Fabio Capello: «L'infanzia, Berlusconi, il Milan e il Real Madrid: ecco la mia vita» - Calcio News 24
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Fabio Capello: «L’infanzia, Berlusconi, il Milan e il Real Madrid: ecco la mia vita»

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Fabio Capello, ex allenatore e ora opinionista a Sky si è raccontato al Corriere della Sera tra infanzia e carriera

Fabio Capello, 76 anni, ex allenatore di tante squadre vincenti, oggi è opinionista a Sky. Ha un legame profondo con la sua terra d’origine. Nato a Pieris, in provincia di Gorizia, si è raccontato in una lunga intervista al Corriere della Sera, spaziando dall’infanzia alla sua carriera.

PRIMO RICORDO – «É legato al mio paese, Pieris, dove vivevamo in sei con lo stipendio di mio papà, maestro elementare».

DOPOGUERRA – «Non erano certo anni di agiatezza, abitavamo in una casa popolare. Mia sorella dormiva a casa dagli zii perché non c’era posto per tutti».

SVAGHI DA BAMBINO – «Avevamo solo il campo da calcio. Poi, d’estate, i bagni nell’Isonzo, con i tuffi dal ponte sulla ferrovia».

IL GOL DI WEMBLEY – «Quella rete del 1973 che ha propiziato la prima vittoria dell’Italia in Inghilterra ebbe anche un significato sociale. La dedicai ai ventimila camerieri presenti allo stadio, come i nostri connazionali erano stati ribattezzati».

IL RAPPORTO CON BERLUSCONI – «É sempre stato ottimo, da quando da neo presidente del Milan mi fece diventare assistente di Liedholm e poi suo sostituto bel 1987 nelle ultime sei gare di campionato. Mi fece sostenere dei test psicologici con dei cacciatori di teste. Tirò fuori gli esiti quando, dopo Sacchi, mi affidò la panchina della prima squadra».

DIFFERENZE AGNELLI E BERLUSCONI – «L’Avvocato arrivava, faceva battute fulminanti e ci salutava. Era circondato da un’aura di superiorità. Berlusconi invece era carismatico e accessibile allo stesso tempo».

REAL MADRID – «Dopo i successi con il Milan, mi chiamò il presidente Sainz che mi fece tre anni di contratto. Il Real è stata un’esperienza unica, annusi l’aria e capisci di essere nella prima squadra del mondo. Dopo aver vinto la Liga, arrivò la telefonata di Berlusconi. A malincuore a Sainz dissi “mi deve lasciare andare, a quell’uomo devo tutto”».