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Il punto di Sconcerti: «La rivoluzione non può farla Di Biagio»

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Mario Sconcerti sul Corriere della Sera: « Il vero problema non è più l’avversario da molto tempo, siamo noi»

Sconfitta senza appello. Netta e meritata. L’Italia vista contro l’Argentina non può e non deve essere quella che nascerà dalle macerie del disastro mondiale contro la Svezia. Troppo brutta per essere vera, contro un Argentina rimaneggiata, priva di Messi e che si preoccupava più di piacere al suo tecnico che di tirare in porta. Di Biagio non è esente da colpe, ma imputargli di non aver dato gioco e brillantezza ad una Nazionale mai così grigia è francamente troppo. Lo sa bene Mario Sconcerti che dalle colonne del Corriere della Sera spiega: «La rivoluzione può farla un capo stabile, non uno che ha l’incarico per due settimane. Di Biagio ha giustamente pensato a se stesso, la rivoluzione era un rischio che non meritava. Ha provato con quello che aveva e il risultato è tornato puntualmente a essere lo stesso».

C’è un aggravante. Le novità rappresentate da Cutrone e Chiesa sono state praticamente irrilevanti. L’esterno della Fiorentina non ha toccato un pallone, così come la punta rossonera. Ma, come rimarca Sconcerti: «Non è un problema di risultato, con l’Argentina oggi perdere è quasi un destino. È il poco visto che annuncia di nuovo la difficoltà. Siamo davvero a corto di argomenti, come se il buio fosse diventato un mestiere. Sotto tanti aspetti è stata una partita ingiusta perché di nessuno». Il problema, quindi, non è l’avversario ma noi stessi. Siamo soli. Abbiamo anni e anni di sconfitte alle spalle, perfino con Lippi, perfino con Prandelli. Non costruiamo più giocatori e sopravvalutiamo quelli che abbiamo. Una ripartenza, in queste condizioni, è più dura che mai.