2015
Antonio Cabrini e il peso di quel Mundial: «Spagna ’82 fu vittoria trasversale»
Il terzino azzurro, assieme ad altri campioni, ha consegnato a ‘Football Heroes’ la Coppa FIFA vinta 33 anni fa
Domani saranno 33 anni esatti dalla meravigliosa notte di Madrid, quando l’Italia di Enzo Bearzot vinse il suo terzo, cinematografico Mondiale sconfiggendo in primis lo scetticismo di un’intera nazione (giornalistica e non). Ieri, in compenso, si festeggiava il ‘quasi decennale’ di Berlino 2006 quando gli Azzurri di Marcello Lippi conquistarono il loro quarto Mondiale battendonon solo la Francia, ma l’odio giustizialista di trenta milioni di italiani (juventini esclusi, forse). Prima, molto prima, c’erano state le vittorie di Roma ’34 e Parigi ’38 quando il premio messo in palio era ancora una vittoria alata in oro massiccio con sotto impresso un nome da far tremare i polsi: Jules Rimet, il papà dei Mondiali.
Quale migliore occasione cronologica, dunque, per visitare il museo ‘Football Heroes’ di Milano (piazza San Babila, incrocio Porta Venezia 2) dove le ‘quattro stelle’ presenti sulla maglietta della nostra Nazionale hanno ripreso intesamente a brillare? Alla presenza di Antonio Cabrini e Fulvio Collovati (ambasciatori di Spagna ’82), Gianluca Zambrotta (Germania 2006), Aurelia Ferrari (figlia di quel Giovanni che vinse le Rimet del ’34 e del ’38 agli ordini del CT Vittorio Pozzo) e di varie autorità e firme mediatiche del nostro calcio (il Direttore Generale AIC Gianni Grazioli, il Direttore Generale della FIGC Michele Uva più Andrea Monti della Gazzetta dello Sport) abbiamo assistito alla materializzazione aurea dei quattro trofei in questione. Che ovviamente non sono quelli originali (la vera Coppa Rimet fu rubata in Brasile nel cuore degli anni ’80 e mai più ritrovata, l’attuale Coppa FIFA è rinchiusa nel caveau di qualche inespugnabile banca svizzera), ma le riproduzioni assolutamente identiche a quelle transitate per le mani di Meazza, Piola, Zoff, Rossi, Cannavaro, Totti e diversi altri.
Tra le suddette braccia fortunate c’erano anche quelle di Antonio Cabrini. Il Bellantonio, attuale CT della Nazionale italiana femminile, che abbiamo intercettato ai nostri microfoni qualche istante dopo aver lasciato la Coppa ’82 (ed una marea di ricordi) nel suo attuale ‘domicilio’. Vale a dire una teca protettiva che la ospiterà in quel di Milano da qui fino ad oltre un mese. Prima di fare ritorno a casa, al museo azzurro di Coverciano, assieme alle sue tre ‘sorelle’.
Antonio, l’ ‘effetto 1982’ pare non finire mai: ressa, applausi, flash, lacrime di commozione quando è entrata la Coppa del Mondo…
«É quello che io amo chiamare l’effetto ‘trasversale’ di quel Mundial…»
Trasversale?
«Sì, se ancora oggi stiamo a celebrare Spagna ’82 – nonostante la successiva vittoria di Berlino 2006 – vuol dire che quell’impresa non appartiene solo a chi l’ha vissuta in diretta. In quel caso si tratterebbe di nostalgia bella e buona. Invece c’è stato un passaggio di consegne: i papà hanno fatto vedere ai figli le immagini di quel torneo tramandandone il mito. Non ti dico quanti ragazzini di 10 anni si avvicinano a me dicendomi: ‘Ma tu sei Cabrini! Ti ho visto giocare… su YouTube!’ (ride)»
Poco fa il tuo collega Collovati ha dichiarato ai media: “Impossibile riassumere il trionfo dell’82 in due minuti”…
«Fulvio ha completamente ragione. Come si fa a sintetizzare una competizione di un mese che ha messo assieme prima sofferenza, poi entusiasmo ed infine una gioia incontenibile? Ora si fa un gran parlare di crisi greca, instabilità europea, problemi diffusi, ma ti posso assicurare che l’Italia pre-’82 era messa ben peggio di questa attuale. Poi successe quel che successe e noi italiani riprendemmo il volo. La chiave di quella vittoria? Beh, sarà banale, ma bisogna tornare a fare i complimenti ad un gruppo che ci ha sempre creduto.»
Un gruppo di cui faceva parte anche Gaetano Scirea. Mi pare imprescindibile ricordarlo proprio oggi.
«Ovviamente sì. Gai era per tutti un grande atleta ed una pedina fondamentale di quella Nazionale. Per me, invece, era essenzialmente un amico. Un amico speciale. Bisognerebbe aver avuto la fortuna di conoscerlo fuori dal campo per parlare ore ed ore di Scirea, raccontarlo a pieno. Ed io quella fortuna l’ho avuta.»
Che successe nello spogliatoio del Bernabeu – l’11 luglio del 1982 verso le 22:30 – quando la porta si chiuse finalmente alle vostre spalle?
«Non me lo ricordo. Nel senso che allora non me ne resi conto tanta era la stanchezza fisica mischiata all’euforia di quel momento storico. Voglio dire: io avevo anche sbagliato un rigore contro la Germania Ovest! Era il minimo che mi sentissi un po’ stravolto… (sorride)»
Quando subentrò la piena consapevolezza?
«Fin dal giorno dopo. Quando rientrammo in Italia, dopo una notte in bianco, direttamente sull’aereo presidenziale di Pertini. Ci accolse una folla enorme, incredibile, indescrivibile. E da allora le dimostrazioni d’affetto non sono più cessate.»
Prima ti ho visto un po’ in difficoltà a sollevare la Coppa…
«Il fatto è che questa copia pesa decisamente più dell’originale! Con quella là ci facevi tranquillamente il giro di campo alzandola per aria, con questa non credo! (risate)»
Voi comunque l’originale ve la portaste in Italia.
«Sì, all’epoca era ancora permesso. La FIFA ti lasciava la vera coppa per un determinato periodo di tempo e poi la dovevi restituire ricevendone in cambio una copia identica all’originale, ovvero il trofeo che trovate esposto in questo bel museo. Adesso invece so per certo che devi ridarla indietro appena terminati i festeggiamenti di rito.»
Chiudiamo con una considerazione scaramantica: l’Italia, dal 1970, ogni 12 anni va in finale in un Mondiale. Successe a Messico ’70, Spagna ’82, Usa ’94 e Germania 2006. Quindi vuol dire che a Russia 2018…
«Eh, attacchiamoci alla cabala, attacchiamoci a qualsiasi cosa! (ride) L’importante è andare avanti e, da questo punto di vista, servono essenzialmente due eccellenze: un gruppo compatto ed un allenatore speciale tipo Conte.»
Antonio Cabrini racconta per CalcioNews24 il rigore (ininfluente) contro la Germania Ovest: leggi qui.
Paolo Rossi rilegge per noi il suo pazzesco Mundial del 1982: leggi qui.