2012
Gianfelice Facchetti: “Tanto fango su papà . Capitan Futuro…”
Gianfelice Facchetti, figlio di Giacinto Facchetti, ex bandiera e dirigente dell’Inter, è stato intervistato da “Panorama” in vista della presentazione del volume pubblicato dallo stesso figlio dell’ex idolo nerazzurro, intitolato “Se no che gente saremmo – Giocare, resistere e altre cose imparate da mio padre Giacinto (Longanesi, 2011)”.
Facchetti jr. parla della figura di Giacinto nella sua crescita e spiega: “Più facilitato o messo in difficoltà dal mio cognome? Un po’ e un po'”¦ Certo, essere oggetto di un confronto con un uomo come lui pesa. Ma è una sensazione più legata all’adolescenza. Crescendo e trovando la mia strada, ho scoperto il piacere di portare in giro un nome che fa parte della storia sportiva nazionale. In fondo, in quel nome ci sono le mie radici, di cui vado fiero. Chi era per me Giacinto da bambino: figurina o padre? Un padre come altri. Anche perchè lui faceva di tutto per esserlo. Anche se a tratti qualcosa del suo essere capitano della Nazionale e dell’Inter filtrava. In fondo l’ho visto giocare poco: papà ha smesso nel ’78, quando io avevo 4 anni. Di quel periodo, mi sono rimaste dentro le “gite” ad Appiano Gentile. Chi era invece per me da adulto? Da un lato, una delle persone che mi ha permesso di diventare uomo. Dall’altro: un pezzo della storia sportiva e calcistica, non solo di Milano (sponda nerazzurra) ma dell’Italia intera. Anche perchè tutti lo ricordano così. Il viaggio letterario che ho fatto mi ha permesso di ricostruire la figura di mio padre nell’intrecciarsi tra le mie sensazioni e le storie di chi l’ha conosciuto”.
In merito al ruolo di Facchetti nel calcio italiano: “Come mai Giacinto Facchetti è stato rivoluzionario? Papà ha giocato a calcio negli anni della grande trasformazione italiana. E, nel suo piccolo, col suo modo di giocare, ha trasformato il calcio. Ne ha cambiato la concezione. Cioè la logica che allora voleva che i difensori facessero i difensori e gli attaccanti i gol. Facchetti ha ribaltato questa mentalità e da terzino si fece goledaor, interprentando in maniera diversa il ruolo. Come ebbe a riconoscere un altro grande del calcio mondiale, Kaiser Franz Beckenbauer: “Rimasi sorpreso da Facchetti, dal suo modo di giocare. E mi lasciai ispirare”.
Sulle bandiere del calcio italiano e la situazione dell’INter: “Di bandiere ce ne sono meno oggi, perchè nel calcio ora l’aspetto del profitto è assolutamente preminente. Perchè è uno sport che corre a un ritmo insostenibile, fuori e dentro il campo. E le società si devono adeguare, abbandonando la virtù della pazienza e lasciando che la merce circoli, secondo le regole ferree del mercato. Ma i calciatori non sono merce, sono uomini. Oggi, quanti manager sono disposti ad aspettare che un giocatore giovane sbocci, cresca e maturi indossando la stessa maglia? Per questo gli atleti, spinti dai manager, la cambiano più spesso. E poi, a volte, le bandiere sventolano in un modo che i presidenti ritengono invadente: timorosi di non saper affermare la propria leadership. Come se un giocatore, diventando simbolo e vessillo della squadra, gli portasse via luce. Capitan Futuro all’Inter? Vedo bene Andrea Ranocchia: un ragazzo e un atleta dalle qualità sportive e umane adatte a diventare il prossimo simbolo nerazzurro. Adesso gioca poco, ma è giovane e può rappresentare il domani“.
Sull’argomento Calciopoli e gli attacchi al padre: “”Nel libro affronto anche questo “capitolo”, allo scopo di difendere papà dagli attacchi e dal fango. Lo faccio con la sanguigna passione di figlio. Ma senza entrare nei dettagli, visto che questo non è un volume nato per far luce su Calciopoli. Trovo singolare che il procuratore federale Palazzi abbia voluto aprire una requisitoria, pur sapendo che una delle persone di cui si stava occupando era scomparsa da 5 anni. Sulla coreografia di domenica scorsa, nulla da dire: le sentenze parlano chiaro”.
Infine, chiosa con una domanda se ritiene che suo padre avrebbe esonerato Ranieri: “Non lo so”¦ So però che papà era più portato a costruire e pazientare che non a ricomiciare continuamente da capo”.