Pjanic: «Rinnovo? Ho ascoltato il cuore. Ora lo scudetto» - Calcio News 24
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2014

Pjanic: «Rinnovo? Ho ascoltato il cuore. Ora lo scudetto»

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Il centrocampista della Roma su Zeman: «Non c’era feeling»

ROMA PJANIC – E’ cambiato il vento dalle parti di Roma, tanto che si comincia a sentire insistentemente aria di scudetto dalle parti di Trigoria. Sarà una lunga e dura corsa quella della squadra giallorossa, che ci proverà fino alla fine, come ha garantito Miralem Pjanic: «Ce la metteremo tutta. Contro l’Inter abbiamo sofferto ma c’è tempo per aggiustare le cose e raggiungere il cento per cento della condizione. Vogliamo vincerlo, questo scudetto. Sono arrivati giocatori che ci hanno fatto crescere di livello. E alcuni giovani che capiscono il calcio e hanno tanto talento. Ma soprattutto quest’anno il gruppo è cambiato poco rispetto al passato. A proposito, mi dispiace per l’infortunio di Castan, spero non sia nulla di grave. Ma non siamo i favoriti. C’è sempre la Juventus, che ha meritato di vincere il campionato l’anno scorso, e poi il Napoli. Siamo lì a giocarcela. Sarà il campo a dare le risposte», ha dichiarato il centrocampista bosniaco ai microfoni del “Corriere dello Sport”.

IL “MATRIMONIO” – Ma Pjanic ha spiegato anche la scelta di rinnovare il contratto quando tutto sembrava preludere ad un addio con il Paris St Germain, ad esempio, pronto ad aprire le sue porte: «Credo nel progetto della Roma, in questa squadra, in questo allenatore. Io sono sempre stato molto bene. Ricordo che tre anni fa è successo tutto velocemente. Era la fine del mercato, a Lione avevo già cominciato la stagione. Luis Enrique mi voleva assolutamente, la società mi fece sentire importante. Questo mi è piaciuto subito. Ho ascoltato il cuore, diciamo. L’ho fatto anche firmando il rinnovo. Soldi? Ne avrei potuti guadagnare di più altrove. Anche quest’estate. Ma io voglio giocare dove sono felice. A Roma amo la gente, la città, tutto. E poi questa società è perfetta per la mia crescita professionale: qui potrò vincere e festeggiare con i nostri tifosi, che sono speciali. La trattativa è stata lunga solo perché è cominciata a stagione in corso. C’è stato tanto rumore ma i dirigenti conoscevano la mia volontà: restare alla Roma e firmare prima del Mondiale. Serviva solo un accordo. E tutto è venuto naturale. PSG? C’erano club importanti. Molto importanti. Ma non faccio nomi, non sarebbe corretto per chi mi ha cercato».

AMICIZIA, RELIGIONE E GUERRE – L’attenzione si sposta poi sulla vicenda Mehdi Benatia, che è ancora in bilico, ma i discorsi sul difensore marocchino sono stati l’occasione per parlare dei bombardamenti su Gaza e, quindi, del suo legame con la religione musulmana e il suo Paese, la Bosnia: «Non so quali problemi ci siano tra lui e la società. Ma so che la sua intenzione è sempre stata uguale alla mia: rimanere. Ha investito molto nella sua carriera alla Roma. E il gruppo lo sa bene: la squadra è con lui. Non c’è ragione per non continuare insieme. Bombardamenti su Gaza? Spero che tutto finisca presto. C’è gente che sparisce senza motivo, ogni giorno di più. Anche in Bosnia ci sono stati massacri per niente. Avevo un anno quando sono andato via dalla Bosnia. Per Dzeko è stato diverso, lui ha vissuto a contatto con le bombe. Ma io sono orgoglioso di essere bosniaco. Quando ero piccolo mi prendevano per matto, perché dicevo di voler fare il calciatore. Ma la mia scelta l’ho fatta prima dell’Europeo del 2004: avevo 12 o 13 anni, salii su un pullman e andai a vedere Bosnia-Danimarca, che valeva per le qualificazioni. Venti ore di viaggio. Allo stadio capii che quello era il mio posto, la mia gente, il mio cuore».

MONDIALI – E a proposito della Bosnia il riferimento all’esperienza dei Mondiali è d’obbligo: «Sono sincero, ci aspettavamo di più, speravamo di superare almeno il primo turno. Perché noi bosniaci giochiamo per dare gioia al nostro popolo, per trasmettere all’esterno una buona immagine del Paese. Purtroppo abbiamo sbagliato la partita con la Nigeria: anche l’arbitro ha commesso degli errori ma la verità è che abbiamo giocato male. Invece che pensare a fare il nostro calcio ci siamo messi lì, sulle difensive, per evitare la figuraccia».

GLI ALLENATORI – Pjanic ha parlato poi del rapporto con gli allenatori giallorossi: l’analisi è partita da Zdenek Zeman, che mandò a quel paese in mondovisione dopo un gol nel derby, per spostarsi poi su Rudi Garcia e Luis Enrique: «Lui aveva una certa idea di calcio, che non sta a me giudicare. Non so se sia un grande allenatore o meno, lo dicano gli altri: ci sono le classifiche… Niente feeling? Non è scattato con tanti di noi, mi creda. Lavoravamo tanto, lavoravamo duro, ma senza piacere. Con Garcia è tutto diverso: ti parla, ti ascolta, ti domanda. La sua umanità è importante. Con Zeman non esisteva questo rapporto. Luis Enrique? Mi ha insegnato a vedere il calcio in un altro modo: movimenti, tattica, mentalità. Tutta la squadra lo seguiva. Purtroppo non ha avuto il tempo e la pazienza per avere successo nella Roma».

L’AVVERSARIO – Infine, il centrocampista ha scelto l’avversario che l’ha messo più in difficoltà, lanciandogli la sfida in vista della prossima stagione: «Tra i singoli non ne ricordo uno in particolare. Ricordo la squadra: la Juventus. Sono compatti, non lasciano spazio, con loro non puoi sbagliare. E’ così che ci hanno battuto l’anno scorso. Quest’anno… speriamo bene».