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2014

Madrid ai piedi di Carlo

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Primo tempo scioccante del Real Madrid: Bayern a tappeto, pazzesca dimostrazione di forza

CHAMPIONS LEAGUE BAYERN MONACO REAL MADRID – Nella notte della verità all’Allianz Arena, con le due squadre più forti del pianeta a giocarsi l’accesso alla finalissima di Lisbona, la partita che assegnerà la Champions League 2013-14, si accende la stella del Real Madrid: uno 0-4 spaventoso che manda nel baratro gli uomini di Guardiola e lancia i Blancos verso la tanto agognata Decima.

IL CALCIO E LE SUE STORIE IMPOSSIBILI – Torniamo un attimo indietro, soltanto a sei giorni fa: è vero che il Real anche tra le mura amiche del Bernabeu è riuscito ad imporsi sull’avversario, ma la prestazione offerta dal Bayern Monaco fu letteralmente impressionante per qualità e personalità. Non soltanto il 70% del possesso palla ma un vero e proprio brevetto di stile: in pochi mesi tedeschi già praticamente identici al glorioso Barcellona di Guardiola e con quel necessario coraggio e mentalità per imporre la propria proposta calcistica ovunque. Anche in casa di un Real Madrid che storicamente fa sempre la gara se non quando incontra Guardiola. Bene, tutto valido fino alla notte di Monaco: resettate il cervello e siate pronti ad ascoltare una storia tutta nuova.

IL CAPOLAVORO DI ANCELOTTI – Quanto la sa lunga il buon Carletto. Un diktat: siamo il Real Madrid, aggrediamoli e mettiamo subito in chiaro le cose. Facile a dirsi, in questo caso ancor di più a farsi: uno-due terribile firmato da un Sergio Ramos in versione monstre, Allianz Arena gelato. Poi il doppio timbro – uno per tempo – di un disumano Ronaldo: sedici reti in una Champions League giocata da alieno e record di sempre. E 250 in maglia blanca. Viene da chiedersi: ma come ha fatto Carlo Ancelotti? Al primo anno alla guida di una squadra ossessionata dalla conquista della sua decima Champions League, in una realtà calcistica completamente nuova e dunque con i problemi di ambientamento e lingua che un’esperienza del genere si porta inevitabilmente dietro. Il segreto sta nella tranquillità che l’uomo di casa nostra sa portare ovunque vada: la consapevolezza nei propri mezzi, l’esperienza nella gestione delle complessità che lo ha portato ad affermarsi – oltre ovviamente che in territorio italiano alla guida del Milan – già in Inghilterra (Chelsea) ed in Francia (Psg).

SCUOLA ITALIANA CHE SI SA ADATTARE – Il curriculum del nostro Carlo è secondo a pochi: del resto con Guardiola era un faccia a faccia in tutto e per tutto, con le due Champions League da entrambi conquistate alla guida rispettivamente di Milan e Barcellona. E a dirla tutta Ancelotti ne ha disputata una terza, perdendola clamorosamente nella folle notte di Istanbul contro il Liverpool di Rafa Benitez. C’è tutto in questa doppia sfida da tanti additata come finale anticipata: all’andata la capacità tutta italiana di saper soffrire e ripartire per castigare l’avversario al primo errore, al ritorno l’enorme bagaglio di personalità per non tremare in termini di approccio ed imporsi sin dalle prime battute. Un Real farcito di astri ha recepito il diktat e vola verso Lisbona: il Guardiolismo è tutt’altro che sepolto ma ha bisogno di sistemare i dettagli per risultare totalizzante anche in una cultura calcistica diversa come quella tedesca. Senza dimenticare ad ogni modo che il Bayern Monaco, il suo scudetto, lo ha vinto a marzo. Ma in finale ci va Ancelotti: ed è la sua quarta (raggiunge Lippi, che però ne ha perse tre) da allenatore.