Barcellona Napoli, 10 momenti da ricordare
Connettiti con noi

Barcellona

Barcellona Napoli, 10 momenti da ricordare

Pubblicato

su

Mario Rui Yamal Barcellona Napoli

10 momenti da ricordare di Barcellona-Napoli, ottavo di ritorno di Champions League che ha visto trionfare i blaugrana

Barcellona-Napoli riassunto in 10 momenti importanti, ma non quelli più decisivi. Insomma, qui non troverete la descrizione dei gol.

1) 44 secondi. É il tempo che ci mette Raphinha a fare una rabona. Un biglietto da visita per un primo tempo dove lo si vede mobile come non mai, oltre che decisivo nel servire il pallone dell’1-0 a Firmin. Con Cancelo sembra trovarsi perfettamente, anche se è difficile immaginare due tipi meno imprevedibili e più anarchici di loro.

2) Il mondo al contrario. Se qualcuno avesse avuto bisogno di un segnale che Barcellona-Napoli a un certo punto stava cambiando verso – dopo l’uno-due terrificante dei blaugrana – si sarà aggrappato al momento in cui Mario Rui ha provocato l’ammonizione di Lamine Yamal. Una svolta a U, dopo che il sedicenne ha imperversato nei primi minuti

3) Addio tiki-taka. Dato del possesso palla a metà del primo tempo: 46-54%. Non è che deve stupire più di tanto, al Barça va benissimo così, ha colpito negli spazi e pure in ripartenza. Ma è che ogni volta che li si vede, viene automatico pensarli come quelli del tiki-taka anche se è una vita che non lo fanno più. É che uno osserva Xavi in panchina ed è automatico associarlo al passato…

4) Mezzora. Il primo momento della partita nella quale finalmente (finalmente? O è meglio che non sia così?) si assiste a una gara più normale, meno adrenalinica, con una squadra che prende campo e l’altra che controlla arriva a un terzo di gara. E in un contesto più simile a quello che succede abitualmente in Italia, succede che il Napoli accorcia le distanze. Peraltro con una rete costruita in maniera non molto diversa da quella del vantaggio catalano.

5) Fuorigioco. Araujo sanguina all’arcata sopraccigliare e Osimhen gli indica che deve essere stata la sua maschera. Tenendo conto della prova piuttosto opaca del nigeriano, facilmente definibile come fuorigioco visto le tante situazioni in cui si è trovato oltre la linea, è l’unica cosa che abbia fatto male realmente male all’avversario.

6) Europei. Per tanto tempo si è detto che l’Atalanta era la squadra più europea, favoleggiata per i suoi gol con cross da un quinto all’altro. A Bologna, abbiamo visto l’Inter segnare con Bastoni a ispirare Bisseck, da un terzo al terzo opposto. Sul cross di Mario Rui arriva puntuale Di Lorenzo ma il suo colpo di testa trova la risposta di Ter Stegen. Sarebbe stata la rete da quarto a quarto.

7) Rabbia. Xavi non ci vede più quando uno scatenato Raphinha vanifica una ripartenza con un frettoloso cross per Lewandowski, non accorgendosi di essere solo loro 2 contro ben 7 azzurri in maglia bianca prontamente rientrati.

8) Tilt. Fermin sta 60 minuti in campo ed è un continuo toccare palloni con una prontezza che è ritmica, continua, armoniosa. Strepitoso, sembra uno di quei flipper dalle sponde rimbalzanti che non stanchi mai di vedere. In tilt ci vanno gli avversari, è appena normale contro uno così.

9) 5 minuti. Sul 2-1, a metà ripresa, il Barcellona costruisce ben 5 palle gol per mettere in cassaforte la qualificazione, avvicinarsi al Mondiale per club e aumentare a dismisura la propria stima. Meret ha il suo bel daffare per tenere a galla la squadra. Ed il colmo è che, appena dopo questo sforzo, Lindstrom ha sulla testa il pallone del 2-2: lo chiede a gesti a Olivera, lo riceve puntuale, lo mette fuori di un niente. Al di là di tutto, al di là del 3-1 e dei meriti indubbi dei vincitori e di ogni possibile statistica, il senso della gara è qui.

10) Il sigillo. C’è sempre una giocata che racchiude, magari per un’inezia, il significato di tutto. Un piccolo emblema, un gesto che non devi perdere. Ter Stegen che sul finire esce dai pali e va a stoppare di petto un lancio dalla retrovie del Napoli può nutrire quest’ambizione di farsi ricordare.