Borussia Dortmund Psv: 10 cose da ricordare
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Borussia Dortmund Psv: 10 cose da ricordare

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Marco Reus

Borussia Dortmund Psv, le 10 cose da ricordare dopo il match di ritorno di Champions League vinto dai gialloneri

Dopo l’1-1 dell’andata, il 2-0 del ritorno: il Borussia Dortmund si aggiunge al Bayern e tiene alto il nome del calcio tedesco, mentre il Psv non riesce a raggiungere i quarti e, un po’ come l’Inter, deve “accontentarsi” di dominare in patria, lasciando l’Europa agli ottavi.
Per rivivere la gara, vi proponiamo dieci episodi da ricordare con qualche considerazione.

1) In testa e in coda. La formazione di Terzic ha colpito al terzo minuto e all’ultimissimo secondo. In mezzo un ottimo primo tempo e una ripresa in apnea, esattamente com’era successo a Eindhoven. L’ex Juve Emre Can ha raccontato così l’andamento del match: «La prima mezz’ora è stata molto buona da parte nostra. Dopodiché non ci siamo mossi abbastanza e non siamo stati abbastanza coraggiosi. Non sempre siamo riusciti a metterli sotto pressione». Da ricordarselo per il prossimo avversario, che si scoprirà domani con i sorteggi.

2) Una differenza di reattività. In più momenti della gara si poteva applicare al Psv una critica simile a quella che faceva Fabio Capello a chi in Serie A vinceva i campionati a mani basse e poi si stupiva che in Europa si viaggiasse a un’altra velocità, rimanendone sorpreso. Gli olandesi dominano l’Eredivisie, non hanno mai perso e, soprattutto, in tutto il torneo si sono trovati rarissime volte in difficoltà. Nei primi minuti vengono totalmente travolti dalla verve dei gialloneri, che su palloni vaganti trovano un’occasione dopo poco più di 60 secondi e il gol da fuori area da parte di uno scatenato Sancho.

3) Jadon. Ogni discorso, poi, può anche saltare al cospetto del talento del Borussia. Sancho ha 23 anni, non aveva mai segnato in un incontro a eliminazione diretta in Champions, non esultava in questa competizione da 841 giorni, precisamente in Villarreal-Manchester United. Sabato è andato a bersaglio anche in Bundesliga. Insomma, è il suo momento. E un suo numero, ieri, su Bakayoko, merita di essere visto e rivisto, anche per capire esattamente cosa abbia fatto.

4) Orsato da ridere. Forse non si è mai visto un arbitro riuscire a interrompere nel giro di un minuto due azioni dei padroni di casa, prima a Sabitzer e poi a Ozacan. Ci sarebbe da ridere, se non che l’italiano non lo fa per niente e sembra incupirsi nel dire ai tedeschi di fare altri giri, non è il caso di usarlo come birillo da superare.

5) L’applicazione. Quest’anno in Europa il Psv aveva preso una sola bambola. Era successo in Inghilterra con l’Arsenal e in quella serata ci si era chiesti se Dest non fosse un po’ troppo offensivo per occupare la parte esterna mancina della linea a 4. Ieri la risposta in una tempestiva diagonale su Fullkrug a chiudere un buco in mezzo che sembrava una voragine. L’ex Milan è cresciuto, si è applicato.

6) Fazzoletto. A inizio ripresa la gara cambia. Bellissimo vedere come in certi momenti si giochi in pochi centimetri quadrati a vedere che ha più tigna tra le due.

7) Il rimpianto. Analisi di Peter Bosz, mister degli olandesi: «Abbiamo giocato molto bene nel secondo tempo e siamo entrati nella loro area in molte occasioni. Ma poi si è visto che il processo decisionale non è stato sempre eccezionale o il passaggio finale non abbastanza buono. Ci è mancata anche un po’ di fortuna: il tiro di Chucky che ha colpito il palo, l’occasione di Luuk nel finale. Ma bisogna sfruttare queste occasioni, e noi non l’abbiamo fatto».

8) Tu quoque, Luuk? Proprio tu, De Jong, mi vai a sbagliare un gol già fatto all’ultimo minuto: triangolo con Teze, piattone di sinistro alto davanti a Kobel. Una scena che lo tormenterà per sempre, è il minimo che si possa dire.

9) Reus. Nel capovolgimento di fronte, il mancato 1-1 diventa 2-0. Babadi scivola e lascia campo libero a Reus. Che va a fare gol come se fosse in carrozza, a prendersi tutto il gusto di essere il vincitore.

10) Boh. Commento di Pietro Nicolodi su Sky nel constatare l’annullamento da parte del fuorigioco automatico del gol di Fullkrug per mezzo braccio e forse meno: «Boh… un niente assoluto». Per quanto involontaria, una splendida definizione.