L'extraterritorialità del Sassuolo: si può ipotizzare un obiettivo forte?
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IL MEGLIO DEL 2023 – L’extraterritorialità del Sassuolo: si può ipotizzare un obiettivo forte?

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Alessio Dionisi

Il Sassuolo è una società virtuosa con un modello da seguire, ma sul lungo manca l’ambizione ai traguardi maggiori

Allenare il Sassuolo, giocare nel Sassuolo e tifare il Sassuolo fa vivere una condizione di extraterritorialità. Definiamo così la vita neroverde, con quello stadio gioiello ma piazzato in un’altra città e con Reggio Emilia che in tante partite, soprattutto con le big, fa sembrare di giocare realmente fuori casa per la presenza massiccia della tifoseria altrui. Sarà per questo, lontano come si è dalla normalità, che si finisce per fare un’esistenza tranquilla, senza pressioni. Se poi ci si mette anche il tradizionale stile proprietario, che sa valorizzare i momenti positivi senza mai drammatizzare i periodi no, si arriva quasi a considerare Sassuolo il mondo ideale.

C’è, però, una controindicazione a tutto questo: il rischio di adagiarsi, di finire mossi da stimoli mai feroci, quelli che realmente ti fanno fare il salto di qualità. Traducendo il concetto in classifica: nella scorsa stagione Alessio Dionisi ha peggiorato il suo posizionamento finale, passando dall’undicesimo al tredicesimo: e proprio le ultime 6 gare, con 4 sconfitte e 2 pareggi, sono la dimostrazione più solare di come, in fondo, raggiunta la salvezza si finisca un po’ per tirare i remi in barca. Di fondo, c’è che ormai non ci si dovrebbe più stupire di abitare stabilmente il centroclassifica: ormai è una consuetudine, ancor più negli ultimi anni dove la quota per restare in Serie A si sta abbassando sempre di più. Scattare in piedi, quando sei sereno a goderti la quiete, non è la cosa più semplice: ma se non fai così, il rischio è che si finisca per cadere nell’autocompiacimento, nel narcisismo indotto dai complimenti ricevuti. Come gioca bene Dionisi, quanto è bravo De Zerbi e quanto promettevano quelli che si sono seduti prima di loro: ma quand’è che li giudicheremo per il raggiungimento di un vero obiettivo? Ci sarà mai uno step in più, esiste un’unità di misura da applicare per decidere se il lavoro si sta facendo bene o male? Si possono tracciare i contorni di una sfida?

Un posto in Conference o un percorso di livello in Coppa Italia, che faccia sognare un trofeo: si può ipotizzare prima o poi che entrino nell’orizzonte dei desideri di una società tra le più virtuose d’Italia?