Sampdoria, Sabatini: «Ero quasi morto e ho visto il paradiso»
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Sampdoria, Sabatini: «Ho visto il paradiso, sembrava un supermercato»

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Il direttore tecnico della Sampdoria Walter Sabatini nel corso di una intervista racconta per la prima volta il malore avuto ed il faticoso ritorno alla vita dopo mesi di battaglie

Walter Sabatini è tornato: una grave crisi respiratorio mesi fa lo aveva quasi ridotto in fin di vita. Il direttore tecnico della Sampdoria invece è ancora vivo e lotta insieme a noi, tanto da poter raccontare quanto successo nel corso di una intervista al Secolo XIX: «Il mio corpo da anni mi mandava segnali clamorosi. Quel sabato dovevo partire per la Cina, se fossi salito su quell’aereo sarei morto. Il venerdì notte tra cortisone in vena e ansiolitici mi avevano un po’ stabilizzato, però l’ultimo ricordo che ho è uno scambio di messaggi con Carlo Osti. Poi sono sparito dalla vita. Ancora adesso di alcuni periodi non so quello che è successo o quello che i farmaci mi hanno fatto credere. Mentre ero in coma penso di aver visto il paradiso. Sembrava un supermercato. Ora vorrei vedere il paradiso calcistico a maggio con la Samp».

Per forza di cose, spiega Sabatini, il progetto iniziale di costruire una Sampdoria corazzata per l’Europa si è dovuto arrestare, ma l’obiettivo resta lo stesso: «Ho un grande debito con la Samporia che non so se potrò saldare. Innanzitutto verso la società. Quando il mio corpo ha deciso di ribellarsi e di andarsene un po’ fuori dalle balle, mai Massimo Ferrero mi ha fatto pesare le mie lunghe assenze da Genova. Però non esserci stato in alcuni momenti mi ha ferito. Un altro ringraziamento va poi all’altra Samp, la squadra. Nelle finestre di coscienza mi arrivavano notizie positive, di vittorie. Mi davano una scossa, carica, la voglia di risvegliarmi e ripartire». Proprio in questi giorni si parla di un possibile addio del presidente blucerchiato: «Se Ferrero un giorno mi comunicherà di aver ceduto la società, mi faccio immediatamente da parte – precisa Sabatini – . Perchè gli acquirenti devono avere il diritto di lavorare con i loro uomini».