Dove iniziò tutto: Pelé, il mito - Calcio News 24
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2015

Dove iniziò tutto: Pelé, il mito

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pele rovesciata

Rubrica “10… e lode”: ci congediamo con Pelé, il capostipite dell’inarrivabile famiglia brasiliana

La rubrica “10… e lode” saluta i lettori ed intende farlo al meglio: se la settimana conclusiva si è aperta narrando delle vicende di Diego Armando Maradona è giusto si concluda con il leggendario rivale. Edson Arantes do Nascimento, al secolo Pelé, è l’uomo giusto al momento giusto: ci congediamo con chi forse più di ogni altro – o al pari di pochissimi – ha segnato la storia dello sport più seguito al mondo.

IL CAPOSTIPITE – Con Pelè nasce il Brasile ed è quanto basterebbe a non trovarne pari al mondo: la nazionale calcistica verdeoro è la più titolata del pianeta con cinque Mondiali in bacheca, i tre dell’epopea Pelé (1958, 1962, 1970), quello targato Romario (Usa ’94) e l’ultimo dell’era Ronaldo (Corea/Giappone 2002). C’è un filo chiaro ed evidente che unisce gli aventi diritto ad iscriversi a questa storia: per farne parte devi portare un Mondiale un casa. Devi tenere viva la tradizione del futebol bailado, che per i più distratti è soltanto un incubatore di finte e numeri da spiaggia mentre per un osservatore attento è il tratto distintivo che porta alla vittoria: quella del talento che prevale sull’organizzazione perché tanto sconfinato da non poter essere contenuto. E’ Pelé il capofamiglia: 77 gol e miglior marcatore all-time nella storia del Brasile, un’infinità, con lui sul podio Ronaldo (66), appunto, e Romario (55). Appunto.

IL TRIS DI PELE’ – O Rei si presenta di fatto al mondo del calcio nel 1958 in Svezia: in quel Mondiale Pelé non ha ancora compiuto diciotto anni ma trova il modo per siglare un gol al Galles nei quarti di finale, tre alla Francia in semifinale e due alla Svezia padrona di casa in finale. Sei reti nelle ultime tre gare, un alieno, un extraterrestre sbarcato sul pianeta calcio di cui si fatica a tracciarne le coordinate: è perfetto e il confronto con gli avversari è imbarazzante. La Perla Nera si ripeterà nel 1962 nonostante l’infortunio in corso d’opera che lo costringerà a prender parte a due sole gare della competizione cilena, ed infine nel 1970 vincendo la storica finale con l’Italia di Riva, Mazzola e Rivera. Occasione in cui neanche a dirlo timbrò il cartellino entrando nella storia come uno dei quattro calciatori ad aver segnato in due finali mondiali: con lui Vavà (’58 e ’62), Breitner (’74 e ’82) e Zidane (’98 e 2006). Solo i due brasiliani vinsero in tal senso entrambe le finali.

L’EREDE – Ci ha pensato proprio lui a sgombrare il campo da ogni dubbio: “Neymar può diventare più forte di me”. Parole che suonano come tuoni sulle spalle del fenomeno del Barcellona: ecco Barcellona, quel calcio europeo che Pelé non ha mai assaggiato. Si è detto tutto e di più su questa storia: il Brasile inteso come sistema Paese non lo ha lasciato partire ma ad ogni modo – nonostante spetti alle coscienze di ognuno di voi ritenere tale fattore un limite o meno – risulta complesso togliere qualcosa ad un interprete che presenti tali statistiche. Torniamo all’erede: nella battute iniziali le due storie si somigliano, Pelé e Neymar hanno vinto ogni cosa con l’amato Santos. Il primo ci è rimasto per una vita mentre il secondo oggi fa faville con Messi nel calcio d’elite internazionale: però lo abbiamo detto ed è storia nota, se sei brasiliano per entrare in quel gotha prima o poi dovrai vincere una Coppa del mondo. L’occasione irripetibile si è prospettata in casa: Brasile 2014, il Mondiale dei Mondiali, la giovane stella verdeoro ha dimostrato di saper reggere l’urto di una spaventosa pressione salvo poi infortunarsi nel momento clou, alla vigilia della semifinale con la Germania. Come sarebbe andata non lo sapremo mai: a vedere i numeri – Neymar a soli 23 anni è il quinto marcatore della storia del Brasile con ben 43 reti ed ha le carte in regola per mettere in riga tutti – pare proprio che Pelé ci abbia visto giusto. Le chance non mancheranno e quel filo continuerà ad essere tramandato. “Mi no credevo che un omo podessi far questo”, nelle parole del nostro Nereo Rocco il senso di essere Pelè. Il primo vero campione in ordine temporale unanimemente riconosciuto dalla storia del calcio.