Calafiori: «Sono diventato grande grazie a un INFORTUNIO»
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Calafiori: «Sono diventato grande grazie a un INFORTUNIO. C’è una COSA che devo migliorare. Io come STONES? Tutto merito di MOTTA. Mourinho mi ha bocciato, però…»

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Ecco le parole di Riccardo Calafiori, difensore del Bologna, raccontando la sua esperienza e la sua cavalcata fino alla Champions

Protagonista di un’annata memorabile, culminata con la doppietta in Bologna-Juventus, Riccardo Calafiori si è raccontato a Sportweek.

DIVENTARE ADULTI IN UN ATTIMO – «Ti riferisci a quell’infortunio al ginocchio, immagino. Sì, è vero, magari ho rischiato di fermarmi con la carriera ma sai una cosa? A un certo punto, anziché abbandonarmi al piangersi addosso ho fatto altro. Ho lavorato. Sudato. Sperato. E ho pensato ad arricchirmi di quell’esperienza, cercando di trarne benefici e insegnamenti. E sono cresciuto mentalmente».

AVERE 22 ANNI – «I miei ventidue anni sono diversi da quelli di altri ragazzi della mia età. Dipende dall’esperienza, ma sono diversi».

INFORTUNIO NEL 2018 – «Essendo giovane magari l’incoscienza, la sana incoscienza, mi ha aiutato. E grazie alla famiglia e agli amici più vicini ho voluto farcela. Quando mi sono ripreso, dandoci dentro come non mai, sai che soprannome mi ha dato mio padre? Ruspa: perché ero travolgente, non mi fermavo davanti a niente, palla o gamba come si suol dire (sorride, ndr), andavo avanti come se dovessi recuperare tutto».

UN DIFENSORE COME STONES – «Beh, il difensore del City è un riferimento, non c’è dubbio. Parte però tutto dalla libertà che ti dà l’allenatore. Motta mi ha visto da subito anche centrale difensivo: con lui ho imparato un mare di cose. Come definirei Thiago? Rivoluzionario, intelligente, rigoroso, preciso».

PERSONALITA’ «Credo di avercela sempre messa: sono un taciturno, magari a volte avrei dovuto parlare di più. Ma devo sempre migliorare: anche nel destro, per esempio».

MOURINHO – «Con lui cominciai anche abbastanza bene, poi ci fu la gara contro il Bodo in cui perdemmo 6-1: da lì le cose precipitarono. Io cominciai a guardare dalla panchina, le scelte andarono su altri ma la mia necessità e volontà erano quelle di giocare. Fu una sua scelta, certo, ma ti dico anche una cosa: io e Mou ci sentiamo, mi ha scritto diversi messaggi, c’è un bel rapporto fra noi»