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Petagna: «Felice a Bergamo. Il Milan? È il passato»

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Rinato dopo qualche tempo difficile, Andrea Petagna è l’ariete dell’Atalanta che stupisce in Serie A: «Devo molto a Gasperini, imparo ogni giorno da lui»

In una lunga intervista a “La Gazzetta dello Sport”, Andrea Petagna ha rivisitato la sua carriera dopo un bell’inizio di stagione con l’Atalanta. E tutto è partito con il primo titolo in rossonero nel 2010, con i Giovanissimi: un alloro prestigioso, specie ripensando ora agli avversari… «Battemmo in finale la Roma, Montella in panchina e Romagnoli in difesa. E io feci gol…». Un bel precedente in vista di sabato. Avrebbe immaginato una carriera così per Romagnoli? «Abbiamo fatto tutta la trafila delle nazionali giovanili insieme. Ricordo che si parlava benissimo di lui già all’epoca, però mi ha sorpreso la velocità con cui ha saputo imporsi, conquistando una maglia da titolare con la Samp al primo vero anno di A e poi passando al Milan con la pressione di un trasferimento molto costoso. Ha bruciato le tappe, dimostrando di essere un campione. E sono felice per lui».

PASSATO ROSSONERO E PRESENTE NERAZZURRO – Il nuovo progetto Milan punta sui giovani. Nessun rammarico per aver lasciato il club lo scorso gennaio? «Sono felice all’Atalanta e non ho modo di pensare al Milan o a quello che poteva essere». Che poi anche all’Atalanta non mancano i giovani di valore. Siete lo zoccolo duro dell’Under 21. Chi l’ha sorpresa di più? «Gagliardini sin dalle giovanili aveva un altro passo. Caldara oltre alla qualità ha una mentalità da grande. Grassi lo conoscevo da tempo. E ho scoperto Conti: una forza della natura». È vero che nell’estate 2015, quando il Milan l’aveva messa sul mercato e l’unico club che la voleva era l’Ascoli, Petagna ha pensato di smettere? «Ero deluso. E l’Ascoli non sapeva nemmeno in che serie avrebbe giocato. Però ho trovato la forza per reagire. Mi sono detto: “o cambi o non sei fatto per fare questo lavoro”».

CAMBIAMENTO – E cosa ha cambiato? «La mentalità. Ero negativo, vedevo tutto nero. Oggi sono più determinato, ho chiaro l’obiettivo in testa. Qui le cose vanno bene, però anche all’inizio, quando non giocavo, mi allenavo al mille per cento. Fosse successo due anni fa avrei mollato di testa». Quanto c’è di Gasperini nella nuova vita di Petagna? «Devo tutto a lui. In ritiro mi chiamò nel suo spogliatoio il primo giorno. “Hai qualità, ma hai avuto troppi alti e bassi. Se migliori in determinate cose, sarai protagonista”. L’ho ascoltato e continuo a seguirlo. Qui a Zingonia sembra di essere a scuola e ogni giorno, a fine allenamento, mi rendo conto di aver imparato qualcosa».

STOP MOMENTANEO – A proposito di alti e bassi. Primi tre tiri in campionato, tre gol. Poi? «Non vivo l’ossessione del gol. Quindi sono felice delle mie prestazioni: i numeri dicono che sono cresciuto gara dopo gara. Corro in media 11 km a partita. E ho fatto qualche assist. Il gol tornerà». Magari a San Siro. Esulta se segna? «Non ci ho pensato, ma sono un istintivo e quindi, nel caso, sarà una reazione spontanea».

TATUAGGI E AZZURRO – Ha detto di essere istintivo anche nella scelta dei tatuaggi. Si ricorda il primo? «Quando ho l’idea, mi tatuo. Non ci penso troppo. Il primo è qui — mostra l’avambraccio destro — è un aereo, avevo sentito la canzone dei Club Dogo: “ho tatuato un aeroplano per volare in alto”. E io volevo volare». Nell’anno dell’Europeo U-21, con un’Atalanta da ambizioni europee. Volare si può, basta volerlo. Come nei Giovanissimi, un gol per scrivere la storia. E il Milan, l’aeroplanino Montella e l’amico Romagnoli questa storia la conoscono bene.