Buffon ad Atreju: «L'obiettivo è tornare al Mondiale»
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Buffon ad Atreju: «Il nostro obiettivo è tornare al Mondiale. Crisi? Ne abbiamo vissuti parecchi. Il talento non lo crei in poco tempo, serve questo»

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Buffon, capo delegazione dell’Italia, ha parlato ad Atreju tra sogni azzurri, memoria del Mondiale e una riflessione profonda sul futuro del talento

Ospite sul palco di Atreju, manifestazione politica promossa da Fratelli d’Italia, Gianluigi Buffon, attuale capo delegazione della Nazionale guidata da Gennaro Gattuso, ha rilasciato alcune dichiarazioni sul momento dell’Italia e sulle prospettive future del calcio azzurro.

Un intervento che ha toccato corde emotive profonde, alternando il valore simbolico del Mondiale a un’analisi lucida e strutturata sul tema della formazione dei talenti.

L’OBIETTIVO MONDIALE«Il nostro obiettivo è tornare al Mondiale. La vera fortuna che ho avuto non è stato giocarlo da protagonista, ma viverlo da tifoso da ragazzo. Erano emozioni incredibili che da calciatore non ti godi. Andare al Mondiale sarebbe una magia per tutto il Paese e l’Italia diventerebbe un grandissimo oratorio dove condivideremmo tutto. Con grande solidarietà. Il Mondiale di calcio ha questo potere».

CRISI, IDEE E VISIONE«Momenti di crisi ne abbiamo vissuti parecchi con la Nazionale. Ci sono stati cocenti delusioni anche anni addietro. La cosa più importante è avere idee e una visione che ci permetta di sapere che percorso fare. Quando c’è una carenza di talento penso che non bisogna pensare all’immediato».

IL CALCIO DI BASE COME CHIAVE«Il talento è un qualcosa che non crei in un anno o due: serve una visione che guardi 20 anni avanti. Se fra 10 o 15 anni vogliamo tornare ad avere un certo tipo di talento bisogna mettere mano sulla zona più delicata, ovvero quella del calcio di base, dai sei ai 13 anni. Quelli sono gli anni nei quali si sprigiona il talento. Va poi intercettato e forgiato».

DNA CALCISTICO E RESPONSABILITÀ«Il problema di oggi è che il talento si intercetta meno, anche perché ci sono altri sport che catturano l’attenzione dei giovani. Chi lavora nel calcio deve essere ancora più bravo nel far sì che questi ragazzi possano sprigionare la loro vera indole. Italia, Brasile, Argentina, Uruguay o Croazia hanno un DNA calcistico: ci saranno sempre talenti. L’importante è saperli vedere, valorizzare e non soffocare».

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