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Buon compleanno a… Mirko Valdifiori

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Oggi Mirko Valdifiori compie 37 anni. Otto anni fa, più o meno, esattamente il 31 marzo 2015, scendeva in campo allo Stadium con la maglia azzurra della Nazionale per l’amichevole Italia-Inghilterra. Chiamato da Antonio Conte perché in quel momento era lui il giocatore sul quale puntare per dare ordine e qualità a un centrocampo nel quale, in quella serata, accanto aveva due mezzali come Parolo e Soriano. La prova fu positiva, la Gazzetta la definì così: «Valdifiori è stato intelligente e umile: lui che a Empoli prova spesso la giocata, non ha mai commesso l’errore di esagerare per la troppa voglia di mettersi in mostra. Gli inglesi hanno grandi atleti per il contropiede, sbagliare passaggi in fase di costruzione era un rischio troppo grande. E così ha giocato sì a uno o due tocchi, come è nel suo stile, ma senza strafare». Al suo posto, dopo 67 minuti di un buon esordio, entra Marco Verratti, destinato a una grande carriera. Per Mirko, invece, i sogni finiscono lì, forse condannato dalla troppa semplicità del suo gioco: non tutti sono come il Ct del periodo, che apprezza chi si mette a disposizione delle sue idee. O come Maurizio Sarri, che dall’Empoli se lo porta a Napoli e lo considera centrale nelle sue trame, come confesserà Jorginho a France Football molti anni dopo: «Il nuovo mister si era portato dietro il suo pupillo nel mio ruolo, Valdifiori, e io ero pronto ad andarmene, ma poi mi ha dato una chance e nel suo sistema di gioco mi sono inserito alla perfezione».

Oggi Valdifiori spende la sua passione per il calcio in Serie C, nella Vis Pesaro. Una categoria che aveva conosciuto due decenni fa, più a Nord, nel Pavia e nel Legnano, e dove ha già giocato – pochissime apparizioni, per la verità – l’anno scorso, a Pescara, dov’era arrivato quando gli abruzzesi erano ancora nella serie maggiore.

Torniamo a quel 2015. É il suo settimo anno ad Empoli ed è il primo nel calcio che conta. Mirko ha accumulato presenze su presenze in Toscana e il salto in Serie A ,lo trova più che pronto. C’è anche, ovviamente, il merito del suo tecnico, che regala alla neo-promossa idee e convinzione, facendo di lui la pietra angolare. A fine campionato, Valdifiori sarà anche il miglior rappresentante di un calcio pulito, essenziale, che non va a cercare barocchismi e preferisce la precisione dei passaggi alle invenzioni estemporanee. Sta di fatto che le statistiche certificano che è lui, il direttore di un’orchestra di provincia, l’uomo che tra le 20 squadre ha creato il maggior numero di occasioni. É quanto basta per sentirsi pronto a una nuova avventura, più complicata, con maggiore concorrenza e con uno e più gradini da salire sulla scala delle difficoltà: «Da tempo si parlava del Napoli: io credo nel destino e sono contento che alla fine sia arrivato l’accordo». L’impatto è traumatico: non meno del resto, peraltro, viste le pochissime presenze che colleziona, solo 6 in campionato, sono di più quelle in Europa League dove Sarri concede spazio alle seconde linee. Le prime 3 gare con la nuova squadra sono una sequenza di giudizi spietati, contengono una bocciatura senza appello dopo una manciata di minuti in campo: si scrive che «delle sue verticalizzazioni non c’è traccia», che «si vede appena, anche quando il Napoli gioca di fino ed è padrone del campo» e che «Sbaglia perfino i lanci». Manca solo che i fantacalcisti che hanno puntato su di lui lo denuncino per promesse tradite e il quadro sarebbe tristemente completo.
L’occasione per rinascere è il Torino. Doveva essere la casa granata la sua destinazione, se non ci fosse stato Sarri a convincerlo che era opportuno fare un’altra scelta.

L’ultima esperienza in A la farà a Ferrara e anche con la Spal, come nelle precedenti squadre, non riuscirà a ritagliarsi la soddisfazione di segnare un gol in Serie A.

Perché anche in quel contesto, il suo interesse è altro, anzi, sono gli altri. L’ultima volta che Valdifiori ha alzato le braccia al cielo per una sua rete era il 9 dicembre 2012: Cesena-Empoli 1-3. E che gol, però: tiro direttamente dalla bandierina. E quanti possono dire di esserci riusciti in carriera?