Argentina '78: Kempes, la riorganizzazione nazionale e il palo di Rensenbrink - Calcio News 24
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2014

Argentina ’78: Kempes, la riorganizzazione nazionale e il palo di Rensenbrink

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rensenbrink tira e colpisce il palo al 90

Il mondiale più controverso della Storia: vince l’Argentina contro l’Olanda ma il protagonista è Videla

GUERRA SUCIA – Il 24 marzo 1976 in Argentina muore quel briciolo di democrazia che si sta stancamente portando avanti da qualche anno a quella parte. Dopo il governo di Evita Peron, prende il potere Jorge Rafael Videla Redondo, de facto quarantaduesimo presidente della Repubblica argentina, in realtà uno dei più tremendi dittatori che la storia del Sudamerica abbia mai conosciuto. E’ l’inizio di una crisi dalla quale l’Argentina deve tutt’ora riprendersi: inizia il processo di riorganizzazione nazionale, che a sentirlo nominare così sembra più un piano burocratico, ma poi si si vanno a leggere le cifre si impallidisce. Sono quarantamila i morti in sette anni, trentamila solo sotto la dittatura di Videla, che verrà destituito nel 1981 da Galtieri. Come detto, muore la democrazia. In Argentina le forme di sovranità dei cittadini sono viste in quell’epoca come il principale nemico, c’è lo stato e lo stato solo, questo significa che gli oppositori in un modo o nell’altro devono smettere di essere oppositori. E’ in questo clima, rinominato Guerra Sucia ovvero Guerra Sporca, che nel 1978 in Argentina si giocano gli undicesimi mondiali di calcio.

MENOTTI – Cesar Luis Menotti è da sempre un tipo particolare, ha idee progressiste e osteggia il regime dittatoriale, si può considerare a tutti gli effetti un uomo di sinistra. Cesar Luis Menotti però nel 1978 sta svolgendo una professione troppo pericolosa per potersi professare di sinistra, è infatti l’allenatore della nazionale argentina che deve giocare – e vincere, perché i veri argentini devono vincere – i mondiali casalinghi. Se si ha un fucile puntato contro, difficilmente si fanno scelte controcorrente: c’è un ragazzino che ha diciotto anni e gioca nell’Argentinos Juniors già da due stagioni, si chiama Diego Armando Maradona ma il mondo ne parla come di un Gesù Cristo con i tacchetti; questo Maradona deve essere convocato, in un ambiente del genere non si può dire di no. E invece, invece Menotti si gioca il mondiale della vita senza quel Maradona, uno che negli anni a venire scriverà in calce alla storia del pallone il proprio nome. Menotti è bizzarro, è uno di quei sudamericani che potrebbero benissimo scrivere poesie e invece stanno dietro alle tattiche e a gente come Mario Kempes, idolo dell’allenatore e anche del calcio argentino dell’epoca. E’ infatti su Kempes che il ct dall’albiceleste decide di puntare forte.

SI PARTE – Intanto la gente muore e non si sa come né perché. Gli oppositori spariscono, che fine fanno non si sa. Videla è sanguinario, così come la giunta di militari che ha preso il potere assieme a lui. E’ con questa gente al comando che si deve giocare un mondiale di calcio, logico dunque attendersi che le altre nazionali siano un po’ restie a mandare i propri giocatori in Argentina, non sono mica tutti come Henry Kissinger – premio Nobel per la pace, ricordiamolo – al quale la dittatura di Videla va bene così come le altre cinque in tutto il Sudamerica. La parola d’ordine è anticomunismo, a tutti i costi e in tutti i modi. Il progetto di riorganizzazione nazionale però si fa sentire anche a migliaia di chilometri, in Europa: Paul Breitner e Johann Cruijff decidono di non partecipare a Argentina ’78, in netta opposizione alla situazione politica a Buenos Aires. I due, maoisti convinti, sono due star al momento e giocare un mondiale senza di loro è quasi un insulto. A Videla, che di calcio essenzialmente non ne capisce molto, questo non interessa, e ha pure ragione lui perché il 1 giugno 1978 al Monumental di B.Aires Polonia e Germania Ovest danno il via al campionato del mondo.

OLANDA – Si gioca verosimilmente in un clima assurdo, con i militari quasi a bordo campo. L’Argentina è una squadra tendenzialmente ostile al potere costituito, i giocatori in campo sono icone anche perché fuori dagli schemi, Kempes è un capellone e i capelloni negli anni ’70 vengono visti di buon occhio solamente se hanno dei piedi fantastici, ed è il suo caso. Menotti e i suoi però sono chiamati a incontrare il generale Videla, e questa è la croce più grande: in seguito le foto dell’allenatore e del dittatore uno accanto all’altro segnerà la credibilità politica di Menotti, che vivrà col rimorso di essersi fatto scattare quell’immagine ed essere sfruttato dal regime come icona che appoggia la dittatura. Bisogna però giocare e l’Argentina nella fase a gruppi ha vita facile con l’Ungheria, vince due a uno con la Francia e poi perde clamorosamente con l’Italia, gol storico di Bettega. Chi si ferma è perduto, i passi falsi non sono tollerati e infatti dai piani alti si fanno sentire. L’Italia quel Mondiale lo finirà con la medaglia di legno, perdendo una finalina col Brasile e crocefiggendo Zoff per i gol assurdi presi da lontano con Brasile e Olanda. Già, l’Olanda. Passata da Michels all’austriaco Happel e priva di Cruijff, potrà ripetersi dopo lo sfortunato 1974? La risposta è ovviamente sì, perché gli oranje giocano da anni il miglior calcio del mondo. Un futbol rivoluzionario in un paese dove comandano i militari. Rensenbrink, Neeskens, Rep, Krol, i gemelli van der Kerkhof: Happel può contare su un arsenale di talento. E infatti arriverà in finale.

MERMELADA PERUANA – Anche Menotti ha una squadra ben assortita. Detto del prodigio Kempes, il team argentino annovera il rapace Luque davanti am anche fior fior di corridori come Gallego e Tarantini e uno dei centrocampisti più sottovalutati del calcio ovvero Ossie Ardiles, ricordato soprattutto per i tackle e la maglia numero 1. La svolta del Mondiale per l’Argentina arriva a Rosario il 21 giugno ’78. Il Brasile è primo nel girone, l’Argentina deve vincere con almeno cinque gol di scarto per andare in finale. Prima della partita il buon Videla e l’amico Henry Kissinger – premio Nobel per la pace, ricordiamolo – scendono negli spogliatoi e questo può spiegare in parte il risultato finale: Argentina sei, Perù zero. Queiroga, portiere argentino di Rosario naturalizzato peruviano, ne combina di tutti i colori, i peruviani tirano indietro tutte le gambe possibili e danno vita alla mermelada peruana, l’antesignana del biscotto (bello vedere come la pasticceria abbia sempre a che fare con le combine). E’ finale. Il 25 giugno 1978 al Vespucio Liberti di Buenos Aires Argentina e Olanda – qualificatasi con due eurogol a discapito dell’Italia tecnicamente più bella di sempre – si duelleranno per la Coppa del Mondo.

IL PALO DI RENSENBRINK – La sfida si gioca in un clima particolare, se ancora non si fosse capito. A deciderla possono essere solo dei colpi di classe, o dei colpi in generale. L’arbitro italiano Gonella niente vede e niente sa, fischia pochissimo e permette dei falli che definire proibiti sarebbe veramente riduttivo. La gara si sblocca per merito di Kempes, al quinto gol della manifestazione: Ortiz da sinistra tocca per Kempes, il quale sfonda la coppia Krol – Brandts e beffa l’inguardabile Jongbloed (curiosità, i due portieri non hanno l’1, l’olandese ha l’8 e l’argentino Fillol il 5. La partita mostra due stili di gioco differenti, da una parte c’è la tempra argentina, fatta di corsa e di sudore e anche di rottura del gioco, con gli unici sprazzi di classe affidati all’attacco; dall’altra l’Olanda è la solita Arancia Meccanica, gioca il calcio totale sfiancante sia per sé che per gli avversari e non dà punti di riferimento ai sudamericani. Quando tutto sembra volgere al meglio per Menotti e soci, l’Olanda segna un gol bellissimo. All’82’ Neeskens d’esterno dipinge una palla per Willy van der Kerhof, il quale di prima crossa in area dove arriva di testa il fioraio Nanninga, lesto a pareggiare. Il Momumental si azzittisce, ma il bello deve ancora venire. I minuti sono novanta, i supplementari a un passo, ma Gonella fischia una punizione che Krol lancia lungo per Rensenbrink. L’ala olandese si incunea tra i difensori e con il piede anticipa Fillol in uscita, la palla lemme lemme si avvicina alla porta e centra il palo. E’ la fine del match, l’Olanda ha perso anche se si devono giocare i supplementari.

EPILOGO – In effetti l’extra-time è pleonastico, perché l’Argentina è più motivata e passa grazie a un bellissimo dribbling di Kempes, che sul tap in fa un tiro anche peggiore di quello di Rensenbrink dalla stessa posizione ma mette dentro il due a uno, che poco dopo diventare tre a uno perché Daniel Bertoni triplicherà le marcature consegnando il Mondiale ai padroni di casa. Gli stessi padroni di casa che nel pre-partita si erano sentiti dire dal proprio allenatore: «Vinciamo per il popolo, non per quei figli di puttana». La stessa nazionale che emigrerà in massa, visto che l’Argentina diventerà un posto abbastanza difficile da sopportare. Il Monumental intanto piange di gioia, la gente si dimentica dell’oppressione e torna a gioire tutta assieme. E’ la prima dittatura in mondovisione, santificata dall’immagine di Passarella e Gallego che consegnano in tribuna autorità la Coppa del Mondo a Videla. Verranno gettate ombre su questo trionfo, ragionevolmente visto che con una situazione del genere qualche pressione deve esserci pur stata. Videla non se ne cura, morirà solo nel 2013 e sarà despota dell’Argentina per altri tre anni. In quel momento pensa solo a quanto sia forte la sua Argentina e quanto sia bella quella coppa. Accanto a lui c’è un italiano, che commercia anche nel campo dei materassi. Si chiama Licio Gelli, ne sentiremo parlare.