Torino-Fiorentina, storia di un grande gemellaggio
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Torino-Fiorentina, storia di un gemellaggio: dalla rivalità con la Juve all’impresa di Cucciolo

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Torino-Fiorentina è la storia di un gemellaggio, un’unione con radici antiche, spesso erroneamente ridotta alla mera antagonia con la Juve

Sabato 2 marzo andrà in scena Torino-Fiorentina. Una partita speciale, diversa dalle altre e che deve la sua originalità allo stretto gemellaggio tra le curve delle due compagini. Un unione, quella tra i tifosi granata e la controparte toscana, che alberga radici antiche e che – malgrado qualche recente avvicendamento non premeditato – continua a sugellare lo stretto legame tra i fan piemontesi e toscani di tutta Italia. 

Pochi però, conoscono le vere ragioni dietro la profonda amicizia che lega i due club. Un gemellaggio che, a differenza di quanti possano credere, non nasce meramente in funzione della rivalità nei confronti del l’antagonista comune delle due squadre: la Juventus

Partiamo dal principio: non esiste una data specifica o un momento delineabile nello spazio-tempo che consacri l’inizio del gemellaggio tra Torino e Fiorentina. Con ogni probabilità infatti, la prima pagina dell’unione risale a cavallo tra gli anni 60′ e gli anni 70′. Parliamo di anni in cui entrambe le squadre erano abituali frequentatrici delle zone più nobili della classifica, battagliando spesso e volentieri con chi proprio nello stesso periodo stravinceva in lungo e in largo nella Penisola, vale a dire la Juve

Già, la squadra bianconera: simbolo del potere e dell’aristocrazia borghese, associata per ovvi motivi alla famiglia degli Agnelli e per altrettante ovvie ragioni rivale della Torino proletaria e di una Firenze da sempre per natura indomabile e battagliera. 

Ma, come anticipato, c’è di più. Anche perché come prevedibile, difficilmente l’unione tra viola e granata avrebbe potuto perdurare nel tempo se motivata solo ed esclusivamente dalla rivalità anti bianconera. Una seconda possibile motivazione dietro l’associazione tra Torino e Fiorentina è da ricercare anche nella intima vicinanza che i tifosi toscani hanno spesso palesato nei confronti della Tragedia di Superga. 

Ancor oggi infatti, ogni 4 maggio (data della commemorazione dell’incidente aereo che mise fine alla stagione gloriosa del Grande Torino) non sarà difficile scovare qualche sostenitore fiorentino giunto fin in cima alla basilica che troneggia sulla metropoli. Magari anch’egli, arrivato fino al capezzale di Valentino Mazzola e compagni a piedi o in bicicletta, come – almeno in linea teorica – la ultrasettantenne tradizione richiederebbe. 

Ed è legata infine, proprio ad un tifoso alquanto particolare, la terza (e forse) ultima giustificazione del motivo per cui ogni Torino-Fiorentina supporters gigliati e sabaudi cingono assieme le proprie sciarpe a bandiere in una voce all’unisono esempio virtuoso di un gemellaggio tra tifoserie sempre meno riscontrabile nel calcio moderno.

Parliamo di un pratese emigrato a Torino negli anni 60’. Uno dei tanti arrivati in quello stesso periodo storico nel capoluogo piemontese, per lavorare nella città della FIAT. Un individuo singolare, raccontato come unico, macchiettistico soprannominato “cucciolo” per amici e parenti. Divenuto (dopo il suo arrivo al Nord) tifoso granata e, secondo quanto racconta il portale Calciostyle, vero e proprio “angelo custode” dei sostenitori toscani che di anno in anno si recavano in trasferta a Torino per seguire i propri beniamini. 

Nel 1969 in particolar modo, Cucciolo avrebbe aiutato un manipolo di tifosi della Fiorentina a raggiungere il Comunale per seguire la consueta Torino-Fiorentina. Nello stesso istante in cui – quella pagina di storia passerà poi agli annali col nome di Autunno Caldo – nella città imperversavano le proteste operaie e le conseguenziali rivendicazioni sindacali. 

Concludendo il nostro percorso sulla fratellanza tra le due tifoserie sorge spontaneo chiedersi cosa ne sia oggi del gemellaggio Torino-Fiorentina. Come a più riprese spiegato ancora nei tempi moderni dalla Fiesole alla Maratona l’affetto reciproco tra tifoserie rimane immutato. Al netto di ciò, sarebbe fallace non constatare come almeno in un paio di occasioni temporaneamente recenti la fratellanza granata-viola, abbia, se non rischiato di venir meno, perlomeno di perdere in forza e profondità. 

Quali? Il culmine di tali circostanze si è con ogni probabilità raggiunto nell’agosto del 2015, quando Marcos Alonso dopo aver portato in vantaggio la Fiorentina, pensò bene di mimare il gesto del torero a mo’ di esultanza proprio alle pendici della curva dei sostenitori piemontesi. 

Più di recente invece, fanno storia a sé i ripetuti botta e risposta tra i due numeri uno delle società, rispettivamente Urbano Cairo e Rocco Commisso. Tra battibecchi in seguito a decisioni arbitrali e schermaglie tra due personalità – a quanto pare – inavvicinabili, sono volate più di qualche parola altezzose, seguite puntuali da altrettante lettere di querela.