2012
Per Napoleone fu Talleyrand, per Garrone fu Guastoni
Con lui si è andati ne la città dolente, con lui si è andati ne l’eterno dolore, con lui si è andati tra la perduta gente.
Parafrasando il Poeta potremmo ridurre a queste tre situazioni la storia della Sampdoria con Antonio Guastoni, senza nulla voler togliere alle più che valide società che militano nel campionato cadetto, per nulla perduta gente. Per i più il nome del commercialista milanese non dirà nulla, non ricorderà alcunchè e non porterà alla memoria alcuna vicenda, ma per i tifosi della Sampdoria, per chi ha vissuto vicino alla squadra blucerchiata, il cognome Guastoni fa rima con una disgrazia.
Come possa un uomo soltanto condizionare le sorti di una squadra intera è abbastanza inverosimile e in molti stentano a crederci, ma il ruolo ricoperto da quello che è stato il consulente della famiglia Garrone per ben dieci anni era strategico e fondamentale per la vita dell’U.C. Sampdoria. Nei giorni scorsi, dopo numerosi anni di blucerchiato, appunto dieci come ricordato prima, Antonio Guastoni ha rimesso il proprio contratto nelle mani del CdA, che non ha assolutamente titubato sull’accettazione: il piccolo azionista dell’Inter e il sempre fedele compagno di affari di Gino Corioni, presidente del Brescia, si scolla dalla sua poltrona in pelle di Corte Lambruschini dopo aver condiviso i successi di Beppe Marotta e le conseguenti, disastrose, cadute, in solitaria. Rileggere le ultime battute farà semplicemente intuire perchè la Sampdoria nel corso degli ultimi anni, precisamente da quando l’attuale direttore generale della Juventus ha salutato Genova, stesse sovente trattando, con successo, inteso nella conclusione, con Inter e Brescia: in direzione Milano, sponda nerazzurra, sono partiti Andrea Poli e Angelo Palombo in una sola stagione – si parla del più promettente centrocampista che la Sampdoria avesse in quel momento e dello storico capitano dei blucerchiati, bandiera per sette stagioni – in direzione Brescia, invece, si è messo in piedi un imponente intreccio che ha visto Riccardo Garrone pagare cifre inaspettate per giocatori quali Juan Antonio e Gaetano Berardi, cedendo Salvatore Foti e Federico Piovaccari, arrivato alla corte di Gianluca Atzori in estate in pompa magna. Non ci siamo dimenticati, ovviamente, di Giampaolo Pazzini: partito anche lui verso l’Inter, nel gennaio del 2011, quel mese successivo al caso Cassano, per una cifra che definire inopportuna sarebbe un eufemismo, accompagnato da una supervalutazione per Jonathan Biabiany, all’epoca non realmente degno dei 7 milioni intesi.
Che Antonio Guastoni non venga, ora, sostituito in società perché i suoi incarichi sono già previsti nelle cariche di Riccardo ed Edoardo Garrone, fa facilmente intendere come il suo potere fosse eccessivo, imponente, incredibilmente inaspettato. Da quel molesto novembre 2010, quando Sergio Gasparin, l’ultimo direttore generale che si sia visto alla Sampdoria, diede le dimissioni per impossibilità di gestione dell’ambiente, Antonio Guastoni era assurto a poteri ombrosi e aveva preso in mano una baracca troppo sgangherata, mettendo da parte anche il curioso Doriano Tosi. Ora pulizia è stata compiuta, con diversi mesi di ritardo rispetto all’annuncio, ma è compiuta: è finalmente diventato chiaro e limpido che il problema della Sampdoria nasceva dall’interno, non solo dal campo. Sono serviti dieci anni per liberare Corte Lambruschini della figura di un commercialista che si fece grande con i soldi degli altri, che Marotta aveva tenuto a bada, ma che poi lasciò libero di agire e di comandare. Il Talleyrand di noialtri è debellato, forse, per sempre. Ora tocca alla Sampdoria risollevarsi e tocca a Garrone dimostrare che il suo cancro ora è stato estirpato, definitivamente. L’era è chiusa, ora si ricomincia da zero, si riparte, si rinasce. La Sampdoria è tornata. Verona insegna.