Italia e i giovani in Serie A, Galli: «C'è un problema di programmazione»
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Italia e i giovani in Serie A, Galli: «C’è un problema di programmazione»

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Filippo Galli

Le parole di Filippo Galli, che al Milan aveva lanciato Donnarumma, Locatelli e Calabria, sul problema dei giovani in Serie A

Filippo Galli, responsabile del settore giovanile del Milan dal 2008 al 2019 – lanciando le carriere di calciatori come Donnarumma, Locatelli e Calabria – ha rilasciato una lunga intervista a La Stampa, parlando delle difficoltà dei giovani in Serie A. Di seguito le sue parole.

CALCIO SPECULATIVO NEL SETTORE GIOVANILE – «Sento parlare di un eccesso di possesso palla nei settori giovanili. Ma non mi sembra proprio che sia questo il problema. Anzi, vedo ancora troppe squadre con un atteggiamento speculativo che pensano poco al gioco offensivo, concentrate esclusivamente sul risultato. E questo, per ovvie ragioni, penalizza soprattutto gli attaccanti. Per me il difetto è collettivo, non individuale».

METODOLOGIA DI ALLENAMENTO – «Bisogna andare oltre certi concetti. Non è una questione di allenare a calciare in porta in modo asettico. Occorre insegnare ai ragazzi a calciare in un contesto di gioco di squadra ricreando le condizioni della partita. In questo modo alleni tutti insieme: portieri, difensori, centrocampisti e attaccanti. Così un attaccante impara a fare tutto: calciare, triangolare, giocare di sponda. Una punta non deve solo saper calciare in porta. Che problema c’è se vedo un centravanti che fa un bell’appoggio o triangola con un compagno? È la manovra che determina il giocatore nelle varie situazioni».

PROGRAMMAZIONE – «Manca la programmazione. Le prime squadre devono farlo perché altrimenti non è più possibile competere a livello internazionale. Ma nei vivai quasi tutti gli allenatori hanno contratti annuali, quindi il primo pensiero è cercare la conferma attraverso il risultato immediato. La conseguenza è affidarsi a un atteggiamento speculativo che penalizza soprattutto gli attaccanti. Invece occorre comandare il gioco per mettere le punte in condizione di esprimersi. In una parola occorre essere più “costruzionisti”,semi passate il termine»

CRITICHE AI MODELLI ALLA GUARDIOLA – «Non è così nei settori giovanili. Dove sarebbe questo eccesso di costruzione dal basso? Non lo vado. E tanti criticano Guardiola, così come in passato si accusava Sacchi. Ma il problema è stato creato da chi ha copiato in malo modo le idee di allenatori bravissimi. In Italia pochissimi applicano a livello giovanile queste idee o quelle di DeZerbi. Così si fa solo confusione senza aiutare a comprendere bene. Poi c’è anche una motivazione di sistema».

CONCORRENZA STRANIERI – «Il prezzo delle punte sul mercato. Per molte ragioni un attaccante italiano costa di più di uno straniero a parità di livello. Questo spinge i club ad acquistare all’estero limitando lo spazio dei nostri giovani»

I GIOVANI NON HANNO FAME – «Non sono d’accordo con questa analisi. I ragazzi di adesso hanno la stessa voglia di emergere che aveva la mia generazione. Forse esiste un problema di iper-connessione tecnologica che favorisce la distrazione senza tenere la testa focalizzata sul pallone. Ma chi vuole arrivare si sacrifica esattamente come succedeva una volta. Tenendo conto che a me non fa impazzire questa retorica del sudore e dello sputare sangue. Il calcio è un gioco ed è possibile emergere divertendosi. Bisogna essere atleti. Ma non bastano la forza e la velocità. Bisogna insegnare a usare la tecnica in modo funzionale allo spazio e al tempo in modo sistemico. Solo così aiuteremo i nostri attaccanti».