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2015

Com’è difficile trovare l’alba dentro l’imbrunire

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Il racconto di Parma – Anversa 3-1, Coppa delle Coppe 1993

Per arrivare a Wembley il modo più facile è prendere la metropolitana e scendere a Wembley Park mentre quello più difficile senza ombra di dubbio è battere la Reggiana e la Juventus, il Parma ovviamente ha scelto il secondo. Nel 1990 il Parma scala la Serie B e grazie a una vittoria contro i cugini reggiani il 27 maggio al Tardini riesce a centrare la promozione nella massima serie per la prima volta nella sua storia. All’epoca i ducali arrivano dalla gestione Ceresini – morto improvvisamente durante la galoppata per la promozione – ma dietro hanno uno dei brand più importanti in Italia, vale a dire Parmalat. Il Parma sale in A e subito fa faville, tant’è che due anni dopo conquista già il suo primo trofeo: il 14 maggio 1992 la Juventus viene rimontata al Tardini, il 2-0 per il Parma vanifica l’1-0 juventino del Delle Alpi e dà la Coppa Italia ai ducali. Ecco, anche così si arriva allo storico stadio di Wembley, che nel 1993 ospita la finale di Coppa delle Coppe.

COLLETTIVO – Il Parma in quegli anni è la vera rivelazione della Serie A, siamo in un periodo in cui i campionissimi abbondano nel nostro campionato ma anche questa squadra dalla bellissima maglia bianca striata da righe gialloblu riesce a convincere grazie al suo gioco. L’artefice del miracolo, se miracolo si vuol chiamare, è Nevio Scala. Scala all’epoca dei fatti ha quarantasei anni, un buon passato da calciatore e soprattutto ha dato un’idea di gioco a questo Parma: i ducali possono contare su un portiere come Taffarel, l’uomo immagine voluto da Calisto Tanzi per promuovere Parmalat in Brasile e inoltre primo portiere straniero in Serie A, e anche su altri due acquisti un po’ meno esotici come il duo Georges Grun – Tomas Brolin, tutti ottimi stranieri per lanciare nell’orbita del calcio internazionale una realtà in ascesa come il Parma. A proposito di stranieri, c’è pure Tino Asprilla, uno che meriterebbe un’intera bibliografia a parte: colombiano, piede fantastico, amante della bella vita e poco attento alla forma fisica, è lui ad aver affossato il Milan degli Invincibili con una punizione che Rossi ancora sta cercando di parare. Oltre agli stranieri c’è un collettivo straordinario, un gruppo di italiani che giocano assieme da anni e hanno formato un organico formidabile: il sindaco Osio, Zoratto, Di Chiara, Benarrivo, Apolloni, Melli, Minotti e compagnia cantante. Sono loro, nello stupore generale, a guidare il Parma fino alla finale di Wembley del 12 maggio 1993.

IL CAMMINO – Prima l’Ujpest, poi il Boavista e lo Sparta Praga. I primi tre turni del Parma in Coppa delle Coppe non sono una passeggiata ma nemmeno da thrilling, gli emiliani passano inermi fino alle semifinali credendoci ogni volta sempre di più In Serie A nemmeno da tre anni e il Parma rischia già di vincere qualcosa in Europa, per la contentezza dei Tanzi che vogliono espandere sempre il loro brand. Non dimentichiamoci in che anni siamo, il marketing anche a livello calcistico inizia a venir fuori adesso con prepotenza e quindi non c’è miglior pubblicità che una squadra vincente. In semifinale tocca all’Atletico Madrid e al Calderon in tre minuti il Parma ribalta la rete di Luis Garcia grazie al funambolico Asprilla, due a uno per i gialloblu e appuntamento al Tardini, dove il match sembra filar liscio fino al 78′ quando Sabas mette dentro lo 0-1. Finirà con quel risultato, nonostante l’apprensione negli ultimi minuti per il Parma, che così si vede aprire le porte di Wembley. Dall’altra parte c’è l’Antwerp, che in italiano sarebbe l’Anversa, tornato a vincere un titolo in patria per la prima volta dopo quasi quarant’anni. I belgi hanno un po’ di esperienza in campo internazionale, durante la gestione Meeuws e anche in quella precedente di Davidovic hanno disputato più volte la Coppa UEFA ma non hanno fenomeni in rosa e pure loro a Wembley ci sembrano piovuti.

PRIMO TEMPO – Il 12 maggio 1993 alle 20.15 italiane, le 19.15 secondo Greenwich, il signor Assenmacher dà il via all’incontro. Gli spalti non sono pieni, ma i settori riservati alle due tifoserie sono gremiti e il colpo d’occhio dei fan del Parma è da brividi. Un intero settore bianco, giallo e blu, come la maglia speciale – elegante e anch’essa stupenda – che il Parma indossa quella sera. Non sarà pieno ma è pur sempre Wembley, si fa la storia nella storia, nel luogo dove trent’anni prima un’italiana per la prima volta si è imposta in Europa. Non c’è tempo per pensare troppo, al nono minuto il Parma si riversa nell’area belga e ottiene un corner. Dalla bandierina è Osio a calciare, il portiere serbo Stojanovic non fa una bella figura in uscita e smanaccia verso il vertice alto dell’area di rigore dove però si trova Minotti. Lorenzo Minotti ha ventisei anni e da capitano ha già alzato la Coppa Italia dopo aver vissuto l’epopea della promozione, è lui l’uomo ideale per sbloccare la partita e lo fa pure in bello stile incrociando in porta una semirovesciata di sinistro. I tifosi parmensi sono in tripudio, nemmeno dieci minuti e la loro squadra è in vantaggio. Ci pensa però l’ex pisano Francis Severeyns a riportare i gialloblu sulla terraferma: undici minuti sul cronometro, Czerniatynski recupera palla su un passaggio in orizzontale sbagliato da Zoratto, serve Severeyns in verticale e il sinistro dell’attaccante è letale per Ballotta, che sostituisce Taffarel. Uno a uno, punto e a capo.

SECONDO TEMPO – Se Lorenzo Minotti è l’uomo giusto per sbloccare la partita, c’è un altro giocatore che è indicato per segnare il 2-1. Si chiama Alessandro Melli, è figlio d’arte ed è al Parma da tempo immemore, è quasi una leggenda. Non è un bomber implacabile ma sgobba là davanti e crea sempre occasioni, poi ovviamente se capita l’occasione la mette pure dentro. Gioca con il numero 7, il 9 spetta a Osio che pure è un centrocampista ma al 28′ si inventa una giocata da campione e di sinistro scodella al centro dove è appostato proprio Melli. Stojanovic non è in giornata e continua a pascolare nell’area piccola mentre la palla scende precisa sulla testa di Melli, che beffa il portiere e mette dentro il due a uno per andare a esultare sotto la curva riservata ai suoi tifosi in delirio. Il Parma gioca sulle ali dell’entusiasmo e sulle ali nel verso senso della parola visto che la spinta di Benarrivo e Di Chiara è costante, la squadra si muove a meraviglia ed è piacevolissima da vedere. L’Anversa, che sarebbe pure Royal ma di real ha ben poco a ben vedere, non sembra in grado di impensierire gli emiliani se non sugli errori individuali come in occasione del temporaneo 1-1. Ballotta e il trio difensivo Minotti – Apolloni – Grun fanno buona guarda e il pallino del gioco è nelle mani dei ducali anche nel corso della ripresa. Poi proprio Grun dimostra di essere bravo coi piedi e all’84’ lancia lungo per Stefano Cuoghi, operaio del pallone arrivato all’età di 33 anni e all’ultima vera occasione della sua carriera. Il numero dieci parmense sfrutta una tattica del fuorigioco scellerata dei belgi e si trova solo davanti al portiere prima di batterlo con calma e sangue freddo. E’ 3-1, gli ultimi minuti sono pleonastici: il Parma ha vinto la sua prima Coppa delle Coppe – una delle poche compagini a trionfare prima in Europa che nel proprio campionato, coppe di lega escluse – e i tifosi ancora non ci credono. E’ l’inizio di una scalata meravigliosa del Parma, che negli anni successivi vedrà il Tardini come teatro di successi memorabili.

VENTIDUE ANNI DOPO – Adesso il Tardini non è cambiato più di tanto, ma il contesto sì, eccome. Alcuni calciatori di quel Parma sono diventati dirigenti, altri hanno intrapreso la via del poker o dell’alcolismo, ma il nucleo di quel Parma ’93 è ancora materiale da leggenda allo stadio. Proprio sull’ingresso dell’impianto però adesso campeggia un cartello scritto con lo spray e che recita “Chiuso per rapina“. E’ difficile pensare che in nemmeno un quarto di secolo quella gloriosa macchina da guerra targata Nevio Scala sia passata per un clamoroso crac Parmalat e adesso rischi addirittura di sparire a causa della gestione vergognosa da parte di individui che se non altro ci mettono la faccia ma che non fanno altro che acuire il dolore dei tifosi parmensi, che a Wembley c’erano e c’erano pure a Copenaghen nel 1994 e a Mosca nel 1999 o a Cittadella nel 2009, per dire. Gente che ha usato il calcio per i propri interessi infangando una delle realtà più belle degli ultimi trent’anni di calcio italiano. Sia imperitura la gloria del male che continuerete a spargere.