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L’Atletico, il Real e la finale

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San Siro dopo Lisbona e tutti i ricordi della finale di due anni fa…

Sabato 28 maggio 2016 San Siro sarà il centro del mondo, calamitando gli occhi degli interessati e innamorati del calcio per quella che si annuncia ed è già un’invasione madrilena a Milano. Quasi un paradosso, un derby dislocato altrove, ma non è una novità, essendo diventata la sfida tra Atletico e Real il sostituto dei grandi classici degli anni Duemila delle finali di Champions League: prima Milan – Liverpool, poi Barcellona – Manchester United (sarà un caso che dei 4 club solo i blaugrana abitano ancora i vertici in patria e non solo, laddove per le altre le fatiche nei propri campionati producono un’assenza prolungata dalle competizioni europee, a eccezione del Liverpool rivitalizzato ma solo parzialmente dalla cura Klopp?). Già in questo esserci c’è un merito delle due squadre di Madrid. Perché non era assolutamente scontato che Zidane riuscisse a centrare l’impresa, tenendo conto di come non fossero mancati anche clamorosi passaggi a vuoto in Liga prima della rimonta finale; quanto a Simeone, colpisce pensare che sia riuscito a far fuori uno dopo l’altro i due favoritissimi Bayern e Barcellona, arrivando a rischiare di più all’inizio dei turni a eliminazione diretta, quando ha avuto ragione del Psv solo ai calci di rigore. Ma il cholismo è esattamente questo: irriducibilità e massima espressione delle sue potenzialità. Possono e sono anche inferiori rispetto a certi avversari, ma sul piano del rendimento – e pertanto della garanzia di affidabilità – l’Atletico non ha rivali. E neanche imbarazzi emotivi, anzi, al cospetto dei più forti e delle difficoltà sembra esaltarsi, soprattutto nella sua capacità di depotenziare la squadra che si trova davanti. Chissà se nella testa delle due formazioni che scenderanno in campo per vincere la prima coppa o l’undicesima della loro storia ci sarà il ricordo di quanto successo nell’ultimo atto di due anni fa. Quando i tempi sono così ravvicinati, è quasi impossibile cancellare le impressioni che ti sono rimaste dentro, gli umori che hai maturato, le sensazioni che sono state necessariamente più forti del solito data l’importanza della posta in palio.

I SUPERSTITI – Anche perché i “superstiti” di Lisbona non saranno pochi (e Zidane, in fondo, potrebbe anche essere considerato un Ancelotti versione timida, ma ugualmente propenso ad assecondare il talento dei grandi campioni che ha a disposizione). Stante le indiscrezioni della vigilia sugli 11 che verranno schierati, Simeone dovrebbe confermare il suo 4-4-2 di due anni fa e un bel po’ del suo gruppo. Ben 3 componenti della linea difensiva, a eccezione di Miranda che a Milano sponda nerazzurra ci gioca tutte le settimane da questa stagione; a centrocampo gli inossidabili Gabi e Koke, generazioni diverse ma identica interpretazione ortodossa del cholismo. In attacco non ci sono più Diego Costa e David Villa, ma un Griezmann ormai definitivamente esploso e un Torres abbastanza ritrovato possono anche spaventare la difesa madridista per come hanno finora dimostrato di saper sfruttare la profondità. Quanto al Real, il totem Casillas ha lasciato il posto a Keylor Navas, stilisticamente non paragonabile al suo predecessore, ma dotato di quella personalità che in finale si può anche far sentire. Per il resto, nel 4-3-3 Sergio Ramos e Carvajal sono i “reduci” del pacchetto arretrato, Modric non ha più accanto a sé Khedira e Di Maria, è nel tridente – tanto per ribadire la vocazione offensiva del club – che c’è la piena conferma con i soliti noti: Bale, Benzema e Cristiano Ronaldo. Facendo i calcoli, l’Atletico si ripresenta con cinque giocatori e un allenatore della sfida portoghese; il Real ha cambiato la guida in panchina (lo definiremo l’errore del secolo, in caso di sconfitta) e mantiene sei pedine della sua “Decima” nella versione dei titolari. Riguardando la sfida del 25 maggio 2014, emergono tre aspetti a partire dagli episodi determinanti, quelli che hanno deciso la gara o che avrebbero potuto direzionarla altrove. Probabile che Simeone li abbia tatuati nell’anima

  1. MEZZ’ORA DI QUASI NULLA E POI… – Ci si può aspettare una gara bloccata, non per paura reverenziale, ma per la capacità dell’Atletico di annullare gli attacchi blancos, a meno di un copione ribaltato. A Lisbona la gara cambio nell’ultimo quarto d’ora della prima frazione con due episodi: Bale non sfruttò fino in fondo un errore impostazione di Tiago; l’Atletico colpì con Godin di testa da azione di calcio d’angolo, non senza il contributo di Casillas rimasto nella terra di nessuno in area di rigore. Quella capacità di essere letali da palla inattiva i colchoneros non ce l’hanno più come nel 2014 (ben 18 le reti da corner!). Resta però il piede caldo di Koke e la quantità dei saltatori d’eccellenza a creare qualche apprensione a Marcelo e compagni.
  2. NON SBAGLIARE L’OCCASIONE FAVOREVOLE –  Luogo comune che ha fondamento di verità vuole che in coppa le occasioni non siano mai troppe e – pertanto – non approfittarne significa farsi più male del solito. Chiaramente l’Atletico ricorda Lisbona come luogo topico del massimo rimpianto possibile per la rete di Ramos al terzo minuto di recupero, che ha generato poi la disfatta dei tempi supplementari con il 4-1 finale. Ma così come la Juve ripensa a Monaco di quest’anno anche per lo 0-3 arrivato in non poche circostanze (da Cuadrado a Morata), il Cholo ha certo in testa Casillas che anticipa David Villa nella ripresa o Tiago che tira alto su un’uscita a vuoto del portiere quando Bale ha già firmato il sorpasso e però c’è ancora la forza per raddrizzare la situazione.
  3. QUELLO CHE NON C’È –  Angel Di Maria, ovvero tre dei sette cartellini gialli che gravarono sulle spalle dei difensori biancorossi. L’impressione è che la sfida di San Siro si giocherà molto sui duelli individuali e questo particolare potrà pesare tantissimo nello sviluppo della contesa. L’Atletico deve essere “libero” di picchiare, per dirlo papale papale. Il Real di Zidane è più rotondo, più circolante nella gestione della palla rispetto agli uno contro uno cercati nell’era Ancelotti. Tocca a Bale e Cristiano Ronaldo, ma anche a Marcelo, provare a sfidare i diretti controllori per verificare in fretta quali conseguenze si possano determinare.