2015
Lincantevole cerchio del genio Pirlo, che non si chiude
Da Berlino a Berlino, ma questa volta è una pagina amara: pur sempre però una pagina di storia. Di Pirlo e della Juventus
Il destino sembra scrivere trame per cui non riesci ad immaginare un esito diverso: te lo mette lì il copione, chiaro ed inequivocabile, e ti chiede soltanto di attendere la verifica dei fatti. Berlino allora, nel 2006, ai tempi del grande orgoglio italiano, Berlino oggi nove anni dopo. Con la Juventus, contro il Barcellona, e con una storia a cui è mancato soltanto l’ultimo sublime tassello.
LA FAVOLA DI PIRLO – Andrea Pirlo è ad opinione personale il calciatore italiano più forte di tutti i tempi ma va da sé come una considerazione del genere spetti a coscienze e convinzioni di ognuno di voi: c’è chi preferirà Baggio o Del Piero, Maldini o Cannavaro, Rossi o Rivera e via dicendo. I fatti lo mettono almeno nella posizione di poter ambire a tale status: a livello di nazionale ha vinto Mondiale ed Europeo under 21, con i club sei scudetti tra Milan e Juventus, due Champions League ed altrettante perse in finale (di cui una clamorosa nell’inferno di Istanbul), e tutte le altre coppe di portata minore. Pirlo ha vinto tutto e lo ha fatto da protagonista assoluto ma più di ogni altro italiano lascia in eredità la trasformazione di un ruolo: il genio di Flero in provincia di Brescia nasce trequartista ma finirà con l’imprimere una profonda rivoluzione al compito del regista, fino a consacrarsi come un pezzo unico. Se non c’è Baggio c’è Totti, se non c’è Baresi hai Nesta, ma se non c’è Pirlo?
IL CERCHIO CHE NON SI CHIUDE – Da Berlino a Berlino insomma. Il destino aveva detto la sua: poi però arrivano i Messi, i Neymar ed una squadra di ingiocabili alieni a rovinare uno spartito talmente perfetto da sembrare surreale. E’ nello stile italiano edificare i propri trionfi sulle rovine delle macerie: fu così nel 2006, quando Calciopoli stava per esplodere e ci presentavamo al mondo del calcio con la puzza del sospetto. Fu la molla che fece scattare l’orgoglio e quell’orgoglio ci rese invincibili: Pirlo in quello scenario recitò la parte del direttore d’orchestra, il maestro dettava i tempi per vocazione naturale e gli altri eseguivano senza invidia. E’ a tono amplificato la storia di questa Juventus, che di Calciopoli ha pagato con la retrocessione in serie cadetta e che però ha dimostrato al mondo intero di sapersi rialzare con la forza e la qualità del lavoro. Quattro scudetti consecutivi ed un percorso coronato dalla finalissima di Berlino: è mancato l’ultimo capolavoro, alla Juventus come a Pirlo che mette ancora la faccia su una pagina di storia calcistica italiana.
LACRIME AMARE – Sì, perché la storia è scritta dai trionfi ma anche dalle cocenti sconfitte: nelle finali è meglio esserci che guardarle. E’ doveroso partecipare e resti nei libri dello sport più bello del mondo anche quando, tu Juventus, su otto finali disputate ne hai perse sei. Ci sei stato e pochi possono raccontare lo stesso. La fotografia della notte dell’Olympiastadion di Berlino è fin troppo scontata: le lacrime del campione Andrea Pirlo uniscono anche chi di certo non ha tifato Juventus. A quelle lacrime è sacrosanto accostare altre lacrime, quelle di gioia datate 2006, quelle che ogni italiano che si rispetti conserva strettamente nel suo cuore. Pirlo lascia? Chi vi scrive perde un punto di riferimento e soprattutto una fonte d’ispirazione. Pirlo non lascia? Ci riproverà. Ma prima o poi accadrà e nulla più sarà come prima. Perché gli altri si sostituiscono, Andrea Pirlo no.