Carnesecchi e il culto della personalità per prendersi l'Atalanta
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Carnesecchi: crescita e culto della personalità per prendersi i pali dell’Atalanta

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Il portiere dell’Atalanta Marco Carnesecchi si è preso definitivamente il posto da titolare grazie a talento e personalità

Per riuscire ad avere la meglio in un cosiddetto “paese calcistico per vecchi“, dove i giovani vengono utilizzati con il contagocce in Italia, bisogna avere quella che è la base per ogni promessa che si porta l’etichetta di predestinato: il culto della personalità.

Personalità di non aver paura di osare avendo sicurezza delle proprie capacità. All’Atalanta il portiere Marco Carnesecchi è stato tutto questo, e la titolarità tra i pali è stata pura formalità tra duro lavoro, pazienza e quel carattere forte per sapersi imporre al tavolo dei grandi: risultando ad oggi uno dei migliori portieri della Serie A.

Tra lui e Juan poteva farla da padrone chi aveva più fame nelle opportunità presentate da Gasperini, e Marco non è stato da meno in tutto quello che Musso peccava: soprattutto nel portare sicurezza ai difensori atalantini telecomandando ogni azione nell’area piccola, oltre che ad una crescita tra interventi e uscite.

45 parate, 6 clean sheet e una media punti di 2,19, e in una situazione come quella di ieri dove la squadra poteva subire un contraccolpo psicologico con quel rigore ribattuto, ha avuto serenità e prontezza nel rifare quello che ha fatto prima a Pinamonti: roba che solo i veri fuoriclasse possono avere parlando di mentalità, oltre che ad una lucidità in ogni suo intervento, risultando cardine in ogni punto conquistato dalla Dea (dai miracoli di Udine alle parate di Genova fino al Sassuolo).

Carnesecchi ora può solo volare consapevole di avercela fatta scalando tutte le gerarchie: l’ennesimo figlio di Zingonia che ha fatto il grande salto, e se è la personalità continuerá a farla da padrone (oltre che al talento), il resto verrà sempre da sé.