2014
Ricordi Mondiali: la cavalcata di Barone
Il trionfo italiano di Germania 2006 ripercorso in tre emozionanti saghe: ecco la prima
MONDIALI ITALIA GERMANIA2006 BRASILE2014 – Singolare la storia dei nostri due ultimi campionati mondiali: nel 2006 il punto massimo con la gloria in terra tedesca, nel 2010 il disastro nella prima edizione africana. Dalla vittoria del Mondiale all’eliminazione al girone con una costante: Marcello Lippi, in versione originale e bis, il cui destino lo ha catapultato nel giro di quattro anni al cospetto dei due famosi lati della medaglia.
CAMPIONI DEL MONDO – Focalizziamo l’attenzione sul lato bello: Germania 2006. L’idea è quella di dividere – e ripercorrere – quel meraviglioso viaggio in tre tappe principali: il cammino dalla sfida d’esordio con il Ghana fino ai quarti con l’Ucraina, la semifinale con i padroni di casa e la finalissima con la Francia di un tal signore del calcio che risponde al nome di Zinedine Zidane. Oggi spazio alla prima di queste tre tornate, seguiranno gli intensi ricordi della fase finale dell’indimenticabile Mondiale tedesco.
IL GIRONE – Se nella sfida d’esordio con il Ghana tutto procede secondo copione (Pirlo prima e Iaquinta poi per sedare la fame agonistica degli africani) va su tutte altre note il faccia a faccia con gli Stati Uniti: perché se l’Italia non si complica i piani non è l’Italia. Ecco come una partita in ipotetica discesa si tramuta nella più impervia delle salite, con l’espulsione di De Rossi che oltre a condizionare la gara stessa destabilizzerà non poco la già precaria quiete con cui l’Italia di Lippi giungeva alla kermesse internazionale. Un gol lo segniamo e porta i suoni della sviolinata di Gilardino: è singolare come tutti gli attaccanti scelti dal commissario tecnico alla fine andranno in rete almeno una volta, soltanto Toni timbrerà il cartellino in due occasioni ma è storia futura. Dopo il rattoppato pareggio con la patria del basket (autorete di Zaccardo, sarà l’unico gol subito su azione dalla spedizione italiana) toccherà vincere con la Repubblica Ceca per non rischiare nulla: 2-0, segnano Materazzi – altra storia pazzesca: si infortuna un certo Alessandro Nesta e dallo sconforto generale viene fuori lui – in versione guerriero ed il solito immancabile Pippo inzaghi. Dopo la gomitata di De Rossi abbiamo la seconda vera immagine di Germania 2006: la corsa a perdifiato di Simone Barone che, quasi con tenerezza, invoca il passaggio di SuperPippo. Quel pallone Pippo non glielo darà mai ma finirà dove è scritto che finisca se ti chiami Filippo Inzaghi: in rete.
GLI OTTAVI: INIZIA LA FAVOLA DI GROSSO – Vinciamo il nostro girone eliminatorio e il calendario ci mette di fronte ai Socceroos: l’Australia non ha – perché non può averne – particolari ambizioni ed alla vigilia si ipotizza di farne un solo boccone. Come non detto: partita agonica. Marco Materazzi non si chiamerebbe Marco Materazzi se in qualsiasi contesto calcistico un’espulsione non ce la facesse entrare: il libro di Germania 2006 prevede puntualmente anche questo scenario e la sfida si complica non poco. Pareggio a reti inviolate e spettro dei supplementari, in inferiorità numerica e con una squadra sulle gambe. Nell’overtime un umile terzino sinistro fino ad allora conosciuto per un discreto piede e poco altro si invola sulla corsia di competenza trovando le forze per guadagnarsi un calcio di rigore che – considerando le circostanze – va ritenuto un miracolo a prova di beatificazione. Fucilata di Totti e si vola ai quarti. Con Fabio Grosso non finisce qui.
I QUARTI: SI VINCE FACILE – Una volta ogni dieci o vent’anni siamo anche in grado di portare a casa una partita senza pagine epiche da dover inserire nei libri di storia dei nostri difensori. O meglio delle lotte dei nostri difensori. Tre schiaffi all’Ucraina – segna due volte Toni, come si anticipava unico degli attaccanti azzurri a firmare il cartellino in due occasioni, dopo che Zambrotta aveva spianato la strada alla banda Lippi – per guadagnarsi la semifinale. Dopo la gomitata di De Rossi, la leggendaria cavalcata di Barone, la discesa di Fabio Grosso con annessa fucilata di Totti, abbiamo la quarta vera immagine del nostro Mondiale ed è una raffigurazione diversa. Non legata ad un momento particolare ma alle facce di chi iniziava a crederci sul serio. Al fischio finale di Italia-Ucraina al Volksparkstadion di Amburgo ci si è guardati negli occhi e senza parlare ci si è detti: perché no? La storia continua.