Serie A
Roberto Beccantini racconta la sua storia: nel mezzo anche quella che fu la famosa sentenza Bosman
Roberto Beccantini sicuro su quella che è stata la sentenza Bosman
Sul Corriere dello Sport Roberto Beccantini ripercorre, a trent’anni di distanza, la storica sentenza Bosman del 15 dicembre 1995, che «fece esplodere l’arsenale dello sport» .
liberalizzando il mercato dei calciatori nell’Unione Europea. Un evento che ha segnato un prima e un dopo nel mondo del calcio, mandando in soffitta il vecchio sistema dei parametri e dei vincoli contrattuali che legavano i giocatori ai club anche dopo la scadenza del contratto. Beccantini ricorda come, alla vigilia del “Big Bang”, Roberto Baggio fosse stato uno degli ultimi a generare un ingente indennizzo (18 miliardi di lire) nel suo trasferimento dalla Juventus al Milan.
Poi arrivò Jean-Marc Bosman, centrocampista belga di modesta caratura, che con la sua battaglia legale contro la Federazione belga e il Liegi ottenne la libertà di trasferirsi gratuitamente a fine contratto. Una vittoria che ha trasformato il mercato libero nel «viagra del sistema», spostando il potere dalle società ai procuratori, figure come Jorge Mendes e Mino Raiola che hanno scalato le gerarchie dell’influenza mediatica ed economica.
L’articolo rievoca le reazioni dell’epoca, tra l’attendismo dell’UEFA di Lennart Johansson, le previsioni rassicuranti (e sbagliate) di Antonio Matarrese («Non prevedo attentati alle istituzioni»), e i timori di Luciano Nizzola e Mario Pescante. Spicca, riletta oggi, la dichiarazione di Luciano Moggi, allora dirigente della Juventus: «L’abolizione del parametro potrebbe mandare in fallimento i club. Abbiamo delle plusvalenze che sono un sostegno importante per i bilanci. Senza indennizzo, si trasformeranno in debiti». Un presagio, nota Beccantini, che fa sorridere alla luce delle successive vicende.
La sentenza Bosman ha avuto un impatto devastante su modelli virtuosi come quello dell’Ajax, basato sulla formazione dei giovani e sulla loro valorizzazione economica. Beccantini conclude con un’amara riflessione sul destino di Bosman stesso, il “piromane” che non ha beneficiato della sua rivoluzione, a differenza del suo avvocato Jean-Louis Dupont: «Bosman, per non far morire i colleghi (anzi), in un certo senso si è ammazzato».