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Napoli Anguissa, il segreto nascosto che nessuno vuole vedere, i numeri che certificano la sua importanza
Napoli Anguissa sono legati da un equilibrio fragile: senza il suo guerriero silenzioso, la squadra rischia di perdere molto più di un semplice centrocampista
Il cuore che regge tutto
C’è un dettaglio che a prima vista sembra sfuggire, quasi nascosto sotto il rumore degli infortuni, delle polemiche e del calendario che incombe come una tempesta. Il Napoli vive attorno a un equilibrio sottile, e quel filo invisibile si chiama Frank Zambo Anguissa. L’infortunio alla coscia sinistra, certificato dalla Federazione del Camerun e approfondito dai medici del club, è una crepa profonda che rischia di allargarsi proprio nel momento più delicato dell’anno.
Il suo stop non riguarda solo la sua assenza fisica. È il principio di un vuoto tecnico, tattico e psicologico che potrebbe cambiare il volto del Napoli più di quanto non si possa immaginare. L’impressione è che la squadra si sia affidata a lui in maniera eccessiva, trovandosi ora a dover affrontare una realtà che non è preparata a gestire.
Un giocatore che non appartiene a una sola definizione
Anguissa è “l’incontrista senza eguali” del Napoli, il centrocampista che corre, rompe il gioco e tiene in piedi l’intera struttura. Ma i numeri raccontano un giocatore più complesso, quasi sfuggente. In termini di contrasti puri, intercetti e letture difensive è persino sotto la media rispetto ai pari ruolo dei top 5 campionati. Non è il mediano alla vecchia maniera, quello che vive di palloni strappati e scivolate al limite.
La sua forza sta altrove, e in una zona del campo che non ci si aspetta da chi viene etichettato come “uomo di rottura”. Anguissa è uno che entra in area più di tanti trequartisti, che produce xG da mezzala offensiva, che prova il tiro con una frequenza sorprendente e che attacca lo spazio come se avesse un radar personale. I tocchi negli ultimi metri, le ricezioni verticali, gli inserimenti che spaccano le linee: tutte cose che non assoceresti al tipico mediano, e che invece fanno di lui un profilo quasi unico nel campionato.
Cinque partite che spiegano una stagione intera
LEGGI ANCHE >>> Le ultime cinque gare sono una sintesi perfetta di ciò che rappresenta Anguissa per questo Napoli. Sempre titolare, sempre novanta minuti, sempre nel mezzo del gioco. Contro l’Inter non solo segna, ma partecipa direttamente all’azione del gol di un compagno, mostrando una personalità che va oltre il semplice contributo tecnico. A Lecce, in una partita sporca e pericolosa, mette insieme gol, contrasti, intercetti e letture decisive, quasi a voler dire: “Ci penso io”.
E poi c’è la serata contro l’Eintracht, dove forza, rischia, sbaglia qualcosa, ma produce più di chiunque altro. Un uomo che vive di corse, di energie spese senza calcolare troppo, e che con quel modo di interpretare il ruolo trascina l’intera squadra in avanti, sempre. È questo accumulo costante, questa generosità che non conosce freni, ad aver probabilmente portato il suo fisico a segnalarne il limite.
Il punto di rottura che fa tremare tutto
L’infortunio arriva nel momento più sbagliato: Atalanta, Roma, Juventus, Udinese e una doppia sfida decisiva in Champions. E poi la Coppa d’Africa. Significa che il Napoli perderà Anguissa proprio quando avrebbe avuto più bisogno del suo all-in tecnico e fisico. La squadra non ha un sostituto con caratteristiche simili: chi è troppo tecnico non ha la sua corsa, chi è troppo intenso non ha il suo ordine, chi si muove bene tra le linee non ha la sua presenza difensiva.
La verità è che Anguissa non è insostituibile perché sia il miglior mediano del mondo, ma perché è il solo in grado di unire due funzioni fondamentali: coprire lo spazio e attaccarlo, difendere con l’anticipo e ribaltare il fronte palla, proteggere la squadra al centro e rompere l’inerzia negli ultimi trenta metri. Senza di lui, il Napoli diventa una squadra più piatta, più prevedibile e inevitabilmente meno fisica.
Una dipendenza che dice molto di più
Il dato più inquietante non riguarda Anguissa, ma tutto ciò che lo circonda. Se un centrocampista con numeri difensivi così “normali” diventa l’unico pilastro della fase di non possesso, significa che il reparto è stato costruito senza alternative credibili. Se un giocatore che vive di inserimenti e strappi deve reggere anche la copertura, allora qualcosa nella pianificazione non ha funzionato come doveva.
La verità è semplice e allo stesso tempo preoccupante: il Napoli ha fatto di Anguissa il proprio equilibrio senza costruire un piano B. E ora che questo equilibrio si spezza, rischia di franare tutto ciò che si reggeva sopra.
E ora?
Il rientro dalla nazionale, la risonanza, l’attesa per una diagnosi più precisa: tutto ruota attorno alla speranza che il danno sia minimo. Ma a prescindere dalla durata dello stop, il Napoli dovrà imparare a vivere senza l’uomo che aveva sostenuto metà stagione con una generosità che oggi presenta il conto.
E chissà che proprio questa assenza non renda finalmente evidente ciò che tanti hanno preferito non vedere: Anguissa non era solo un centrocampista importante. Era, e resta, il filo che teneva insieme tutto. Ora spezzato. Ora da ricostruire.