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2015

Un lunedì come gli altri

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Addio Juventus, ora è ufficiale: Andrea Pirlo lascia la Serie A, il genio saluta. Non casuale la conferenza del presidente Agnelli e Marchisio

Andrea Pirlo lascia la Juventus e la Serie A dopo vent’anni dalla prima presenza: dal Brescia al New York City, nel frattempo una carriera al confine tra l’arte e lo sport in cui ha vinto qualsiasi cosa fosse lecito conquistare. L’addio ha ora carattere ufficiale ed il calcio italiano da oggi sarà irrimediabilmente più povero: il Maestro ci saluta lasciandoci in eredità ricordi indelebili.

L’UNICITA’ – Le parole personalmente scritte sono talmente tante nel corso degli anni da rendere impossibile l’obiettivo di non ripetersi e trovare qualcosa di originale da aggiungere al sentiero di questo genio assoluto. Può essere invece d’aiuto – anche a chi ne dovrà raccogliere l’eredità – chiarire sin da subito come non possa materializzarsi un nuovo Andrea Pirlo: non lo sarà Claudio Marchisio nella Juventus né tantomeno Sami Khedira, non lo sarà Marco Verratti nella nazionale italiana quando il regista di Flero sceglierà di salutare anche gli azzurri. E non per mancanze dei calciatori appena citati: la questione è più semplice ed oggettiva, un altro Pirlo non esiste e gli addetti ai lavori ben faranno a prenderne immediatamente atto. Eventuali paragoni non farebbero che danneggiare i diretti interessati.

IL FUORICLASSE DI TUTTI – Andrea Pirlo, anche per via di una carriera a livello di club non legata ad un solo colore, è sfuggito dalle etichette: il valore del campione però e le sfaccettature di un carattere tutt’altro che inflessibile lo avrebbero reso tale comunque. Ossia una figura al di sopra delle divisioni: non c’è milanista che non lo abbia applaudito una volta juventino, non c’è interista che lo abbia fischiato una volta rossonero, non c’è napoletano, romano, fiorentino o via discorrendo che non si sia inchinato alla sua diversità. Quei pochi, qualora siano esistiti, non conoscono il valore intrinseco di questo sport. Il ricordo che unisce tutti va dritto a Berlino: nove anni fa oramai, eppure ognuno di noi ricorda esattamente luogo, persone ed emozioni di quel momento. In quel mese di magia assoluta, qualche giorno prima dell’atto conclusivo nella semifinale del Westfalenstasdion, Andrea Pirlo regala forse il colpo di genio più illuminato della sua carriera: manca qualche secondo al fischio finale della sfida con la Germania padrona di casa e nulla può scongiurare l’ipotesi dei supplementari, il Professore però sfoggia il terzo occhio e scruta quel Fabio Grosso che neanche le telecamere avevano scovato. Il resto è storia nota.

IL TEMPISMO DELLA JUVE – E’ storia d’Italia. A dover raccogliere i cocci di un addio tanto pesante e doversi riorganizzare in men che si pensi è oggi la Juventus: non crediate per un attimo che l’odierna conferenza stampa organizzata per annunciare il rinnovo contrattuale di Claudio Marchisio fino al 2020 sia una coincidenza. Il segnale è di quelli di conclamata enfasi: il presidente Andrea Agnelli annuncia a chiare lettere che il nuovo leader è l’uomo di casa. Il gioiellino cresciuto tra le proprie mura, viene da sorridere pensando ai discorsi che si rincorrevano soltanto tre anni fa, quando agli intoccabili Pirlo e Vidal si era aggiunta l’esplosione del fenomeno Pogba e la sua posizione appariva di secondo piano. Marchisio ha ingoiato qualche boccone amaro, ha guardato dritto per la sua strada lavorando giorno dopo giorno e segnando un percorso di crescita che oggi lo rende uno dei migliori centrocampisti del pianeta. Spetterà al Principino – insieme all’ossatura italiana composta dai vari Buffon, Chiellini e Bonucci – spiegare ai nuovi arrivati cosa sia la Juventus e cosa voglia dire farne parte. Perché uno alla Tevez non lo trovi facilmente, uno come Pirlo neanche esiste.