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Verso Brasile 2014, Inghilterra: la maledizione infinita

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Storia di una nazionale bella, ma mai vincente, e di un trofeo maledetto che manca dal 1966

MONDIALI BRASILE 2014 INGHILTERRA – Riuscite ad immaginare Megan Fox con un solo spasimante? Oddio, possibile, ma davvero molto improbabile. Solitamente le donne belle hanno molti successi con gli uomini all’attivo ed allo stesso modo anche la nazionali belle hanno molti successi nelle coppe all’attivo. Non è propriamente il caso dell’Inghilterra, l’eterna incompiuta del nostro pianeta: la Megan Fox che non riesce ad avere successo con gli uomini, una bella nazionale che fa cilecca nei momenti più importanti della propria storia, a tratti in maniera quasi imbarazzante. E’ la metamorfosi kafkiana, assolutamente in negativo, di calciatori che nei propri club stravincono a livello nazionale ed europeo: nei club tutti leoni, ma con i Tre Leoni… (continuate voi la rima).

IL CONDOTTIERO: ROY HODGSON – Che poi definire “condottiero” il bonario Roy può sembrare un po’ eccesivo: l’uomo di Croydon non è mai spiccato per personalità, a differenza di altri colleghi, mettiamola così e fino ad un paio di anni fa pareva ormai rassegnato ad una mesta carriera da allenatore delle domeniche di festa, quelle in cui il pallone te lo porti da casa. L’ultimo treno buono, quello del Liverpool, gli era sfuggito ancora di mano ed il buon Hodgson era lì che pensava alla pensione con il West Bromwich Albion, il Chievo della Premier League (West Bromwich fa 75mila abitanti). Poi qualcosa è cambiato: Redknapp fatto fuori dalla corsa a c. t. della nazionale inglese e Roy che riprende il pallino della propria carriera. Per noi italiani rimarrà sempre l’uomo che preferì Pistone a Roberto Carlos ai tempi dell’Inter ed onestamente l’aver vinto in carriera solo trofei in Svezia e Danimarca non lo rende per nulla un vincente, e nemmeno un trascinatore. Questo Mondiale è la sua utima occasione per urlare al mondo «Io sono ancora qua, eh già». Poi sarà buio pesto. 

LA STELLA: WAYNE ROONEY – Alle competizioni continentali per un motivo o per un altro non ci è mai arrivato in gran forma: è lo strano destino di un attaccante che, a livello di club, per anni ha fatto la differenza e potrebbe ancora farla, avesse alle spalle un squadra decente. Cambiano i tempi ed è cambiato anche il Manchester United, forse è cambiato un po’ pure Wayne, meno ragazzo ribelle di un tempo, con qualche capello in più in testa dopo una bella rizollatura del cuoio capelluto e l’aria di chi sa di avere sulle proprie spalle i destini di un intero popolo che a Dio chiede di salvare solo Regina, ma non di certo una nazionale che non porta niente a casa dal lontano 1966. Stavolta a Wayne non lo salverà nessuno: non ci saranno giustificazioni per lui, non sarà nè troppo giovane, nè troppo acciaccato, nè troppo paffuto per non fare gol. Dovrà farlo e basta, sperando che basti per alzare uno dei pochi trofei che ancora gli manca.

LA SORPRESA: LUKE SHAW – Di lui ne sentirete parlare un giorno al tg e vi diranno che è nata una stella: non credetegli, quelli come Luke non nascono, si assemblano, come i robot. Nemmeno 20 anni compiuto, questo terzino è già nel mirino di tutti i grandi club inglesi e non solo: corre, difende e attacca e lo fa come se fosse l’ultima cosa che stesse facendo nella sua vita. Nominato miglior giovane dell’anno in Premier League, per i tifosi del Southampton è già un semidio, uno di quelli destinati però a spiccare il volo altrove, perchè in provincia ci rimani solo se non hai ambizioni e Luke ne ha moltissime. L’anno prossimo dovremmo vederlo all’opera al Manchester United, se tutto va come deve andare, nel mentre però è inutile scomodare paragoni: Shaw non ha ancora vinto quanto Ashley Cole, di cui ha preso il posto. Auguriamoci solo che Hodgson lo faccia scendere in campo in Brasile e, qualora la profezia dovesse realizzarsi, allora potremo dire a lui quello che fu detto ad un altro famoso Luke molti anni prima… 

L’UOMO MERCATO: DANIEL WELBECK – Diciamo le cose come stanno: quest’anno Danny non ha fatto un gran campionato allo United, un po’ come il resto degli orfanelli di Ferguson, sia chiaro, ma è riuscito comunque a segnare dieci reti giocando appena ventisei partite: l’anno scorso ne segnò appena due in quaranta e solo questi dati vi daranno a pieno il segno di una crescita costante che non accenna a fermarsi. Welbeck è giovane, non ha nemmeno 24 anni ed ha fame di sfondare: se non dovesse succedere a Manchester, potrebbe succedere in qualsiasi altra parte del mondo, anche in Italia, sì, visto che si era parlato di Napoli. Chi lo vuole però deve mettere mano al portafogli, perchè quelli che Danny sono merce molto rara. Pagare moneta, vedere monello. 

L’ULTIMO MONDIALE: LA CLAMOROSA SVISTA – Stendiamo un velo pietoso… Nel 2010 l’Inghilterra di Capello è tra le prime a qualificarsi ai Mondiali: arrivata in un girone relativamente facile (a differenza di questa edizione) con USA, Slovenia e Algeria, la nazionale anglosassone (orfana di Beckham, accomodatosi comunque elegantemente in panchina ed arrivato in Sudafrica da amuleto) pareggia la prima contro gli ex coloni americani (gol di Gerrard a partita appena iniziata e pareggio di Dempsey al 44′) e fa pure peggio contro l’Algeria (scialbo 0 a 0). Il passaggio del turno arriverà grazie al gol di Defoe contro la Slovenia, ma sarà l’ultima gioia, perchè agli ottavi la formidabile Germania (poi semifinalista) passa in vantaggio subito con Klose e Podolski, al gol di Upton farebbe seguito il clamoroso pareggio di Lampard, annullato però sorprendentemente per una svista clamorosa dell’arbitro Larrionda che non convalida una rete abbastanza limpida (la palla rimbalza sulla traversa e torna in campo, ma non prima di aver varcato la linea). La doppietta di Muller condanna gli inglessi: 4 a 1, cornuti e mazziati, il contrappasso perfetto del 1966.  

DOVE ARRIVERA’ L’INGHILTERRA? – Bella domanda, risposta non tanto facile. L’Inghiltera è nello stesso gruppo di Italia, Uruguay e Costa Rica: come già accennato un raggruppamento di ferro. Gli inglesi per loro stessa definizione non partono mai favoriti: non tanto per le capacità tattiche e tecniche, assolutamente indubbie, quanto per l’assolutà incapacità di reggere la pressione di un popolo dal palato fine che aspetta un trofeo da almeno cinque generazioni. Sulla carta forse gli inglesi sono i più completi: hanno una buona difesa, un ottimo centrocampo ed un discretissimo attacco, ma meno freddezza di Italia ed Uruguay, latini sì, ma anche furbi. Passare il girone è un obiettivo assolutamente alla portata, a scapito di chi però, lasciamolo decidere al destino: da lì in poi il cammino per i quarti non dovrebbe essere troppo impervio. Quella è l’asticella da toccare.