Rebic: «Ibrahimovic è un leader, c'è bisogno di lui. Con Giampaolo non ho mai parlato» - Calcio News 24
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Rebic: «Ibrahimovic è un leader, c’è bisogno di lui. Con Giampaolo non ho mai parlato»

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Ante Rebic si è raccontato in una lunga intervista al settimanale Sportweek: queste le parole dell’attaccante rossonero

Ante Rebic si è raccontato in una lunga intervista al settimanale Sportweek. Ecco alcune dichiarazioni dell’attaccante croato.

PERSONALITÀ – «Ti faccio un esempio. Nella partita vinta contro la Juve, a un certo punto ho detto qualcosa a Higuain. Non mi piacciono quelli come lui che, grandi e grossi, a ogni contatto restano a terra per tre minuti. Idem Bernardeschi. Lo stesso era successo con la Spal. Anche Ibra prende un sacco di botte ma si rialza subito e senza un lamento. altri piangono troppo. Insomma, dico qualcosa a Higuain e Szczesny mi fa: “Perdi 2-0, non fare il fenomeno”. Non gli rispondo. Normalmente avrei replicato, perché un’altra cosa che non mi piace è quando mi sottovalutano. Ma stavolta non ho aperto bocca. A Szczesny ho risposto in un altro modo (col goal del 4-2, ndr). Questa è la mia forza nella testa: chi mi attacca, mi carica».

FIORENTINA – «Nei primi due anni da professionista a Spalato avevo segnato 5 e 10 goal. Decido di provare a un livello più alto, ma forse non ero pronto per l’Italia. Io non conoscevo l’italiano, Montella non sapeva l’inglese. Ma il problema vero è stato non giocare. Mi avevano detto: “Avremo due punte, Mario Gomez e Giuseppe Rossi. Poi c’è Ilicic, tu sei il quarto. Si fanno male prima Gomez e poi Rossi, penso: è arrivato il mio momento. Invece niente. Così me ne andai al Lipsia».

RANGNICK – «Avevo fatto bene al mondiale in Brasile, così lui, che era a capo della divisione calcistica della Red Bull, chiama il mio procuratore e gli dice che mi vuole. Viene apposta a Firenze: “Benvenuto alla Red Bull. Scegli: vuoi giocare nel Salisburgo o nel Lipsia?”. Scelgo il Lipsia: era nella seconda divisione, ma il progetto che mi illustro Rangnick era importante, e i fatti gli hanno dato ragione. Però anche lì gioco poco perché l’allenatore, Alexander Zorniger, aveva un suo gruppo di giocatori fidati nel quale non c’era spazio per i nuovi».

GIAMPAOLO – «Con Giampaolo non ho mai parlato. Quando a gennaio sono andato a Francoforte per vendere la mia casa e i giornali invece hanno scritto che tornavo all’Eintracht, ho detto: “Voglio fare quattro-cinque partite di fila al Milan. Se le giocherò male, vorrà dire che questo non è il mio livello e sarò il primo a dire che non posso rimanere”. Non volevo andar via senza avere un’occasione. Quando questa è arrivata, l’ho presa».

MILAN – «Negli ultimi anni è cambiata più volte la proprietà, sono cambiati gli allenatori… La squadra ha fatto fatica. I primi tre-quattro mesi di questa stagione erano iniziati male come al solito, adesso però abbiamo preso la strada giusta e dobbiamo continuare, perché abbiamo qualità. Tutti i giocatori che sono qui hanno fatto benissimo dove giocavano prima, avevano solo bisogno di un po’ di pace, di fiducia. Da gennaio giochiamo molto meglio di prima, ci conosciamo di più. Oggi so come di muove Castillejo, come mi da la palla Bennacer… Io conosco meglio i miei compagni e loro conoscono meglio me. E in dieci giorni abbiamo battuto Roma, Lazio e Juve».

IBRAHIMOVIC – «C’è bisogno di lui. Ibra è un leader. Prima della Juve ci diceva: “Farò vedere agli juventini come si gioca al calcio”. Era il suo modo per caricarci. Anche Begovic, Kjaer… Giocatori maturi che sanno come calmarti o spronarti. Ha portato tanto a tutti. Però, quando lui dice qualcosa, molti stanno zitti. Se invece io non la penso come lui, glielo dico».