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2015

C’è sempre una prima volta

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Carpi, Bournemouth, Frosinone, Gazélec Ajaccio e Ingolstadt: tutte per la prima volta in prima divisione

Quattromilacentosettantun chilometri e cinquantuno ore di viaggio separano Carpi da Frosinone: autostrada da Carpi per la Germania, poi si attraversano il Belgio e la Manica, si finisce nel Dorset, si transita ancora una volta dal Canale e si va giù per tutta la Francia per prendere il traghetto con destinazione Corsica e infine altro spostamento verso la Toscana e da lì fino a Frosinone. Certo, una vacanza così sarebbe abbastanza hipster e suggestiva e anche apparentemente insensata, eppure se date un’occhiata alle prime serie del calcio che conta della prossima stagione allora avete già capito: è stata la primavera delle debuttanti, nel giro di due settimane ben cinque squadre nei maggiori campionati europei hanno centrato per la prima volta nella loro storia la promozione in Serie A, prima il Carpi, poi il Bournemouth, il Gazélec Ajaccio, l’Ingolstadt e infine il Frosinone, cinque cosiddette provinciali che stanno vivendo in questi giorni il momento più bello da quando sono nate, e alcune di esse esistono fin dall’alba del calcio. In uno sport sempre più dominato da petroldollari, fondi di investimento, campioni strapagati e società di scommesse come main sponsor, spostare lo sguardo su un Cabassi qualsiasi rimette in pace con il mondo.

CARPIRINHA – Il nostro tour parte dall’Emilia, esattamente dalla provincia di Modena. L’ascesa del Carpi in Serie A già è un record per la massima divisione che mai ha avuto nel solito campionato tre società nemmeno capoluoghi di provincia (Sassuolo e Empoli le altre due). Qualche anno fa una famiglia del Nord Europa prenotò le vacanze a Carpi convinta che si trattasse di Capri, se succedesse adesso almeno, come risarcimento, la suddetta famiglia non vedrebbe i meravigliosi faraglioni ma una gitarella al Duomo e soprattutto allo Stadio Cabassi non sarebbe poi tanto male. Come sempre, quando si parla di provincia, dietro a una piccola realtà c’è un grande uomo e in questo caso è Stefano Bonacini, amministratore e socio di maggioranza. Lo conoscerete senz’altro come patron del marchio di abbigliamento Gaudì, una persona con la testa sulle spalle che è riuscita, anche grazie a un lavoro d’élite da parte dello staff, a portare il Carpi in A dopo le trasferte a San Lazzaro e Mezzolara e la clamorosa sconfitta per 8-2 col Pianura nei playoff di Serie D. Colpirono, al primo anno di B, le parole dello stesso Bonacini, che di fronte ai nomi che il mercato gli forniva disse di voler prendere Pavoletti, facendo intravedere già una acuta conoscenza della categoria. Il miracolo Carpi non è un vero e proprio miracolo anche grazie a Cristiano Giuntoli, professione ds, uno che ha potrebbe insegnare a fare le nozze coi fichi secchi anche ai reali d’Inghilterra. La cavalcata di questa stagione in B è merito di una dirigenza competente e di una squadra ben rodata, che ha nella fase difensiva la sua maggiore qualità. Attenzione, organizzazione e professionalità significano Serie A. «E male che vada retrocederemo, non moriremo mica» come ha detto proprio Giuntoli.

PIONIERI A INGOLSTADT – Prendiamo un mezzo di trasporto qualsiasi e andiamo a nord in Baviera, terra da sempre fertile se si tratta di sport e di calcio. Fermiamoci a Ingolstadt, dove Rainer Fassbender ambientò uno dei suoi film e dove il dottor Frankenstein dette vita alla Creatura; non è finita qui, Ingosltadt è anche, nell’ordine: sede della Audi, di Mediaworld, di Saturn e dell’Ordine degli Illuminati creato da Adam Weishaupt. Forse è un Illuminato anche Ralph Hasenhüttl, mister austriaco delll’FC Ingolstadt 04, ma a noi sinceramente non interessa cosa faccia nel tempo libero. La sua creatura, visto che siamo in tema, è un Ingolstadt che ha dominato soprattutto la parte finale della Zweite Bundesliga e che si appresta a fare trasferte all’Allianz e al Westfalenstadion per la prima volta – l’Ingolstadt durante il Nazismo fece parte della Gauliga, ma non è mai stato in prima serie da quando esiste la Bundesliga. Il 4-3-3 con le due ali larghe è un dogma all’Audi-Sportpark, stadio in cui stasera (c’è il pericolo Kaisersalutern a – 6 con due giornate dalla fine ma la differenza reti è a favore dei rossoneri) verrà festeggiata la promozione dopo il match con il Lipsia, una delle favorite alla vigilia del campionato. L’Ingolstadt colpisce per il suo gioco di squadra e anche per la continuità di rendimento, è uno dei migliori attacchi della seconda serie tedesca (anche grazie ai gol della punta Hinteresser e del numero dieci Pascal Groß, da tenere d’occhio) e dietro subisce poco. Una delle caratteristiche fondamentali che hanno portato alla promozione anche in questo caso è una dirigenza, oltreché attenta, anche messa bene economicamente dato che tra i soci troviamo la quattro GmbH, che fa parte della holding Volkswagen.

IL TEMPO DELLE CILIEGIE – Dalla Zweite Bundesliga alla Championship il passo è breve, ma il viaggio da Ingolstad a Bournemouth non è di certo la via dell’orto. Tolta Dudley, Bournemouth era fino a due settimane fa la città più grande di Inghilterra a non avere ancora avuto una società in Premier League, detto fatto ci hanno pensato i Cherries, le ciliegie, che vestono la maglia rossonera in onore – udite udite – del Milan. Vicina alla soleggiata Brighton, anche Bournemouth è una delle località marittime migliori di tutta l’Inghilterra, ma soprattutto è legata a Ingolstadt con un fil rouge impressionate: nel Dorset è sepolta Mary Shelley, autrice di Frankenstein, romanzo ambientato anche in Baviera come abbiamo avuto modo di vedere. Bournemouth non è soltanto una città letteraria – qui hanno vissuto o insegnato anche Tolkien, Wilde, Stevenson e Verlaine – ma da pochi giorni è pure una florida realtà calcistica. Il giovanissimo coach Eddie Howe, 37 anni per lui, con una rosa dall’età media di ventiquattro anni ha concluso la Championship da prima in classifica con novanta punti e un attacco favoloso: nel 4-4-2 collaudatissimo di Howe, gli esterni di centrocampo fanno la fase offensiva in maniera egregia e aiutano molto le due punte, tant’è che sono 72 i gol segnati da Wilson, Kermogant, Ritchie, Pugh e anche dalla prima riserva Pitman; miglior attacco del campionato con 98 gol ma anche seconda miglior difesa con 45 reti al passivo, qualcosa vorrà pur dire. Ah, per chi si domandasse che fine abbiano fatto Kenweyne Jones, Artur Boruc e Ian Harte, giocano tutti e tre al Dean Court.

CORSI E RICORSI – Scendendo da Bournemouth e attraversando tutta la Francia, da Marsiglia si prende un comodo traghetto e si arriva ad Ajaccio, in Corsica. Sicuramente sapete già che i corsi sono persone particolari: hanno un patrimonio straordinario e lo gestiscono alla loro maniera e anche la stessa Ajaccio è una piccola perla sul Mediterraneo, meta particolarmente indicata per le vostre vacanze estive. Se vi fermate per una partita di Ligue 1 il prossimo anno non assisterete a un match dell’Ac Ajaccio, a rischio retrocessione in National, bensì a una del Gazélec Ajaccio, già GFC Ajaccio, ex società dilettante che è nata ufficialmente nel 1910 ma ufficiosamente nel 1996 con la nuova denominazione Gazélec Football Club Olympique Ajaccio. Molte sigle e molti nomi ma quel che conta è che Thierry Laurey ha compiuto il miracolo portando i Diàvuli rossi in Ligue 1 per la prima volta: con poco i rossoblu hanno fatto tanto, hanno sfruttato il materiale a disposizione e ha dimostrato un discreto cinismo, vincendo le gare decisive nell’ultima parte cdi campionato e assestandosi al secondo posto dietro al Troyes. Non segna molto l’Ajaccio ma segna bene e, quando non può vincere una partita, almeno un punto a casa lo porta sempre. Gli amanti del calcio transalpino gioiranno nel leggere i nomi della spina dorsale del Gazélec, tutti di una certa età: il buon Gregory Pujol davanti, a centrocampo David Doucortioux e, incredibile ma vero, l’ex meteora interista Jeremy Brechet a guidare la difesa. Se siete osservatori invece segnatevi il giovane difensore Amos Youga, classe 1992 ma già talento da tenere d’occhio.

IL RE LEONE – Da Ajaccio tagliate la Corsia fino a Bastia e prendete il traghetto per l’Italia, poi arrivate alla meta finale del viaggio tra le neopromosse, Frosinone. Non si offendano gli amici frusinati ma Frosinone non è tra i capoluoghi da annoverare tra le bellezze d’Italia, è una semplice città di provincia che ha raggiunto in questi giorni una fama per alcuni inaspettata (per Lotito specialmente, giusto per non fare nomi). Alcuni di voi ricorderanno che la protagonista del film La Tata, altri giustamente se ne infischieranno francamente, altri ancora sono troppi presi dalle gesta dei ragazzi di Roberto Stellone per poter anche minimamente pensare alle sit com anni Novanta. Sì perché i Leoni quest’anno sono arrivati secondi alle spalle del Carpi a seguito di un’annata a dir poco trionfale: anche qui il successo va ricercato in un attacco che funziona a meraviglia, 61 gol a referto a differenza dei 47 subiti, un po’ troppi a dire il vero. Colpisce la malleabilità tattica della squadra durante la partita, segno anche di una grande abilità da parte di mister Stellone, che in due anni ha portato i gialloblu da Barletta a San Siro. In una rosa quasi tutta italiana non spiccano troppo le individualità – anche se giocatori come Carlini o Paganini sono ottime sorprese – quanto la compattezza del gruppo e il carattere che il collettivo mostra in ogni partita. Maurizio Stirpe, presidente dal 2003, può finalmente esultare perché il suo capolavoro ormai è compiuto. Che sia Frosinone o Carpi o Bournemouth o Ingolstadt oppure Ajaccio, il prossimo anno ci sarà da divertirsi, almeno per una volta contro Robben o Ibrahimovic e magari a Anfield o all’Olimpico, sperando che il famoso quarto d’ora di celebrità duri più di una stagione.