Zidane non è più l'allenatore del Real Madrid: scelta di coraggio o paura?
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Zidane lascia il Real Madrid: scelta di coraggio o di paura?

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Zinedine Zidane lascia la panchina del Real Madrid: per il tecnico francese una scelta coraggiosa o dettata dalla paura?

Fulmine a ciel sereno, ma neanche tanto: proprio a detta del presidente Florentino Perez, Zinedine Zidane è solito prendere decisioni spiazzanti. Che non ritratta: quando la scelta è presa, meglio farsene una ragione. Ma andiamo sul fatto: Zidane nella tarda mattinata di oggi ha convocato una conferenza stampa per comunicare al mondo del calcio le sue dimissioni. Il francese non sarà più l’allenatore del Real Madrid. Due anni e mezzo in cui ha vinto tre volte la Champions League. Più Champions che anni, si direbbe. Ha vinto anche una Liga ed una serie di coppe minori correlate ai successi raggiunti. Non è mai stato eliminato dalla Champions League: da quando Zidane è al timone del Real Madrid, i Blancos non hanno conosciuto sconfitta nella massima competizione internazionale per club.

Addio Zidane, si può parlare di fulmine a ciel sereno?

Abbiamo volontariamente aperto come aprirebbe il più classico degli osservatori poco attenti: fulmine a ciel sereno. Ma ne siamo certi? Si è davvero trattato di un evento improvviso in casa Real Madrid? Nessuno poteva immaginare che Zinedine Zidane – dopo aver vinto tre Champions League consecutive – si sentisse privo di stimoli? Svuotato di quella carica emotiva che a determinati livelli non puoi non avere? La verità è altrove ed in tanti avevano già ipotizzato questo scenario nella scorsa estate, dopo la seconda Champions League vinta consecutivamente. Nessuno ci era riuscito nell’era della riformulazione da Coppa Campioni a Champions League, non dimentichiamolo. Ora che Zidane ha raggiunto Carlo Ancelotti nel ristrettissimo gotha degli allenatori capaci di aggiudicarsi la coppa più ambita per ben tre volte, essendoci riuscito in due anni e mezzo di attività e con lo stesso club, puntare a qualcosa di più grande sarebbe stato oggettivamente impossibile. La conseguenza è chiara: non puoi essere l’allenatore del Real Madrid – o di una squadra che per inclinazione naturale compete per i massimi traguardi interni ed internazionali – se al tuo interno non hai una feroce motivazione. Quella che ti spinge ad essere migliore dell’avversario in ogni dettaglio. A quel punto meglio dirsi addio.

Zidane, scelta di coraggio?

La critica si divide immediatamente in due tronconi: chi pensa che quella di Zinedine Zidane sia stata una scelta coraggiosa, chi invece ritiene che sia stata la paura di non ripetersi a prevalere nelle sue riflessioni. Poniamoci nel caso A: scelta di coraggio. O meglio dettata dal coraggio. Coraggio nell’abbandonare il club più titolato al mondo, la panchina che ogni allenatore sogna per definizione, coraggio nel rimettersi in gioco – se non subito comunque presto – in un’altra realtà, con tutti i rischi che questo comporta. Difficile insomma trovare qualcosa di meglio del Real Madrid, di un club oltre che glorioso pienamente strutturato, che permette ai suoi calciatori di avere ogni strumento a disposizione per perfezionarsi, al suo allenatore di vantare una rosa di venti calciatori di assoluto livello tecnico, fisico e caratteriale. Ed ancora: nessuno avrebbe potuto opporgli nulla in caso di una futura stagione negativa. Del resto come esporsi negativamente contro l’allenatore che ha trionfato in tre edizioni consecutive dell’ambitissima Champions League? Il peso di Zidane nel mondo Real lo descrive in pieno il volto del presidente Florentino Perez nella conferenza stampa odierna: funereo o quasi. Per lui sì, forse è davvero stato un fulmine a ciel sereno. Non se lo aspettava, non così presto ed in queste modalità. Perez è sembrato molto sincero: non preoccupato dall’obbligo che ora ha di ricostruire il suo Real Madrid, quanto invece dall’addio di un uomo che ha prima venerato da calciatore e che ha poi eletto nella guida tecnica ideale del suo club.

Zidane, scelta di paura?

Il rovescio della medaglia è ovviamente agli antipodi, proprio come lo sono coraggio e paura. Il quesito si rende immediato: Zinedine Zidane ha lasciato la guida tecnica del Real Madrid perché ha avuto paura di non ripetersi? Di non poter replicare i suoi clamorosi successi? Di non esserne in grado? In buona parte ci viene in soccorso proprio lui, nelle dichiarazioni che ha rilasciato in conferenza stampa: il Real Madrid è un club chiamato a vincere sempre, a primeggiare, e per farlo ora ha bisogno di cambiare. Non ho visto chiaro con me come sarebbe potuto ancora succedere. Il che è nella natura delle cose, soprattutto quando si compete a questi livelli. Come trovare le motivazioni dopo aver scritto la storia del Real Madrid e del calcio moderno in soli due anni e mezzo? Quindi ci sta. Difficile però aggettivarla come una paura. Così come capire se alla base della decisione ci sia stato il timore di un futuro non all’altezza del presente. Il parere di chi vi scrive è proprio questo: si tratta di un calo di motivazioni, peraltro una lettura piuttosto ovvia di quel che è stato e di quel che sarebbe stato. Un modus pensandi che ci sta tutto. Non è paura. Sarebbe stato eccezionalmente coraggioso andare avanti con il rischio di fallire, ma non averlo fatto non è necessariamente paura. Zidane molla il Real Madrid e lascia in dote un’eredità particolare: non siamo certamente al cospetto di un tecnico che ha impresso una chiara evoluzione alla traccia di questo sport, come per intenderci ha fatto il Barcellona di Guardiola, ma si è oltre ogni ragionevole dubbio dimostrato un perfetto gestore. Di uomini e calciatori. Impeccabile nelle scelte. Fuoriclasse nelle motivazioni. Zizou allenatore, l’analisi è molto complessa: in pochi riconoscono di essere di fronte ad un tecnico tra i più bravi al mondo, tra i più riconoscibili nella storia del calcio, eppure i numeri dicono tutt’altro. Gli tocca questo paradosso la cui risoluzione non spetta certamente a noi.