"A guardia di una fede", un capolavoro che rispecchia l'amore per l'Atalanta
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“A guardia di una fede”, un capolavoro che rispecchia l’amore per l’Atalanta

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A guardia di una fede atalanta

Il documentario “A Guardia di una Fede” dedicato a Claudio “Bocia” Galimberti e al mondo ultras Atalanta: una storia da brividi

A.B.C. Atalanta Bergamasca Calcio. Tre parole che a Bergamo si riferiscono ad un senso di appartenenza che coinvolge stadio e città: contesto dove anche il fiocco delle nascite, che sia maschio o femmina, è sempre nerazzurro. Il motore di questo coinvolgimento sono coloro che questo senso di appartenenza lo vivono, amano e tramandano all’insegna dell’unione e di essere a guardia di questa squadra, a guardia di Bergamo, “A guardia di una fede”.

Il documentario girato da Andrea Zambelli è qualcosa che colpisce nel profondo, giocando molto su malinconia, amore per l’Atalanta ed empatia nei confronti di Claudio Galimberti: storico punto di riferimento della Curva Nord. Una storia che parte da lontano quando “Il Bocia” cambiò la tifoseria nerazzurra mettendo l’Atalanta come priorità al di là dei gruppi e differenze di mentalità: la consapevolezza che per combattere l’élite del calcio serve una tifoseria compatta.

“L’Atalanta o c’è l’hai dentro o lasci stare”. Tifare la squadra della propria città indipendentemente dai risultati, far capire agli avversari cosa vuol dire affrontare il popolo dell’Atalanta, dove una Curva ha il dovere di coinvolgere lo stadio e di conseguenza tutta Bergamo stessa.

Documentario che racconta l’uomo Claudio Galimberti. Una persona che ha dato tanto all’Atalanta ricevendo rispetto e stima per le azioni fatte: dalle prime trasferte alla balconata, dalla nuova mentalità ultras alla Festa della Dea, dalla repressione alla lotta contro la tessera del tifoso, fino alla beneficienza fatta in tutti questi anni (da Amatrice all’Aquila fino al sostegno alla famiglia di Yara) perché Bergamo non lascia indietro nessuno. Una persona che ha dovuto affrontare molte difficoltà, soprattutto chi detestava la sua persona usando ogni singola scusa per colpirlo, etichettandolo come un criminale: arrivando anche ad esiliare un grande uomo soltanto perché aveva dato tanto ad una Città che ancora oggi lo porta sul palmo di mano.

Oggi Claudio è a Senigallia, dove Città Alta ha lasciato spazio al mare, guardando l’orizzonte con la malinconia di casa. Nel dolore però c’è la consapevolezza di aver lasciato un segno, come quando un genitore da lontano osserva il figlio cresciuto, perché l’Atalanta non è dipendente da risultati, fenomeni o trofei, bensì dai suoi tifosi. Citando le parole del Bocia: “L’Atalanta siamo solo noi”. A Guardia di una Fede prima, durante, dopo.