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Buon compleanno a… Gianluca Pagliuca

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Oggi è il compleanno di Gianluca Pagliuca: in carriera ha giocato con le maglie di Bologna, Inter e Sampdoria

Oggi Gianluca Pagliuca compie 57 anni. É sempre stato un tipo un po’ ombroso, la faccia seria della gioiosa Sampdoria. Quasi a voler controbilanciare quell’ossimoro estetico che lo vedeva indossare maglie coloratissime, divise da portiere che dai disegni spesso lisergici, totalmente in antitesi con il suo carattere e con una tradizione più sobria dei numeri 1 che con lui è andata definitamente in soffitta. A La Gazzetta dello Sport ha raccontato: «Non sono mai andato in campo una volta scontento della maglia che indossavo». E ha rivendicato i colori sgargianti e certo disegni, scelti o addirittura proposti da lui, a indicare quello che è un vizio dei grandi portieri o, forse, addirittura una necessità: la ricerca del perfezionismo. Che in un ruolo così, significa essere originali, unici, non somiglianti con nessun altro.

Di lui sono rimaste alcune immagini, troppo potenti per non imporsi nella memoria collettiva. Come il rigore parato a Lothar Matthaus, che contribuisce in maniera determinante a fare in modo che la Sampdoria sbanchi San Siro, sconfigga l’Inter e si avvii alla conquista di uno scudetto impensabile per la piazza doriana, ma tutt’altro che fuori dal mondo per una squadra che vinceva divertendosi. L’ha descritta quella scena a La Repubblica: «Tutti ricordano il rigore respinto a Matthaus, è normale, è stata una prodezza scudetto, anche se la parata più bella dell’anno la feci contro il Parma, su un colpo di testa di Grun. Avevo studiato bene Matthaus, sapevo che tirava forte al centro oppure che incrociava. Così sono rimasto fermo sino all’ultimo e ho respinto: però che cannonata, la presi con il petto, mi ruppe la catenina che mi aveva regalato mia mamma. Di quella partita dovrebbero fare un film e io potrei fare lo sceneggiatore: ricordo ogni attimo».

Quella Sampdoria è un pezzo di calcio che ha superato le leggi del tempo. É una storia di amicizia, oltre che di pallone, che tutta l’Italia ha capito cos’è quando ha visto Gianluca Vialli e Roberto Mancini abbracciarsi a Wembley per la vittoria della Nazionale all’Europeo.

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E, a proposito di azzurro, qui c’è la seconda grande immagine di Gianluca, forse quella più celebre, quando nella finale del Mondiale americano rischia la papera contro il Brasile e va a baciare il palo che l’ha salvato. Una scena che troveresti normale per uno come Buffon, non per uno così poco scenico qual è lui, ma in quel momento c’è realmente il ringraziamento al dio del calcio che l’ha salvato da una brutta figura planetaria, c’è un impulso che ti fa agire. Dev’essere anche per questo, per la coscienza di cosa significhi un errore per chi difende la porta, che Pagliuca è uno strenuo difensore di Gigio Donnarumma. L’ha fatto anche recentemente dalle colonne di Libero, parlando di «un grande portiere vittima di una campagna di stampa denigratoria. Soprattutto di qualche giornale milanese. Lo stanno massacrando perché gli vogliono far pagare il fatto che ha preferito i soldi del Psg al Milan. Vi chiedo: oggi quante bandiere ci sono nel calcio?».

E, a suo tempo parlò del rivale nel club francese in questa maniera, con un’uscita di pugno, per dare l’idea: «Navas è bravo ma, con tutto il rispetto, a Gigio può solamente allacciare le scarpe». Più in generale, la sensazione è che Gianluca sostenga in modo convinto la scuola italiana dei portieri, un sovranismo tutto suo, espresso in diverse interviste.

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Infine, c’è l’immagine delle sue proteste nel famoso Juventus-Inter di Ronaldo-Iuliano. Ancora quest’anno, al Resto del Carlino, non ha usato mezzi termini: «Per quanto mi riguarda una storia che si trascina da venticinque anni. Poi dicono: Pagliuca ce l’ha con la Juve, è un anti-juventino. Confermo di esserlo: ma lo sono diventato per forza di cose. Se metto in fila i fatti come faccio a non essere anti-juventino?». E alla presentazione della sua autobiografia, ha rivelato un fatto che era sfuggito alle tante moviole dell’epoca: «Giuro che ho dato un pugno all’arbitro Ceccarini. Lo avevamo accerchiato in 11 e si girò chiedendo: “Chi è che mi ha dato un pugno?”».

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Ha avuto una carriera lunga 20 anni, Pagliuca. Iniziata alla Sampdoria, dalla quale non se ne sarebbe mai andato, proseguita nell’Inter, dirottata nella sua Bologna e chiusa all’Ascoli. Con una convinzione forte che conserva ancora oggi, quando gli chiedono del suo calcio: «Credo di aver lasciato un segno ovunque, e questo me lo dice l’affetto e il rispetto che mi sono conquistato nel tempo con i tifosi che conservano un ottimo ricordo del sottoscritto».