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Superman salva una difesa da incubo

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Il disegno del destino: i due palloni toccati da Totti e la mentalità vincente che non c’è

Nelle ultime ore a Roma si parla di sindrome di Stendhal: per chi non si sia mai imbattuto nella vicenda, è quella sensazione di smarrimento fisico e psicologico che si prova se spaventati dalla infinita bellezza di un’opera d’arte. Le lacrime del tifoso che cede alla doppietta dell’eroe Totti hanno fatto il giro del mondo: lo stesso ha confermato ai microfoni dell’Ansa di essere stato colto dalla sindrome. Insomma: non è stato solo calcio ieri all’Olimpico.

DESTINO – Sì, ci si mette anche lui: perché quando mandi in campo qualcuno per appena tre minuti va da sé che si tratti di una mossa disperata. Concessa a chi non gode propriamente di tutta la tua fiducia. Poi però accade che quel tale tocchi due soli palloni e li spedisca entrambi in rete, capovolgendo lo spartito della sfida con il Torino. Da persa a vinta. Dalla sfida per il secondo posto sepolta – con il Napoli pronto a fare una scampagnata il prossimo lunedì – a clamorosamente riaccesa. Non si può parlare di gestione, non prendiamoci in giro: tre minuti è qualcosa che a rigor di onestà non ce lo consente. La verità è altrove e non può celare i dissidi tra Luciano Spalletti e Francesco Totti: tre minuti sono tre minuti, non puoi aspettarti da nessuno che riesca a cambiarti una partita.

POSTPARTITA DIFFERENTE – Se nel post Atalanta-Roma l’allenatore giallorosso aveva assunto la posizione di non riconoscere meriti ai singoli quanto invece di accreditare la rimonta all’intero lavoro della squadra, dopo averla giustamente e ferocemente attaccata per il recupero a sua volta subito, nella serata di ieri ha dovuto cedere all’evidenza: il beniamino del popolo ha salvato tutti e – almeno qui a Roma – c’è poco da fare, cinque o sei Totti non esisteranno mai. Viene da pensare che Spalletti avrebbe potuto gestire diversamente le ultime battute del calciatore più amato della storia della Roma: si trattava di pochi mesi in effetti, e dunque di trovare una giusta mediazione evitando i personalismi. E’ andata diversamente: il tentativo di infondere una mentalità vincente – cavalcando i recenti insuccessi o i vani tentativi di sfidare chi poi ha vinto lo scudetto – ha però bisogno dei tempi necessari. E passa soprattutto da un campo che, dopo gli ottimi propositi iniziali, attualmente racconta altro.

LA ROMA BALLA – Quinta difesa del torneo in ordine dopo Juventus (17 gol subiti), Napoli (29), Inter (31) e Milan (35). Ben 38 quelli incassati dalla Roma, alla pari di Fiorentina e Sassuolo. Ma cosa è cambiato dalla gestione Garcia a quella Spalletti? Serviamoci dei numeri: 22 le reti incassate in 19 gare di campionato dalla Roma di Garcia alla media di 1.15 a partita, 16 gol subiti in 15 gare dalla Roma di Spalletti alla media di 1.06 a partita. Come potete facilmente intuire il miglioramento è davvero impercettibile. E non lo raccontano soltanto i numeri: è bastato assistere alla sfida con il Torino per accorgersi di come questa Roma sia in difficoltà sia sulle corsie laterali che – aspetto sorprendente – nella densità centrale, con Belotti e Martinez che a turno raccoglievano gli scarichi dei centrocampisti senza trovare alcuna opposizione, né da Keita (male in termini di posizionamento) che dai difensori centrali, tardivi in uscita ed in difficoltà sulla marcatura, una volta scoperti dall’organizzazione complessiva a pericolosi uno contro uno. Insomma, ok mentalità vincente, ma in campo si vede a malapena: la fase difensiva imbarca acqua da ogni dove e sarà inevitabilmente questa la grande sfida della Roma che sarà. Con Spalletti, senza Totti.