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2015

La mia patria è il mondo intero

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L’incredibile carriera di Lutz Pfannenstiel, l’unico giocatore ad aver militato in tutte le confederazioni FIFA

Lutz Pfannenstiel il giorno di Santo Stefano del 2002 è morto tre volte. Al Bradford Park Avenue di Bradford i padroni di casa stanno vincendo due a uno contro l’Harrogate Town, il pubblico sugli spalti è gremito come sempre durante il Boxing Day e l’atmosfera in campo è abbastanza elettrica, le due squadre non si stanno di certo risparmiando. Nel corso del secondo tempo Clayton Donaldson, attaccante degli ospiti, ha una buona occasione per segnare ma si scontra con il portiere avversario, il tedesco Pfannenstiel. L’impatto è spaventoso, Pfannenstiel cade a terra esanime e non dà segni di vita. Lo stadio si azzittisce, gli occhi sono tutti concentrati sul numero uno degli Stans, che è riverso sul terreno di gioco paurosamente immobile. I compagni si portano le mani tra i capelli e così’ anche gli avversari, c’è pure qualcuno che comincia a piangere dello shock. L’arbitro addirittura è troppo scosso per rimanere in campo e si allontana, mentre Pfannenstiel viene soccorso e portato d’urgenza in ospedale. Sembra morto, è morto. I medici lo dichiarano clinicamente deceduto una prima volta, ma Lutz si riprende, poi una seconda volta e anche lì riesce ad averla vinta e infine una terza volta. Pure in questo caso però il tedesco si risveglia, tre ore dopo l’incidente. A soccorrerlo c’è anche la fidanzata, incinta di sette mesi, in stanza assieme a lui. Sette giorni più tardi, a inizio 2003, il Bradford è di nuovo in campo per la Northern Premier League e in porta c’è Pfannenstiel. Perché lui era ed è così, un incosciente ribelle irresponsabile straordinario giramondo finito anche nel Guinness World Records, giusto per non farsi mancare niente.

LIBERO – La patria di Pfannenstiel è il mondo intero. Nasce nel 1973 a Zwiesel, uno di quei paesi della Baviera che sembrano fatti con lo stampino, e inizia a giocare a calcio fin da subito nella squadra della sua città. Fa il portiere e le qualità sono elevate, è la testa che è un po’ matta, non che combini disastri o abbia comportamenti da bullo, solo che porta i capelli lunghi e lascia la barba incolta e ha un’innata propensione a fare quel che vuole. Il suo idolo è Ratko Svilar, portiere jugoslavo dell’Anversa, anche lui capellone e dal carattere particolare. Pfannenstiel milita prima nelle giovanili del Monaco 1860 e poi nel Bayern Monaco, gioca con giocatori del calibro di Markus Babbel e finisce persino nella under 17 della Germania prima di andare al Kotzing per fare esperienza. Nell’estate del 1993, a soli vent’anni e con la prospettiva di poter continuare nel calcio che conta in patria, decide di ascoltare la proposta di un amico che gli dice di andare a giocare nel Penang. Per chi non lo sapesse il Penang ha sede a Batu Kawan, un’isola dell’Indonesia. Dalla oziosa Monaco alla soleggiata Batu Kawan il passo non è affatto breve, quasi cinquemila chilometri in linea d’aria e due stili di vita completamente opposti, ma Lutz non si lascia intimorire e, anzi, prende pure uno stipendio da calciatore professionista che gli permette di vivere a un buon livello. Dodici partite in una stagione al Penang e si riparte subito, il viaggio è finito e si torna in Europa. In Germania? Macché, il 1994 è l’anno dell’approdo in Inghilterra e d’altronde non si può dare torto a un 21enne se vuole girare un po’ il mondo, no? Come un qualsiasi ragazzo della sua età farebbe con un lavoro manuale, Pfannenstiel fa con il calcio: viaggia, gioca sempre in stadi nuovi e si guadagna da vivere facendo il portiere. In Inghilterra va prima al Wimbledon a respirare l’aria della famosa Crazy Gang dei tempi che furono e poi al Nottingham Forest prima di passare in Belgio al Sint Truiden ma senza lasciare ricordi indelebili.

ALTRO GIRO – Nel 1996 è ancora lontano dall’Europa, stavolta in Africa. Il Nottingham Forest lo ha sotto contratto come portiere di riserva ma lo fa giocare poco, quindi sfrutta una finestra di mercato per darlo in prestito agli Orlando Pirates in Sudafrica, dove scende in campo solamente sette volte in soli due mesi ma instaura un gran rapporto con i tifosi di casa, che lo venerano nonostante il breve periodo con i Buccaneers. Se fino a quel momento la vita di Pfannenstiel sembra solo il frutto di un ragazzo voglioso solo di scoprire nuove realtà, allo scoccare dei 23 anni il portiere si rende conto che può vivere facendo il Globetrotter e da allora la sua carriera non si ferma mai: dal 1996 al 1999 cambia cinque squadre, tre campionati e due continenti. Il Forest lo dà in prestito a Singapore ai Sembawang Rangers, poi lo prende il Tampere in Finlandia dove gioca anche con Haka Valkeakoski e PK Isalmi a titolo temporaneo prima di tornare finalmente in Baviera al Wacker di Burghausen. Sembra che Pfannenstiel voglia riposarsi per un po’ e si stabilisce in Germania con la compagna indonesiana, conosciuta nelle sue esperienze asiatiche. Succede però che la ragazza è spesso mira di atteggiamenti razzisti da parte della gente del posto e quindi Pfannenstiel si stufa e riparte, per l’ennesima volta, ovviamente non l’ultima. Torna a Singapore, al Geylang International, e ha l’opportunità di giocare per la prima volta nella Champions League asiatica. Anni dopo ricorderà come fosse impossibile e infernale giocare in certi stadi di Teheran con centomila spettatori oppure il caldo soffocante in alcuni impianti di cricket delle Maldive, per l’occasione adibiti alla nobile arte del football. In questo periodo gira tutto a gonfie vele, tanto che pensa pure di prendere la nazionalità indonesiana grazie alla cittadinanza della compagna, ma poi nel finale di stagione tutto cambia e segna un prima e un dopo nella vita di Pfannenstiel.

GATTABUIA – Scoppia lo scandalo delle gare truccate nel campionato di Singapore ed esce anche il nome di Lutz Pfannenstiel tra lo stupore generale, anche del diretto interessato. Un bookmaker, che definire bookmaker è abbastanza riduttivo, lo accusa di aver sabotato tre partite della sua squadra ma è l’unica accusa che gli viene mossa contro, non ci sono prove tangibili. Pfannenstiel finisce comunque in galera e inizia il suo calvario: rimane in prigione per 101 lunghissimi giorni, sopportando le molestie dei carcerieri e la razione quotidiana di botte che le guardie non gli negano mai. Durante la prigionia vede anche morire il suo compagno di cella, che si impicca accanto a lui esausto delle torture subite in prigione. Ma Pfannenstiel non ha truccato alcuna partita e gli inquirenti se ne rendono conto un po’ troppo tardi, quando lo rilasciano è un’altra persona: è sempre una sorta di anarchico abbastanza ribelle, ma adesso è meno viziato, è maturato. E ha anche perso diciannove chili, non si riconosce più. Viene comunque bandito dal campionato di Singapore e nel 2001 accetta l’offerta del Dunedin, sbarcando così in Nuova Zelanda e in Oceania per la prima volta. Con il Dunedin Technical si mette in mostra soprattutto per due gesti in particolare: prima ferma un ladro che gli aveva rubato tra le altre cose anche la Playstation, poi è lui stesso a prendersi un pinguino per tenerlo nella vasca da bagno in casa. “Prendersi” è una parola grossa, visto che il suo è un vero e proprio esproprio proletario, e meno male che era maturato.

L’EPILOGO – Lasciata la Nuova Zelanda non si ferma più, addirittura fa esperienze di qualche mese o di poche settimane. Bradford in Inghilterra, Cham in Baviera, ancora Dunedin in Nuova Zelanda, di nuovo Bradford e per l’ennesima volta Dunedin prima di firmare nel 2003 in Norvegia con il Bærum. Tredici gare nella 1. Divisjon e si riparte, altro giro altra corsa. All’appello manca il Nordamerica, quindi va in Canada a giocare con i Calgary Mustangs, poi torna in Nuova Zelanda agli Otago United e si unisce nel 2006 al connazionale Ulrich Schulze in Albania al Vllaznia. Lo troviamo come allenatore-giocatore in Armenia al Bentonit Ijevan un anno dopo e di nuovo in Canada a Vancouver nella susseguente avventura. Nel 2008 entra finalmente nel Guinness dei Primati quando si accasa all’Hermann Aichinger, con sede a Santa Catarina nel sud del Brasile: è il primo, nonché unico, giocatore nella storia ad aver militato in tutte e sei le confederazioni della FIFA. La sua stagione in Brasile durerà ovviamente poco, perché – dopo qualche partita in Norvegia col Flekkerøy – inizia a collaborare con la nazionale di Cuba come preparatore dei portieri. La vita lontano dal campo è dura e quindi decide di rimettersi in gioco come portiere e preparatore sempre in Norvegia, stavolta al Manglerud Star. La sua carriera da calciatore finisce – finalmente, verrebbe da dire – in Namibia coi Ramblers, poi si ritira e diventa prima preparatore della Namibia stessa e poi osservatore dell’Hoffenheim, incarico che ricopre tuttora, alternandolo con il suo impegno nel sociale e la sua lotta contro i pericoli del cambiamento climatico che affronta con la sua Global United, la società più cosmopolita del mondo. Venticinque squadre in tredici diversi paesi del mondo, sei confederazioni diverse, tre volte dichiarato morto, un pinguino rubato, due campionati vinti, centouno giorni di carcere, quasi seicento stadi diversi visitati, due mogli, un’autobiografia di successo, infiniti salti nel vuoto: questa è stata la carriera di Lutz Pfannenstiel. Quasi mai ingabbiato, se non da due pali e una traversa.