2014
Non raccontatelo a Pinilla
Il Brasile e gli dei del calcio battono il Cile: divinità apertamente schierate, in cielo si tifa verdeoro
BRASILE CILE MONDIALI 2014 – Incredibile all’Estadio Mineirao di Belo Horizonte: Brasile immeritatamente salvo per miracolo contro un Cile che avrebbe ampiamente meritato il passaggio ai quarti di finale. E’ successo di tutto fino al calcio di rigore fallito da Jara che ha definitivamente condannato la Roja e premiato invece gli uomini di Scolari. E’ un segno del destino.
LA FAVOLA (MANCATA) DI PINILLA – Dopo un anno a Cagliari tra panchina e spezzoni di campo in una squadra a tratti priva di uno stadio, dei suoi spettatori e chi più ne ha metta. La svolta di una stagione, di una carriera, di una vita, arriva al 119’ minuto di un irraccontabile ottavo di finale Mondiale tra Brasile e Cile fermo sul risultato di 1-1: il pallone di un’esistenza sul piede, due tocchi e bolide che supera e lascia impotente Julio Cesar. Il pallone corre verso la rete seguendo una traiettoria che lascia tutti i tifosi – secondo stati d’animo opposti in base alla provenienza – senza un filo di fiato: se quella palla entra il Brasile va a casa e tu, Mauricio Pinilla da Cagliari, hai buttato fuori il Brasile da un Mondiale a casa propria. E tutti voi avete visto come la nazionale brasiliana vive un Mondiale a casa propria. Con quale devastante trasporto emotivo. In quel momento si è di fatto al cospetto di un film dai due finali possibili: la favola del Davide contro Golia o il suo esatto opposto. Come spesso accade, purtroppo per tutti i Davide del mondo, quella palla si stampa sulla traversa.
IL SEGNO DEL DESTINO – Il seguito poi è fin troppo scontato e prevedibile: l’occasione – la grande chance di una vita – Mauricio Pinilla e con lui tutto il Cile l’hanno già avuta. Contro il Brasile, al Mondiale, in casa sua, difficilmente ne capiterà un’altra: la lotteria dei calci di rigore premia puntualmente i verdeoro e la storia viene scritta secondo copione. Passa il Brasile, torna a casa il Cile. Con una certezza: quanto ci siamo andati vicini al contrario. E con un’altra garanzia: questo Brasile, che fortissimo non è, ha gli dei dalla sua. Dei che oggi si sono ampiamente dichiarati: desiderano ancora la Selecao sul tetto del mondo, per la sesta volta, perché il Mondiale tra le spiagge amiche lo hanno già perso una volta secondo una sceneggiatura davvero clamorosa e non è il caso che il tutto si ripeta.
NEL SEGNO DI NEYMAR – Direte: perché? E’ vero, oggi l’astro brasiliano non ha brillato. Non è stato tra i peggiori, assolutamente, ma non ha neanche inciso sul corso della gara come gli è invece accaduto in altre occasioni. Ma fermi tutti: un campione vero trova i modi più variegati per lasciare il segno. E Neymar è nella ristretta cerchia degli eletti: la lotteria dei rigori avrebbe potuto tranquillamente terminare prima considerando i ripetuti errori cileni – prima Pinilla, inevitabilmente dopo quanto precedentemente raccontato, e poi uno straripante Alexis Sanchez (che ingiustizia, penserete) – ma il destino, sì sempre lui, ha scelto di arrivare alla fine. Ultimo rigore sui piedi di Neymar: chi mastica un minimo di calcio sa che quel pallone pesa tonnellate di piombo. Se tremi va fuori o al meglio te lo para comodamente il portiere. La stella verdeoro prende una rincorsa che lascia presagire il peggio ma spiazza Bravo e – dopo il seguente errore di Jara – lancia il suo Brasile ai quarti di finale. Sì, il suo Brasile: perché senza di lui non si va da nessuna parte. Ah, ci sono anche gli dei. E le lacrime di un mostruoso Julio Cesar.