2015
Altro che per il bene della Fifa: la fuga di Blatter
Blatter Story: dalla rielezione alle dimissioni, i quattro giorni della tempesta
Partiamo dai fatti: Joseph Blatter, quattro giorni dopo essere stato rieletto per la quinta volta consecutiva al timone della Fifa nelle vesti di Presidente, lascia l’organo internazionale con tanto di clamorose dimissioni. Il successore sarà eletto in un congresso straordinario che si terrà con ogni probabilità a cavallo tra 2015 e 2016, fino ad allora le funzioni saranno regolarmente eseguite dal colonnello svizzero.
BLATTER IN FUGA – Non appena recepita la notizia l’immediata sensazione personale è stata quella di un importante avanzamento delle indagini Fbi: coinvolgimento in primissima persona di Blatter e comunicazione al diretto interessato, che preso atto dello stato dell’inchiesta ha evidentemente dovuto lasciare la presidenza della Fifa. Non a caso poi in mattinata sono puntualmente arrivate le conferme: Sepp Blatter indagato dall’Fbi nell’ambito dell’indagine-terremoto che ha scosso i vertici dell’organismo, sotto la lente d’ingrandimento i meccanismi di assegnazione dei Mondiali ed in particolare alcuni spostamenti economici rilevati in prossimità di Sudafrica 2010. Inevitabili i sospetti poi per quanto concerne i seguenti campionati mondiali, in prima battuta quella vittoria del Qatar (2022) che aveva sbalordito gli addetti ai lavori. Il dirigente elvetico ha affermato di aver preso questa scelta per il bene generale della Fifa, spaccata intorno al suo nome: la realtà è chiaramente altrove e, con l’avanzamento dell’inchiesta, rende incompatibile lo status di Blatter con quello di chi deve serenamente dirigere un organismo così complesso.
COSA LASCIA BLATTER – Non gli potrà essere perdonato di consegnare al suo successore una Fifa sulla quale incombe l’ombra della corruzione: dal 1981 nella Fifa – fino al ’98 da segretario e poi da Presidente, succeduto a Joao Havelange – ha improntato la gestione dell’organismo su criteri decisamente lontani dalla trasparenza, fino a divenire un vero e proprio uomo al comando troppe volte apparso come unico decisore in nome di interessi personali o lobbistici. Prendono corpo inoltre alcuni fantasmi sorti e mai assopiti negli anni: quei dubbi troppo forti sulla scalata della Corea del Sud nel Mondiale casalingo (2002, con tanto di eliminazione toccata ad Italia e Spagna, ricordate Moreno?) o i sospetti mai celati da Diego Armando Maradona circa un accanimento contro la sua persona. Lo scenario quello di Usa ’94 e nel grande Paese occorrevano simboli di caratura globale per diffondere il verbo calcistico: El Pibe de Oro fu usato in tal senso da Blatter salvo poi essere beffato da un controllo antidoping che come unico risultato poteva dare quello che tutti ricordiamo. E la mancata premiazione all’Italia in quel di Germania 2006? Tutto questo per sostenere come Blatter abbia dato la netta sensazione di procedere per il vetusto modus vivendi fatto di amici e nemici, lì dove questi ultimi sono stati quantomeno ostacolati.
DA DOVE RIPARTIRE – In tutto questo qualcosa di buono necessariamente c’è: su come i Mondiali siano stati assegnati alle varie destinazioni abbiamo già detto tanto, tra le conseguenze va annoverata quella positiva di aver diffuso e dunque fatto attecchire il calcio in Paesi che a malapena lo masticavano. Questa può essere una visione corretta e perché no futurista se però corroborata da una gestione assolutamente trasparente delle assegnazioni: sì, perché la parola chiave a cui dovrà ispirarsi il successore di Blatter in ogni minimo gesto è proprio trasparenza. Il mondo del calcio mai come oggi ha bisogno di vederci chiaro e di non sospettare del prossimo: guai a perdere quest’occasione. La svolta, ogni svolta, è tale se si concretizza come tale. Non a sensazioni, ma con i fatti e con le parole. E con riforme che possano incidere favorevolmente sull’evoluzione di questo sport.