Malesani: «Il Milan voleva me prima di vincere la Champions. Ma non ho mai avuto i giusti sponsor»
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Malesani: «Il Milan voleva me prima di vincere la Champions. Ma non ho mai avuto i giusti sponsor»

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Malesani: «Il Milan voleva me prima di vincere la Champions. Ma non ho mai avuto i giusti sponsor». Le parole del tecnico

Alberto Malesani è stato uno degli allenatori più vulcanici del calcio italiano e non solo, visto che ha mostrato carattere e idee anche all’estero. Oggi su La Gazzetta dello Sport racconta la sua vita, compreso il presente che lo vede ormai lontano dal calcio.

2002: IL MILAN LO CERCA – «Proprio così, i rossoneri erano guidati da Carlo Ancelotti che aveva sostituito Terim. Parlo con il dottor Galliani che mi dice: “La seguiamo. Se nel girone di ritorno fa come nell’andata, ci risentiamo a fine stagione”. Purtroppo, invece, il mio Verona crollò e al termine del campionato ci fu la retrocessione. Io non andai più al Milan, Ancelotti restò in rossonero e, l’anno successivo, vinse la Coppa dei Campioni a Manchester. Il destino ha voluto così. Ma non ho rimpianti. Peccato, però, perché del Milan ero tifoso fin da bambino: unico milanista di San Michele Extra, il paese alle porte di Verona dov’era nato anche Mariolino Corso. Gli altri, tutti interisti. Io, invece, godevo quando vedevo giocare Rivera».

É STATA LA SVOLTA DELLA SUA CARRIERA – «Ci ho riflettuto spesso e direi di sì. Da allora in poi il mio percorso non è stato così positivo come negli anni precedenti. Sono comunque soddisfatto, non sto lì a piangermi addosso».

I 3 TROFEI VINTI CON IL PARMA – «Una cavalcata indimenticabile. Avevamo una squadra pazzesca: Buffon in porta; Thuram, Sensini e Cannavaro in difesa; Fuser e Vanoli sulle fasce; Dino Baggio, Boghossian, Veron a centrocampo; Crespo e Chiesa in attacco. Giocavamo un calcio moderno, spettacolare, tutto pressing e sovrapposizioni. Purtroppo non arrivammo allo scudetto, ma forse tutto l’ambiente, all’epoca, non era attrezzato per un’impresa simile».

LA FIORENTINA – «I giocatori, da Rui Costa a Batistuta. Quando ebbi qualche discussione con il presidente Cecchi Gori lo spogliatoio si schierò dalla mia parte. Andammo a vincere a Parma, il cavalier Calisto Tanzi rimase impressionato dal gioco della mia Fiorentina e il giorno dopo mi convocò nel suo ufficio a Collecchio per ingaggiarmi. Ero libero, dissi subito di sì».

LE CONFERENZE RABBIOSE HANNO LIMITATO LA CARRIERA – «Può darsi, ma di base credo che ci sia il fatto che io non ho mai cercato, e di conseguenza non ho mai avuto, sponsor importanti, non ho mai fatto amicizia con chi contava. Sono stato nel calcio, ma un po’ in disparte. È il mio carattere. Nel lavoro, in tutti i lavori che ho fatto, ci ho messo impegno, rigore, passione e un po’ di sana follia. E sono sempre stato un uomo, e dunque un allenatore, libero. Probabilmente se avessi cantato nel coro, la mia carriera sarebbe stata diversa, ma va bene così».

LA SUA VITA OGGI – «La famiglia, gli amici, il golf la mattina e le partite a carte all’osteria tutti i pomeriggi. Mi diverto come un matto a giocare a briscola o a tressette. E sapeste com’è difficile! Faccio anche i tornei, ho raggiunto buoni livelli grazie agli insegnamenti dei miei amici che io chiamo maestri. E dopo, che abbia vinto o che abbia perso, una bella cena in trattoria tutti assieme. Questa, per me, è la serenità».

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