Vincenzo Sollitto: «I team manager nel calcio sono poco conosciuti, li ho raccontati in un libro. Nella JUVE sono uomini interni alla società. Caso Theo-Leao? Ecco cosa succede in quei casi…» - ESCLUSIVA
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Vincenzo Sollitto: «I team manager nel calcio sono poco conosciuti, li ho raccontati in un libro. Nella JUVE sono uomini interni alla società. Caso Theo-Leao? Ecco cosa succede in quei casi…» – ESCLUSIVA

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Vincenzo Sollitto: «I team manager nel calcio sono poco conosciuti, li ho raccontati in un libro. Nella JUVE sono uomini interni alla società» Le dichiarazioni in ESCLUSIVA

I team manager: li vediamo sempre, ma non capiamo esattamente qual è il loro ruolo. Vincenzo Sollitto ha dedicato un libro a una figura poco indagata fino ad adesso, di cui si sa pochissimo: I segreti del team manager di una squadra di calcio, edito da Urbone Publishing. Lo abbiamo incontrato per scoprirne qualcosa di più.

Intanto vorrei che presentassi il tuo profilo professionale. Qual è stato il percorso che hai fatto all’interno del calcio?

«I miei inizi sono stati in casa Juventus come collaboratore ufficio stampa, siamo a novembre del 2002, ebbi l’opportunità di collaborare con una società che era all’avanguardia come modello organizzativo e strutturata talmente bene da non lasciare nulla al caso e all’approssimazione. Un modus operandi in vigore ancora oggi nell’ambiente torinese. I ricordi sono legati alle emozioni di un esordiente al cospetto di un mondo inavvicinabile dai più e mi porto dentro una formazione manageriale, una “Lectio Magistralis” che mi è servita in ambiente lavorativo e personale. In seguito ho collaborato con l’Anderlecht, nel settore giovanile della società biancomalva in Belgio per circa otto anni, un’altra società avanti nella gestione manageriale di un club, in parte dovuto anche ad una formazione culturale di stampo fiammingo. Il settore giovanile è e resta il fiore all’occhiello dell’Anderlecht, un club molto attento alla crescita sia umana che sportiva dei giovani della propria “cantera”. Motivo per cui si investe molto, sia in termini economici che di formazione dei propri tecnici, per avere la possibilità di portare in prima squadra, quanto più possibile, elementi formati in casa.
Attualmente ho varie consulenze e ricopro il ruolo di Responsabile Settore Calcio Regione Lombardia per lo Csen, il primo Ente Nazionale di Promozione Sportiva del CONI. Corsi di formazione, campionati e manifestazioni calcistiche, queste le priorità perseguite in primo luogo
».

Cosa ti ha spinto a scrivere un libro su una figura come quella del Team Manager?

«Vari fattori : avevo da poco terminato il Corso da Team Manager Figc/Coni, la disponibilità di tempo post pandemia ed un vuoto nel settore editoriale circa questa tematica».

Cosa significa stare dentro uno spogliatoio? Esistono davvero verità inconfessabili, segreti, situazioni che è bene che restino tra quelle mura? O ritieni che c’è un po’ di leggenda attorno a questo?

«Significa essere il detentore di segreti più o meno inconfessabili o seri, spesso da gestire contestualmente con il management. A volte lo vive da “amico” dei calciatori, senza mai però dimenticare, sia lui che i calciatori, che il Team Manager è un uomo della società, non un amico di merende. Se delle notizie trapelano da un calciatore, spesso il mister lo considera un “traditore” ( se non tutto lo spogliatoio). Se fosse il Team Manager, possiamo dire che smetterà di svolgere questo ruolo».

Cosa fa esattamente un Team Manager? Quali competenze precise deve avere?

«La vita professionale di un Team Manager è molto articolata e molto strutturata, con la responsabilità gestionale di uno spogliatoio e dello staff tecnico. Si occupa delle necessità sportive e spesso anche personali dei calciatori ed è responsabile della logistica, soprattutto in trasferta. Poi deve essere a conoscenza dei regolamenti, soprattutto quelli “operativi” sul campo, ed avere in agenda quanti più contatti possibili per qualsiasi evenienza. Organizzazione manageriale, di comunicazione, di rapporti con altri comparti del club e con il mondo esterno. Un ampio ventaglio di skills non indifferenti.»

Come si arriva a rivestire questa responsabilità all’interno di un Top Club?

«Spesso è un uomo della società, che magari è già all’interno della stessa, svolgendo altri compiti. Oppure è un uomo di fiducia del Presidente o del management. Ultimamente viene svolto anche da ex calciatori già conosciuti in società.»

C’è il concreto rischio che un Team Manager non stacchi mai?

«Si, il rischio è altissimo, soprattutto se lavori senza un tuo alter ego e la società ti chiede ampio margine di disponibilità.»

Quanto c’è di lavoro per collegare i vari gruppi all’interno della squadra. Penso soprattutto al rapporto tra il gruppo degli italiani e quello degli stranieri…

«Anche questo è un argomento che tratto all’interno del libro. Tra le varie skills, bisogna avere la sensibilità e la conoscenza di altre realtà, di culture differenti, che devono amalgamarsi. Non solo per un discorso meramente linguistico. Pensa solo a chi deve gestire calciatori che seguono il ramadan: dieta diversificata, magari orari di allenamenti modificati e tanto altro».

Hai un aneddoto particolare per farci capire bene quali situazioni si trovi a gestire un Team Manager?

«Di aneddoti possiamo trarne vari, ma personalmente penso a quando di notte ho dovuto cercare un dentista per una carie dolorosa di un calciatore. Oppure due calciatori che si erano invertiti la maglietta, rischiando di scendere in campo con i numeri diversi da quelli presentati in distinta.»

Conosci qualche Team Manager di società importanti? Qual è la loro storia?

«Daniele Boaglio, TM nell’epoca d’oro di Lippi, mi ha davvero dato un buon supporto nella sua intervista all’interno del libro, raccontando di come sia difficile il ruolo, raccontando anche qualche aneddoto e situazioni quotidiane di un TM. Lui era entrato dapprima in società nell’ufficio stampa. Edwin Leusink fece delle apparizioni in panchina da TM in un torneo internazionale, grazie soprattutto alla sua madrelingua olandese ( si giocava ad Amsterdam), anche se svolgeva il suo ruolo nel marketing. Entrambi hanno dato un loro contributo al libro. Restando in casa Juventus, cito Matteo Fabris che ricordo da ragazzino nel marketing, poi sostituì “de facto” Gianluca Pessotto nel 2006, che inizialmente avrebbe dovuto ricoprire quel ruolo, ma a causa dell’incidente, non ebbe mai l’opportunità di svolgerlo. Come noterai, tutti uomini già inseriti in società».

Infine, ti propongo un caso: Theo-Leao in Lazio-Milan e la nota diserzione nel cooling-break. Cosa fa il Team Manager in un caso come quello? Cosa immagini che sia successo?

«Cosa sia successo di preciso non lo so. Immagino non abbiano condiviso la scelta tecnica dell’allenatore. Al massimo, può “discretamente” invitare i due calciatori, richiamandoli al loro dovere, nel rispetto dello spogliatoio (appunto) e dello staff tecnico. Se fosse il caso, riporta quanto accaduto al management. Ma la cosa più ingrata avviene nel momento della multa della società. Laddove avvenisse, dovrà presentarsi dai calciatori coinvolti e fargli firmare la presa visione della multa comminata».

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