda
Brasile – Germania 1-7: la storia del calcio al Mineirao di Belo Horizonte
BRASILE GERMANIA MONDIALI 2014 – Che chi vi scrive non abbia mai assistito ad una roba del genere è pacifico: non è una questione d’età o di quanti Mondiali si è avuto la fortuna di vivere – ed oramai posso dire la mia – ma di avere la cognizione di causa per comprendere che quanto appena accaduto sia avvenuto ora e mai prima. E con discreta certezza mai dopo.
I FATTI – La Germania rifila al Brasile cinque gol in diciotto minuti, quelli che vanno dall’11’ al 29’ del primo tempo, mettendo in campo una potenza pari a quella generabile dai reattori nucleari: una devastante dimostrazione di forza ed esuberanza che rende superfluo, quasi fastidioso, tutto quanto si sia visto nei restanti settantadue minuti e recupero. Mi sono tirato pizzicotti, capelli, lavato la faccia con acqua gelida per capire se stessi sognando o meno: a quanto sembra, salvo seguenti smentite, è stato tutto vero. Il Brasile, in casa, nel suo Mondiale, si è dovuto inchinare alla straripante esibizione di chi va ammirato per esserci sempre. Perché questi, i tedeschi, vuoi o non vuoi te li ritrovi. Alle volte vincono, altre magari perdono ma sul loro cadavere ci devi passare.
SETTE FINALE MONDIALI – Un dato che la dice lunga: Svizzera ’54 (vinta con l’Ungheria), Inghilterra ’66 (persa con l’Inghilterra), Germania ’74 (vinta con l’Olanda), Spagna ’82 (persa con l’Italia), Argentina ’86 (persa con l’Argentina), Italia ’90 (vinta con l’Argentina) e Corea/Giappone 2002 (persa con il Brasile). Sì, avete letto tutto alla perfezione: quattro finali mondiali perse, o ancora tre consecutive dal 1982 al 1990 e ti concedi il lusso di vincere la terza dopo aver perso le prime due. Si chiamano attributi, per intenderci. Il tutto in un secolo – non soltanto analizzato sotto la lente calcistica – in cui a questo grande Paese è accaduto di tutto: la follia del nazismo, il muro di Berlino. Quando però nel tuo sangue scorre la capacità di rialzarti, di essere seri oltre ogni ragionevole dubbio, non ti risollevi meramente sul piano calcistico ma nella totalità di ogni inclinazione. Economica, sociale, laburistica, artistica, sportiva. In un sistema che funziona va anche il calcio. E’ la vittoria della serietà, ecco.
POVERO BRASILE! – In una vicenda del genere risulta sempre estremamente opinabile ripartire meriti e demeriti: troppo forte la Germania? Crollato psicologicamente il Brasile dopo un mese vissuto sull’orlo di una crisi di nervi? E con Thiago Silva e Neymar al loro posto cosa sarebbe accaduto? Se per il secondo si è trattato di fatalità avversa per il primo di un’evitabilissima sciocchezza. A maggior ragione se commessa da un calciatore del suo indiscusso livello ed esperienza. A cui forse manca la leadership. Ora Scolari avrà pure sbagliato le convocazioni lasciando a casa un po’ di risorse ma aveva finora evitato ai suoi di cedere e disgregarsi di fronte al muro della tensione imposto da un popolo che voleva vincere a tutti i costi ma che per caratteristiche del suo palato questo Brasile non l’ha mai amato. Questo Brasile che oggi segna la macchia incancellabile della sua storia. Pianti, fischi. Ah, di gol ce ne sono stati altri tre ed uno è anche del Brasile. Perdonateci se non ve li elenchiamo: abbiamo perso il conto. E se non si parla di questa o quell’altra individualità: ha vinto la Germania. La Germania dal cuore caldo e dalla mente fredda.