Roma, le grandi trattative dell'era americana: Miralem Pjanic
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Roma, le grandi trattative dell’era americana: Miralem Pjanic

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Roma, le grandi trattative dell’era americana: Miralem Pjanic. Dall’arrivo nel 2011 all’addio sofferto e criticato del 2016

Walter Sabatini, l’uomo dalle mille sorprese. Quello capace, in un caldissimo 31 agosto del 2011, di portare in fretta e furia Miralem Pjanic alla Roma nelle ultime ore di mercato estive disponibili. Un ragazzotto bosniaco di 21 anni capace già di affermarsi al grande pubblico europeo (sua la rete che elimina il Real Madrid dalla Champions nell’edizione 2010, e con alle spalle i saggi insegnamenti di un certo Juninho Pernambucano. Uno che, col pallone, faceva davvero quello che voleva.

L’allora direttore sportivo giallorosso lo strappa alla concorrenza per 11 milioni di euro accaparrandosi, di fatto, uno dei prospetti migliori dell’intero panorama mondiale. Una vera operazione alla Sabatini, insomma. Sotto la guida di Luis Enrique ha bisogno di un discreto periodo di adattamento: da novembre in poi sale in cattedra e inizia, a poco a poco, a prendere per mano la mediana della Roma. L’anno dopo, con Zeman, non sono per nulla rose e fiori. I due non si piacciono a vicenda (il ceco gli preferisce inspiegabilmente Tachtsidis) e non sono rari dai battibecchi. Il risultato è uno: il bosniaco in panchina fino all’esonero del boemo.

Da Andreazzoli in poi nessun tecnico ha il coraggio di toglierlo dai titolari. Col crescere dell’età acquisisce l’esperienza corretta e si afferma giornata dopo giornata. Con Rudi Garcia incanta: i due si capiscono alla meraviglia e il classe ’90 è il leader assoluto del centrocampo insieme a Strootman e De Rossi. Non mancano i gol, dal cucchiaio contro il Verona alle punizioni magistrali. Il 2016 è un anno particolare. Pochi mesi sotto la guida di Spalletti, poi la chiamata della Juve.

I 32 milioni di euro della clausola non lasciano scampo alla Roma, che saluta uno dei giocatori migliori dell’era americana. Non senza polemiche: galeotto fu un suo bacio alla maglia nell’ultima uscita stagionale all’Olimpico, dopo un gol. I tifosi capitolini, passionali come sono, intesero il trasferimento come sinonimo di tradimento.