«Ma io sono laziale»: gli «anni belli» di Sinisa Mihajlovic
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«Ma io sono laziale»: gli «anni belli» di Sinisa Mihajlovic

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Ad un anno dalla morte di Sinisa Mihajlovic, un ricordo dei suoi anni alla Lazio, definiti dalla moglie gli anni più belli

«Io sono biancoceleste. Per quello che ho vinto e per quello che mi hanno dato i tifosi della Lazio. Rispetto la Roma e i suoi sostenitori, ma io sono laziale». É una delle frasi più note di Sinisa Mihajlovic e oggi, a un anno esatto dalla sua scomparsa, la moglie Arianna Rapaccioni sul Corriere della Sera ha parlato proprio del suo periodo biancoceleste come quello degli «anni più belli»: «Quelli in cui abbiamo creato tutto, quelli della Lazio dal 98 al 2004. Nel ‘98, è nata la seconda figlia, poi sono arrivati lo scudetto del 2000, il terzo e il quarto figlio. A proposito, ci tengo a ringraziare i tifosi della Lazio, che fanno tanto per ricordare mio marito».

Vicende familiari e carriera calcistica si incrociano e si rafforzano, rendendo il serbo una vera e propria icona per la gente della Lazio. Le motivazioni possono essere tante e certo un peso ce l’ha anche il suo contributo per il tricolore: in quella stagione Mihajlovic registrò numeri mai toccati prima in Italia, né in termini di presenze, né per gol fatti (13 contando tutte le competizioni). Sinisa calciava anche i rigori, anche se sappiamo bene che la sua specialità erano le punizioni, nelle quali possedeva una tecnica diversa dagli altri specialisti. Uno dei migliori complimenti glielo fece Angelo Peruzzi, che quando arrivò per giocare nella Lazio – proprio come lui, aveva avuto un passato romanista – disse esplicitamente di essere contento di averlo come compagno perché non sopportava più di trovarselo da avversario sui calci da fermo. Ma quel che non si deve dimenticare, nel gioco di Mihajlovic, era la capacità di effettuare lanci anche di 60 metri, che rappresentavano la fortuna degli attaccanti veloci.

Sembrava spesso arrabbiato, Sinisa, quando si muoveva in campo. Era l’atteggiamento figlio di una determinazione estrema, non c’è stata partita nella quale è sembrato vivere di rendita della credibilità acquisita nel corso degli anni. E poi, non è stato incapace anche di sorridere, anche agli avversari. Nel 2000-01, in un Lazio-Perugia dove si è presentato agli undici metri, prima della battuta gli si è avvicinato il portiere Mazzantini per dirgli «Tanto te lo paro». Sono cose che si fanno, in certi momenti. Miha non si è fatto condizionare, ha messo il pallone alle sue spalle ed è andato da lui per rivolgergli un buffetto.