Parma, Lucarelli si racconta: «Dopo 17 anni d’amore la mia storia con il club meritava un altro finale. Manenti un pagliaccio! Sulla lite con Cassano...»
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Parma, Lucarelli si racconta: «Dopo 17 anni d’amore la mia storia con il club meritava un altro finale. Manenti un pagliaccio! Sulla lite con Cassano…»

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Parma, parla l’ex capitano Lucarelli: «Dopo 17 anni d’amore la mia storia con il club meritava un altro finale. Sulla lite con Cassano…»

Alessandro Lucarelli per Parma è semplicemente “Il Capitano”. Simbolo della rinascita dopo il fallimento del 2015, fu l’unico a firmare in bianco per ripartire dalla Serie D per amore della maglia. Ecco la sua intervista integrale La Gazzetta dello Sport.


L’ADDIO SENZA SPIEGAZIONI «Sono stato mandato via senza avere una spiegazione chiara. L’ho trovata una mancanza di rispetto grave, sia per me come persona che per quello che ho rappresentato per la città di Parma».
UNA FERITA ANCORA APERTA «Non lo so, so solo che avrei voluto ricevere un trattamento diverso. Dopo 17 anni d’amore penso che la mia storia con questo club meritasse tutt’altro finale. Non solo per il mio ruolo, ma anche per l’ottimo lavoro svolto da dirigente. È una ferita aperta che sanguina ancora».
L’ANNO TREMENDO DEL FALLIMENTO «Presidente, direttore sportivo, tutti. Mi hanno lasciato solo a combattere. È stato un anno tremendo. A un certo punto non avevamo nemmeno più i soldi per l’acqua o per andare in trasferta. Noi ci allenavamo e intanto una gru portava via strutture e materiali della società. Sembrava un film di Fantozzi. Invece era vero: un incubo a occhi aperti».
IL RAPPORTO CON GHIRARDI «All’inizio sì, avevamo un rapporto confidenziale. Quando ci esclusero dall’Europa League, conquistata sul campo, mi disse che era solo un errore burocratico e che tutto si sarebbe risolto. Invece fu il Vaso di Pandora, scoperchiò tutto il marcio che c’era sotto. Da lì in poi, mai più visto. È stato il primo a scappare».
LA PARENTESI MANENTI «Un pagliaccio. Fece quella conferenza stampa dal nulla, senza essersi presentato a nessuno. Poi venne in spogliatoio con un foglio bianco con scritto ‘100 milioni’. Dopo due settimane, ci disse che avevano sbagliato Iban a cui mandare i soldi. Io andai in banca e lo chiamai da lì… non sa quante gliene ho dette…».
LA DELUSIONE «Sicuramente Ghirardi. Ma più di lui i giocatori che rifiutarono di abbassarsi l’ingaggio. E poi, in città o nelle interviste, facevano quelli innamorati del Parma. Mi fanno schifo. Non serve fare nomi, loro sanno a chi mi riferisco».
IL CASO CASSANO «Quello di Antonio è un caso a parte. Lui scelse di andare via e questo ci sta, ma sbagliò a tradire un patto fatto nello spogliatoio».
LA LITE SFIORATA IN SPOGLIATOIO «Io avevo proposto alla squadra di aspettare prima di mettere in mora la società. Antonio, invece, fece di testa sua. Alla vigilia di una partita col Cesena andò da un giornale a raccontare tutto. Poi andò sotto la curva a parlare con i tifosi… proprio lui che non aveva mai voluto farlo. Mirante gli urlò “puoi smettere di fare il fenomeno Anto”. Io ero squalificato e scesi dalla tribuna di corsa: andai in spogliatoio convinto di prenderlo a pugni. Per sua fortuna ci separò Luca Bucci, allora preparatore dei portieri. Tempo due giorni e rientrò tutto. Noi ci chiarimmo, ma lui scelse ugualmente di rescindere e andare via».
LA FIRMA IN BIANCO IN SERIE D «Firmai in bianco a ventimila euro a stagione. Non mi importava. Per il Parma ho sempre ragionato col cuore, più che con il portafoglio. Ricordo la prima partita, ad Arzignano, in un campo di patate. E pensare che sei mesi prima giocavamo a San Siro. Ma quando fai le cose per amore non ti pesano. Riportare la squadra dai dilettanti alla Serie A è stata la cosa più bella della mia vita».
IL RAPPORTO CON IL FRATELLO CRISTIANO «Non è mai stato un peso, mio fratello è un fenomeno. A Livorno ha fatto la storia. Siamo stati entrambi capitani e simboli di una città. Credo sia questione di Dna…».

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