Milan, perché la Coppa Italia non è la Coppa del mondo
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Milan, perché non è la Coppa del mondo

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Milan, è tempo di finale di Coppa Italia: battere la Juventus avrebbe un sapore diverso. Ma non parliamo di Coppa del mondo

Finale di Coppa Italia: Juventus contro Milan. Chi la vince consecutivamente da tre anni, chi proverà stasera a ribaltare il pronostico e portarsi a casa un titolo stagionale. I bianconeri se la giocheranno dall’alto delle proprie certezze ma preoccupati da uno stato di forma assolutamente precario, il Diavolo – per costruire le proprie certezze – dovrà partire proprio da stasera, incamerando la fiducia che un eventuale successo si porterebbe dietro. Peraltro ottenuto da outsider, contro un avversario giocoforza più quotato. Il parallelo va all’ultima gara di campionato disputata: il Milan ha tenuto sotto scacco la Juventus sul suo campo per larghi tratti della contesa, salvo poi cadere nel finale di gara e tornare a casa con il sacco vuoto. Inesperienza? Poca fortuna negli episodi? Individualità meno incisive? Come spesso avviene la verità prende qualcosa da ogni elemento per comporre quello che si configura come il risultato finale.

Juventus-Milan, la partita

Dunque si parte da quella gara di campionato per esaltare quanto di buono fatto e – nella migliore delle ipotesi – smussare i difetti mostrati nei momenti chiave della gara. Quando allora, a detta proprio dell’allenatore rossonero Gennaro Gattuso, la differenza fisica tra le due squadre scavò il solco finale. Oggi che la Juventus non appare così brillante in termini di reattività atletica, il Milan sa in anticipo dove andare a sbattere: nel senso, può impostare la sua partita consapevole di potersela giocare alla pari anche in termini di impatto fisico. Il resto lo fa il percorso già intrapreso: valorizzare la tecnica a disposizione, non limitarsi a rispondere all’avversario ma diventare, giorno dopo giorno, padroni del proprio destino. Il Milan prova a gestire la palla e fa bene a non rinunciare, che l’avversario si chiami Juventus o che risponda ad una realtà meno quotata. Ha i calciatori per riuscire nel suo intento, per presentarsi strada facendo come una squadra di personalità e non limitata all’interpretazione della ripartenza. La Juventus resta favorita per il discorso delle individualità, che le consentono di vivere una giornata negativa e venirne comunque a capo, fattore che il Milan dovrà essere abile quantomeno a contenere.

Milan, il senso (errato) di Gattuso

Nella conferenza stampa di presentazione della finale di Coppa Italia, l’allenatore del Milan Gennaro Gattuso, peraltro irrompendo su una domanda posta al capitano rossonero e grande ex di turno Leonardo Bonucci, ha accostato l’obiettivo di vincere la Coppa Italia alla conquista della Coppa del mondo. In un anno di rifondazione per il Milan, con il chiaro intento di dare il senso della gara, di suonare la carica in uno spogliatoio che in effetti dà la continua sensazione di dover essere motivato. Richiamato a dare il massimo, pena quei cali di concentrazione che costano caro in termini di raccolto finale. Dunque in tal senso, volendo, Gattuso fa bene ad alzare l’asticella: alla stregua di un ci giochiamo la Coppa del Mondo, non dormite. Oltrepassata questa considerazione però, il senso dell’affermazione perde di valore. La sessione estiva di calciomercato condotta dalla dirigenza rossonera aveva inevitabilmente elevato il tenore della stagione e delle aspettative intrinseche all’immediato futuro: al Milan era richiesto, come target minimo per aderire alle ingenti operazioni condotte in porto dall’amministratore delegato Fassone e dal direttore sportivo Mirabelli, di centrare l’accesso alla prossima edizione della Champions League. Per una serie di ragioni di chiara evidenza, su tutte quella di rientrare in termini di spesa proprio dallo sforzo economico appena effettuato. Con tanto di controllo e paletti imposti dal financial fair play della Uefa, che ha puntualmente chiesto il conto al Milan nelle recenti settimane, alla luce dei mancati fondi derivanti dall’accesso alla prossima Champions League. La finale del Mondiale rossonero era questa: il quarto posto. Anche il quarto posto, un tutt’altro che irraggiungibile quarto posto. C’era chi, mosso emotivamente dalla roboante campagna acquisti, si era lasciato andare ed aveva cullato l’ipotesi scudetto: no, non c’è stato modo e tempo. Ma il quarto posto, almeno il quarto posto, quello doveva arrivare: ne paga la continuità del progetto, ragion per cui la finale di Coppa Italia – seppur traguardo di indubbio valore – non può prenderne le veci.

Milan e futuro

Allo stato dell’arte difficilmente declinabile. La società rossonera si è assunta un rischio importante: quello di affidare il Milan che verrà ad un allenatore che mai aveva allenato in Serie A. Che ha sì impresso un buon cambio di ritmo e di andamento rispetto alla precedente gestione Montella, ma che si è comunque macchiato di alcuni elementi di riflessione: il solo punto ottenuto nelle due sfide con il Benevento, segnale di una tenuta mentale non propriamente solida, la sonora eliminazione incassata in Europa League dall’Arsenal (quella sì che poteva essere una finale di Coppa del mondo), un percorso che comunque non ha portato particolarmente lontano, tenuto conto dell’attuale sesto posto in classifica occupato dal suo Milan, con Atalanta e Fiorentina alle calcagne. E con uno scontro diretto di clamorosa rilevanza da disputare contro i terribili uomini di Gasperini. Gattuso ha ragione su un assunto: chiudere al meglio l’attuale stagione rappresenta l’assist ideale per ripresentarsi al meglio ai nastri di partenza della prossima. Magari sostenuti da una campagna acquisti che, seppur inevitabilmente non roboante come quella passata, andrà a smussare alcuni limiti della rosa. Non ce la sentiamo di porre particolari dubbi sulla posizione di Gattuso, a prescindere da quel che avverrà in queste partite: il Milan, rischiando, gli affidato il prossimo triennio. Toccherà a Ringhio e la certezza è una sola: l’allenatore ce la metterà tutta e scandaglierà ogni strada possibile e impossibile per riportare il Milan alle altezze che gli spettano. Quelle toccate dal e con il Gattuso calciatore.