Atalanta, stagione fallimentare se Gasperini non arrivasse in Europa?
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Atalanta, stagione fallimentare se Gasperini non arrivasse in Europa?

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L’Europa che l’Atalanta di Gasperini deve raggiungere, e quell’etichetta chiamata “fallimento” in caso dovesse mancare

Se l’Atalanta non va in Europa è una stagione fallimentare. Una frase che nelle ultime settimane ha diviso gran parte della critica: tra chi concordava su tale affermazione e dall’altra coloro intenti a rimarcare l’aspettativa troppo alta per una squadra come quella nerazzurra, ultimo ad essere di questa opinione è stato Gian Piero Gasperini nel post partita contro la Fiorentina.

Tralasciando il discorso Champions visto come una ciliegina sulla torta, dall’altra l’Atalanta rimane pur sempre una grande del calcio italiano: prima sorpresa poi realtà e infine normalità di vederla lottare per un posto in Europa. Riferimento non solo esplicitamente dichiarato dalla società composta dal duo Percassi-Pagliuca, ma anche sotto il profilo degli investimenti: per quanto il “come” possa essere giudicato tramite mille sfaccettature, sono stati spesi 100 milioni di euro.

Alzando gli standard è chiaro che le aspettative diventano coerenti con le intenzioni oggettive della società: impattando non poco sui giudizi, soprattutto se non sei una macchietta. Fallimento è un termine che induce al catastrofismo perché si è visto di peggio? Va bene, ma rimane comunque un traguardo mancato e di conseguenza la critica (dai piani alti alla stampa) non tarda ad arrivare: lo è stato quando la Dea retrocedeva, lo è che ora i bergamaschi sono in alto.

Nell’ambito tifo con o senza Europa l’Atalanta la si segue sempre e comunque, però è normale che sugli spalti ci si aspetti di più visti gli standard. Mai accaduto? Storicamente nel 1991-1992 ci si lamentava del fatto di vedere il sogno UEFA sfumato per una questione di appagamento dopo la salvezza (e in quegli anni si ragionava come oggi), così come nel 2001-2002 si erano spesi 80 miliardi inducendo a voler fare il grande salto.

Gasperini ha tracciato una linea che la società ha seguito e fatto sua alzando l’asticella in questa stagione, e la situazione non è quella del “se va bene siamo grandi, se va male tanto siamo pur sempre l’Atalanta”: l’essere grandi è anche nella cattiva sorte, visto che la Dea non è intenzionata a tornare indietro.