Andrea Renzi: «Da "L'uomo in più" all'Inter, tra arte e calcio» - Calcio News 24
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2015

Andrea Renzi: «Da “L’uomo in più” all’Inter, tra arte e calcio»

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Ecco le parole dell’attore, tifoso dell’Inter, ai microfoni di Calcionews24.com

Sono tanti i film con il calcio come tematica, da “L’allenatore nel pallone” a “Goal”, passando per “Fuga per la vittoria” a “Il maledetto United”, ma ce n’è uno che ha segnato particolarmente la categoria in modo innovativo e senza precedenti: parliamo de “L’uomo in più”, film del 2001 scritto e diretto da Paolo Sorrentino che, accanto alla figura parallela di un cantante di musica leggera interpretata da Toni Servillo, narra la storia di Antonio Pisapia, un calciatore ispirato dalla figura dell’ex calciatore della Roma Agostino Di Bartolomei. Ad interpretare questo ruolo è stato Andrea Renzi, attore che ai microfoni di Calcionews24.com ha parlato dei suoi programmi artistici futuri, del suo Antonio Pisapia e della sua passione per il calcio e specificamente per l’Inter.

Allora sig. Renzi, quali sono i suoi programmi futuri dal punto di vista artistico?

«Sto preparando un lavoro per il Teatro Festival di Napoli tratto da un racconto di Maurizio De Giovanni, “Il commissario Ricciardi”, messo in scena a teatro per la prima volta. Lavoro con un gruppo di musicisti capitanati da Marco Cappelli, un chitarrista napoletano, che ha proposto di lavorare su questo capolavoro. Questo è il lavoro imminente, abbiamo già fatto un’anteprima al Teatro Garibaldi di Palermo: abbiamo una bella responsabilità soprattutto nei confronti degli aficionados dei libri di De Giovanni. E poi ci sono gli impegni per la stagione prossima: farò una regia per lo Stabile di Napoli, uno spettacolo con la mia compagnia “Teatri Uniti”, la regia per un testo nuovo di Valeria Parrella che si intitola “Dalla parte di Zeno”:  una commedia in un condominio napoletano. Come attore un Calderon di Pasolini con la regia di Saponara e la produzione della compagni di cui faccio parte, fondata da Martone».

Passiamo a “L’uomo in più”, film del 2001 scritto e diretto da Paolo Sorrentino: ha interpretato un  calciatore ispirato alla figura di Agostino Di Bartolomei, come si è trovato questo ruolo problematico a livello interpretativo ed esistenziale?

«E’ un po’ la fortuna ed il motivo per cui ci piace specchiarci in un personaggio. Presenta i problemi che la vita ti pone e li possiamo guardare riflessi e non farci male. Ci si immerge nelle diverse problematiche ed in quel caso effettivamente abbiamo studiato io e Paolo Sorrentino la vita di Di Bartolomei; In quel periodo uscì anche un libro forte sul calcio che ha suscitato un grande scandalo e che metteva in luce un po’ la vita che facevano questi calciatori, ed effettivamente Di Bartolomei era una mosca bianca come tipo di personalità. Abbiamo preso spunto da alcuni tratti di Di Bartolomei, ma credo che il personaggio se ne distanzi perchè ha degli elementi più buffi, tendenti alla commedia umana: basti pensare a come descrive le tattiche che ha in mente, tattiche reali mutuate dal Cittadella di allora che aveva un certo successo e sulle quali Sorrentino si era andato ad informare, oppure a quando si reca con la maglia della Juventus ad una festa in costume, o ancora quando di notte prova col Subbuteo le sue tattiche. Arriva improvviso il lato tragico della vita di Antonio Pisapia e certamente ha un peso la scena dove c’è una battuta che so che i fan del film ricordano a memoria: “Il calcio è un gioco e tu sei fondamentalmente troppo triste per fare questo gioco”, lì c’è tutta la mancanza di sensibilità di tante persone e di tutti noi, quando vediamo una persona inadatta e triste e la allontaniamo. E’ quello che è successo ad Antonio Pisapia ed in parte a Di Bartolomei: la sua serietà lo ha allontanato dalle sue scelte personalità. Il giorno in cui ha scelto di togliersi la vita è un chiaro segno che quello che stava facendo era legato alle sconfitte calcistiche che non aveva digerito. Un campione troppo sensibile».

C’è un campione dal punto di vista calcistico, che ti ha segnato anche dal punto di vista artistico?

«Io credo che ci sia un grande parallelo tra la prestazione sportiva e quella dell’attore: dobbiamo raggiungere un equilibrio ed una forma psicofisica, dobbiamo ripetere costantemente degli schemi che devono trovare delle varianti volta per volta. E’ un parallelo molto calzante secondo me. Ci sono campioni ed allenatori, certo: per chi, come me, tifa Inter come fa non adorare il grande Josè Mourinho? Ogni tanto qualche sua conferenza stampa me la rivedo, quella dopo il derby con il Milan vinto in 9 ad esempio, ed è irraggiungibile: ha fatto delle dichiarazioni finali con una acutezza, con una sicurezza di sè e con ironia strepitosa. Ho 52 anni ed ho assistito agli ultimi anni della grande Inter di Angelo Moratti: posso certamente ricordare un grande campione di Facchetti, oppure Corso e Suarez».

Cosa ne pensa dell’Inter attuale?

«Sono un po’ scoraggiato: la penso un po’ come Bonolis, se Thohir voleva comprarsi una squadra da metà classifica doveva comprarsi il Parma. Se acquisti l’Inter, devi lottare per le vittorie e per stare all’Inter. Queste ultime partite non avevo quasi voglia di guardarle, non si lottava per nessun obiettivo. Mancini mi piace molto: mi piace il suo gioco offensivo, la sua mentalità e come sa gestire la stampa. E’ un allenatore intelligente ed è stato un grandissimo campione. Ha parlato chiaro con la società e sono convinto che saprà farsi valere. Mi piacerebbe un calcio meno condizionato dal denaro, sarebbe bello un modello americano».

C’è qualche calciatore che le piacerebbe vedere all’Inter?

«Eh, parecchi (ride, ndr). Serve un leader: non avrei fatto andare via Cambiasso, a questa squadra è mancato un campione di grande esperienza. Con Mancini ci siamo fatti sfuggire dei risultati per un soffio, basti pensare alla doppia sfida di Europa League con il Wolfsburg: sono stati commessi individuali che sono costati cari. Mazzarri, che ritengo un buon allenatore, ha messo una tensione eccessiva a questi calciatori. Sono d’accordo con Mancini quando cerca Yaya Tourè: serve un leader come lui. In qualche partita i calciatori hanno dimostrato che possono fare meglio di così».

Le è mai capitato di vivere rivalità calcistiche in campo lavorativo?

«Un sano agonismo ci vuole. Con Toni Servillo siamo amici da tantissimi anni e ci sfottiamo, ma anche con altri compagni di lavoro, penso a quando ho fatto Distretto di Polizia. Ci vuole, soprattutto intorno al teatro, un clima di lavoro e gioco, in stile musicisti».

Ultima domanda: nel suo ultimo film “Youth”, Paolo Sorrentino ha voluto omaggiare Diego Maradona. Cosa ne pensi di questo suo gesto verso il campione argentino, a cui dedicò anche la vittoria dell’Oscar?

«Credo che sia un omaggio alla genialità di Maradona, la genialità dell’uomo che va al di là del calciatore, soprattutto in questi giorni dopo lo scandalo FIFA (ride, ndr). E’ stato un modo per tenere viva dentro quell’irriverenza e quel lato ribelle di Maradona: sono uomini che hanno grande talento e disciplina, affiancati da un lato irriverente ed indipendente».