Inter, Zanetti a 360°: «Dissi no al Real Madrid, ora lavoriamo per il futuro» - Calcio News 24
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2014

Inter, Zanetti a 360°: «Dissi no al Real Madrid, ora lavoriamo per il futuro»

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Le parole dell’argentino dopo l’addio al calcio giocato e nella nuova veste dirigenziale.

INTER ZANETTI – Si è chiusa la lunga carriera da calciatore di Javier Zanetti, una delle ultime bandiere del calcio italiano. L’ormai ex terzino dell’Inter, entrato a far parte della dirigenza nerazzurra, è convinto della scelta presa: «Il 9 novembre contro il Livorno, sentendo il boato della gente, ho capito che era la mia ultima stagione. Quando mi ero fatto male, mi ero ripromesso di tornare a giocare almeno una partita e ci sono riuscito. Però da quel momento è iniziato il difficile perché stavo bene e sentivo di poter continuare… Sarò sempre grato all’Italia, all’Inter e alla famiglia Moratti che mi ha aperto le porte, dandomi fiducia, quando non ero nessuno. Per è un motivo di orgoglio aver difeso i colori nerazzurri per quasi 20 anni e considerando che sono straniero, assume un valore doppio. Ho avuto delle occasioni per andarmene, non lo nego. Ma nei momenti anche più difficili, ho sempre voluto tenere duro perché non volevo abbandonare l’Inter senza aver lasciato il segno. Quando arrivò il Real mia moglie Paula mi disse: lì sarai uno dei tanti Galacticos, qua in tanti si identificano in te e poi fare la storia del club. Ha avuto ragione», ha raccontato il “capitano” ai microfoni di “Tuttosport”.

LA NUOVA CARRIERA – Ora è arrivato il momento di guardare al futuro per Zanetti e, quindi, ad un nuovo percorso professionale, sempre legato ai colori nerazzurri: «Sto parlando col presidente Thohir e i suoi collaboratori, ci sono delle idee, stiamo gettando le basi. Dopo la carriera che ho avuto, penso che la prima cosa da fare sia trasmettere ai nuovi cosa significa l’Inter. Sono preparato per dare una mano in questo senso, poi strada facendo imparerò a lavorare in altri settori. Senza Facchetti e con Moratti un po’ defilato, credo che la mia missione sia, attraverso la mia immagine, quella di rappresentare l’interista vero, far sentire il dna nerazzurro».

TRA PASSATO E FUTURO – Simbolo anche del Triplete nerazzurro, Zanetti ha parlato della successiva caduta nerazzurra e dei suoi possibili eredi: «Ma secondo me quella stagione rappresenta l’apice del nostro ciclo iniziato nel 2005. Era difficile ripartire da lì, piuttosto era un traguardo. Kovacic? La gente si è affezionata a Mateo, giustamente perché al di là delle prestazioni, è giovane, bravo e serio. Può ripetere il mio percorso all’Inter, mi auguro che possa rimanere a lungo con noi. Maglia 4 congelata per mio figlio? Sarebbe bello se la società ritirasse il mio numero e bellissimo se un giorno la indossasse mio figlio Tomas, il più piccolo, quello più appassionato di pallone».

CALCIO ITALIANO – Una vita in Italia per Zanetti, che conosce benissimo il calcio italiano, tanto da poter tracciare la strada per la rinascita: «Il fatto che si parli più di polemiche che del calcio giocato. Bisogna tornare alle radici di questo sport e imparare cosa significhi il rispetto. Come uscire dalla crisi? Puntando sui giovani. Si impari a progettare. L’ideale è costruire squadre che siano un mix tra giocatori con esperienza e giovani da fare crescere. Modello Atletico? È un esempio di squadra basata sul gruppo, di come si possano raggiungere i risultati anche senza aver un potere economico così grande. Meriti di Simeone? Il Cholo è un amico, non mi sorprende che sia diventato un grande allenatore perché già in campo era un leader nato. Respirava calcio e si arrabbiava con tutti se non si facevamo le cose che lui pensava fossero giuste. Nonostante sia rimasto solo due anni, Simeone ha lasciato un segno all’Inter: aveva e ha un dna nerazzurro».

DERBY D’ITALIA – A proposito del calcio italiano, la bandiera nerazzurra ha parlato del dominio della Juventus e del lavoro di Antonio Conte: «Hanno fatto una cosa fantastica, avendo una continuità clamorosa. Come Simeone, anche Antonio era un allenatore in campo e ha saputo trasmettere la sua personalità e la propria grinta alla squadra. Come Mourinho? Josè è unico, però anche Conte ha il suo carattere. Se la Juve ha vinto tre scudetti di fila è merito suo. Più forte questa Juve o quella di Lippi? Sono due squadre fortissime, ma diverse. Magari quella di Lippi aveva Zidane e altri fuoriclasse, questa Juve è più gruppo».

ALLENATORI – Un altro addio doloroso a fine stagione è stato quello di Esteban Cambiasso, destinato ad una carriera da allenatore secondo Zanetti, che poi ha parlato anche di Mourinho: «È talmente intelligente che è portato per quel ruolo. Gli piace stare in campo, vede il gioco prima degli altri. Farà una grande carriera. Io in panchina? No, mai… anche mia moglie me lo sconsiglia. In famiglia c’è già mio fratello Sergio: lascio fare a lui… Mourinho tornerà? Magari in futuro… in fondo ha un rapporto ancora forte con l’ambiente, i tifosi e la famiglia Moratti».

IL RITORNO – Si passa poi all’analisi del progetto Inter, inaugurato dal magnate indonesiano Thohir e affidato anche alla cura del tecnico Walter Mazzarri: «Ci vorrà del tempo. C’è stato un cambio di proprietà, molti giocatori sono nuovi. Le idee ci sono, ma siamo all’inizio di una nuova storia e bisogna costruire un gruppo dirigenziale competente per tornare protagonisti. Thohir? Sta conoscendo il calcio italiano, non è facile arrivare da così lontano ed essere subito pronto. Ci sono delle dinamiche da comprendere e lui stesso le sta vivendo sulla propria pelle. Ma il suo obiettivo è far rimanere l’Inter al top e io sono a sua disposizione. Che effetto fa l’Inter senza Moratti? Ma il presidente c’è ancora; l’Inter è stata, è e sarà sempre la famiglia Moratti. Io ho saputo della cessione la scorsa estate, Moratti mi disse che sarebbe rimasto, ma che era fondamentale per l’Inter ampliarsi e aprirsi al mondo. Mazzarri? Il mister ha le sue idee, si è reso conto durante la sua prima stagione di quali siano le difficoltà nell’allenare l’Inter, ma adesso inizierà un nuovo anno con giocatori che conosce e altri che ne arriveranno. Farà bene».

“BAD” BOYS – Forte della sua grande esperienza, l’argentino ha parlato dei giovani Icardi e Balotelli e del rapporto complicato con i social network: «È più forte di lui (ride, ndr). Comunque Mauro ha capito che, una volta attraversato il cancello della Pinetina, si pensa solo al gruppo e all’Inter. Ci ho parlato spesso, a me piace il dialogo e non le scenate, perché i giovani possono sbagliare e non vanno bruciati al primo errore. Icardi darà una grossa mano all’Inter. Riuscendo dove ha fallito Balotelli? Io sono ancora fiducioso e sono convinto che Mario, quando troverà l’equilibrio, farà grandi cose. Sarebbe un peccato se non ce la facesse».

MONDIALI – Inevitabile il riferimento ai Mondiali e quindi di conseguenza all’Argentina e all’esclusione di Tevez, ma Zanetti ha parlato anche di Lionel Messi e dell’Italia: «Carlitos è un grande campione, ma conosco bene il ct. Ci ha pensato fino all’ultimo, ma avendo intrapreso un percorso con un altro gruppo, era difficile poi lasciare fuori qualcuno. Sicuramente Tevez meritava l’opportunità di andare al Mondiale per la stagione disputata con la Juve, ma mettendomi nei panni di Sabella, mi chiedo: chi lascio fuori fra Messi, Higuain, Aguero, Lavezzi e Palacio? Sono tutti fortissimi. Messi? Non sono d’accordo con chi dice che debba vincere un Mondiale per dimostrare di essere il migliore al mondo. Nella sua carriera ha già raggiunto risultati straordinari, direi ineguagliabili. Chi vince in Brasile? L’Argentina, io farò il tifo da Rio visto che commenterò il Mondiale per Televisa. E l’Italia? Voi siete disfattisti, dite sempre che andrà male e che tornerete a casa dopo il girone. Io dico che l’Italia c’è e andrà avanti. La sorpresa? Il Belgio, senza dubbio. Hanno dei giovani interessanti».

RETROSCENA E ANEDDOTI – Infine, Zanetti ha parlato di alcuni “flop”, come Adriano e la gestione di Marcello Lippi, e aneddoti sull’ex compagno di squadra Taribo West: «Quando gli è arrivata la notizia della morte del padre eravamo a Bari e lui era seduto dietro di me. Da quel giorno si è perso: quando veniva sua madre in Italia stava bene, ma quando era solo, cambiava tutto. Perché Lippi ha fallito all’Inter? È un concorso di colpe: noi non siamo riusciti a essere la squadra che voleva e lui non era l’allenatore che ci aspettavamo. West? Che mito Taribo. Un giorno Lippi in allenamento continuava a urlargli di accorciare su Zamorano e lui non si muoveva. Alla terza volta, gli chiese perché. E Taribo rispose: “Dio mi ha detto di non accorciare”. La risposta di Marcello? “Strano, a me Dio non mi ha detto niente”. Altri aneddoti? Era un mese che non tornava in Italia, noi lo cercavamo, provavamo a telefonargli ma nulla. Un giorno si presentò in tunica alla Pinetina: “Tranquillo fratello – mi disse – mi sono sposato e da noi si usa fare un mese di vacanza”. Un’altra volta, per farci assistere a una sua predica, ci invitò dicendo che era il suo compleanno. Tutti gli portammo il regalo… Peccato che non fosse vero».