Buffon: «Ho avuto la depressione e ne sono uscito. Perché avevo messo la maglia numero 88. Le scommesse? Non l'ho mai fatte sul calcio. E sul gol di Muntari dico questo…»
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Buffon: «Ho avuto la depressione e ne sono uscito. Perché avevo messo la maglia numero 88. Le scommesse? Non l’ho mai fatte sul calcio. E sul gol di Muntari dico questo…»

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Le parole di Gianluigi Buffon, ex portiere della Juve e oggi capo delegazione della nazionale italiana, in occasione dell’uscita della sua autobiografia

In occasione dell’uscita della sua autobiografia per Monadori, Gigi Buffon, capo delegazione dell’Italia, si è raccontato al Corriere della Sera. Ecco alcuni estratti della lunga intervista ad Aldo Cazzullo, nei quali riprende alcune situazioni note e meno note della sua vita.

L’ATTACCO DI PANICO – «Juve-Reggina, in casa. Andai dall’allenatore dei portieri, che era un grande: Ivano Bordon. Lui mi tranquillizzò: “Gigi, non devi giocare per forza”. Ripresi fiato. Guardai scaldarsi il secondo portiere, Chimenti, che è un mio carissimo amico. E pensai che ero davanti a una sliding door, a un passaggio decisivo della mia carriera, della mia vita».

COME NE É USCITO – «Rifiutai i farmaci. Ne avrei avuto bisogno, ma temevo di diventarne dipendente. Dalla psicoterapeuta andai solo tre o quattro volte, ma mi diede un consiglio prezioso: coltivare altri interessi, non focalizzarmi del tutto sul calcio».

LA MAGLIA 88 E IL BOIA CHI MOLLA – «Non avevo la minima idea che per qualcuno evoca Heil Hitler, essendo la H l’ottava lettera dell’alfabeto; per me voleva dire avere quattro palle».

OGNI TANTO SI PARLA DI SCOMMESSE – «È successo due volte. La prima nel 2006, al tempo di Calciopoli, quando nel mirino c’era la Juve. Ero a Coverciano, solita stanza 209, ritiro premondiale. Venne da me il nostro dirigente accompagnatore, con cui avevo un rapporto speciale, Gigi Riva: “Se hai fatto qualche cazzata, dimmelo”. Risposi, con una punta di sadismo: “Gigi, mi conosci. Quindi conosci già la risposta”. Qualche giorno dopo venne a dirmi: “Ho preso la mie informazioni. Avevi ragione tu”».

LA SECONDA VOLTA – «Era il 2012, prima dell’Europeo. Dormivo beatamente nella stanza 209, quando arrivò la polizia. Nel ritiro della Nazionale, alle 5 del mattino, con le telecamere fuori: i giornalisti erano stati avvertiti. Erano lì per Criscito. Lo trovai ingiusto, e lo dissi. Criscito non ebbe un giorno di squalifica; intanto però perse l’Europeo. Io fui convocato in procura. Ero talmente sicuro di non aver fatto nulla che andai da solo, senza l’avvocato. E ci rimasi male nel vedermi torchiato. Sempre con le stesse domande. Alle quali ho sempre dato le stesse risposte. La verità: non ho mai scommesso sul calcio»

IL GOL DI MUNTARI – «Non sono mai stato un ipocrita. Risposi che non mi ero accorto che la palla fosse entrata, e se me ne fossi accorto non credo che l’avrei detto. Scoppiò un putiferio».

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