de Guzman-Napoli, racconto shock: «Giuntoli mi picchiò e minacciò»
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de Guzman shock: «Picchiato e minacciato da Giuntoli per andar via»

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Napoli: l’ex Jonathan de Guzman, oggi all’Eintracht Francorte, decide di svelare in una intervista le ragioni e le modalità clamorose che lo hanno portato all’addio ai partenopei

Probabilmente a Napoli di Jonathan de Guzman non vogliono più sentir parlare: il centrocampista olandese, arrivato in azzurro nel 2014 come rincalzo di mercato, non ha praticamente mai trovato posto nelle gerarchie partenopee. Ad un certo punto pare che il Napoli abbia provato a fare carte false per cederlo: prima il prestito al Carpi, quindi al Chievo e quindi, soltanto lo scorso anno, la cessione definitiva all’Eintracht Francoforte. Tante però sono state le pressioni sul giocatore, decisamente al di fuori del progetto azzurro, per andare via nei suoi anni di permanenza in Campania: ad un certo punto, racconta oggi lo stesso de Guzman, si sarebbe arrivati anche alle mani.

de Guzman ha parlato in patria, a volkskrant.nl, di un calvario cominciato nel 2015, quando il suo rendimento era calato per via di grossi problemi di stomaco: «Mi avevano messo a dieta, avevano tolto i carboidrati dalla mia alimentazione, ma il problema continuava. Dagli esami non risultava niente, così Rafa Benitez (all’epoca tecnico azzurro, ndr) mi disse di cambiare medico, però questa cosa a Napoli non si poteva fare perché lì è il dottor Alfonso De Nicola che decide tutto – ha spiegato de Guzman – . Io riuscivo a camminare, ma non a correre come volevo. Nessuno però credeva che io stessi male, pensavano che me lo fossi inventato. Io stesso iniziavo a dubitare del mio malessere». Da qui la decisione azzurra: il direttore sportivo napoeltano Cristiano Giuntoli prova a cedere in tutti i modi de Guzman in Premier League (al Sunderland), ma la trattativa salta: «Giuntoli mi disse che me ne dovevo andare, allora dissi a Dick Advocaat (all’epoca allenatore dei Black Cats, ndr) di farlo calmare, ma il d. s. del Napoli parlava a malapena l’inglese e quindi la cosa non funzionò. L’assistente di Giuntoli mi disse che se non avessi firmato per andarmene, a Napoli sarei morto e non avrei mai più giocato».

Una situazione terribile da quel momento in poi: il 1 settembre 2015, a mercato chiuso, Giuntoli arriva negli spogliatoi del Napoli per un faccia a faccia chiarificatore col giocatore. «Il d. s. mi disse: “Ora te ne andrai, lo hai promesso pezzo di merda”, ma io gli dissi che non era così. Mi arrivò un cazzotto dritto in faccia e da lì sono impazzito, abbiamo litigato, sono volate sedie, ci divise solo Juan Camilo Zuniga che mi disse di tornare casa – prosegue il racconto di de Guzman – . Su consiglio del mio agente provai a telefonare ad Aurelio de Laurentiis, ma il presidente non mi rispose. Giuntoli allora mi chiese perché l’avessi chiamato e mi portò a parlare col figlio Edoardo, che mi disse: “Tu resti qui e sei morto”. Anche Maurizio Sarri mi disse che non mi sarei più allenato col gruppo e nessuno dei compagni mi parlò più, ma li capisco perché se l’avessero fatto il club gli avrebbe detto: “Che cazzo fate?”». La vicenda sembra trovare finalmente una conclusione con la cessione, non prima di qualche ultimo dispetto: «Dopo un po’ andai da un altro medico, Amerigo Menghi, che mi fece una diagnosi corretta, ma De Nicola non voleva farmi operare. A 29 anni così ero diventato una specie di calciatore dilettante, non ero in forma fisicamente e mentalmente, mi trovavo patetico, ero quasi depresso». Quindi il passaggio al Carpi, le prestazioni in campo inficiate dalla debolezza, e dopo un l’addio definitivo a Napoli. Oggi de Guzman svela: «Voglio chiudere per sempre il capitolo Napoli con questa intervista». Saranno polemiche.